di Roberto Miliacca

Mancano quasi due settimane al 3 gennaio 2018, data a partire dalla quale, in Italia e in Europa, debutterà la Mifid II, ovvero la direttiva che rivede e amplia le precedenti disposizioni in materia di prestazione dei servizi di investimento, di tutela degli investitori retail e di definizione dei servizi di consulenza indipendente in materia di prodotti finanziari.

La normativa è stata adottata dal Parlamento europeo il 15 aprile del 2014, e sarebbe dovuta entrare in vigore già a luglio 2016, ma dopo un primo slittamento al 3 gennaio 2017 se n’è poi decisa un’ulteriore proroga al 2018 proprio per la complessità e anche per i costi che comporterà per intermediari e, a ricasco, per i clienti. Questo è uno dei motivi che stanno dietro al ritardo nel recepimento da parte di molti dei 27 paesi dell’Ue: secondo quanto riportato da Bloomberg e dalla Commissione europea, 17 paesi, tra cui Belgio, Paesi Bassi, Finlandia e Spagna, devono ancora convertire in normativa la direttiva sugli strumenti finanziari. Si tratta di un problema di certa importanza perché, se la Mifid II non verrà codificata in una legge, non sarà possibile applicarla direttamente alle imprese e ai privati che operano nei paesi «ritardatari». Nel frattempo, comunque, la Commissione europea ha riconosciuto alle borse di Stati Uniti e Svizzera uno status di equivalenza, risolvendo così una delle maggiori fonti di preoccupazione per gli investitori in vista dell’adozione delle nuove regole Mifid II. Ma i dubbi irrisolti sono ancora diversi, come spiegano gli avvocati che Affari Legali ha sentito questa settimana, proprio perchè nel desiderio di aumentare la trasparenza delle negoziazioni, e soprattutto la tutela degli investitori, si starebbe raggiungendo, paradossalmente, un risultato quasi opposto. Vedremo nelle prossime settimane cosa succederà.
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