Si evolve la struttura di prodotto: sale ancora il pro soluto
Pagina a cura di Roxy Tomasicchio

Il factoring si adatta alle esigenze delle imprese e si candida a essere, sempre di più, una forma di finanziamento complementare al credito bancario piuttosto che alternativa. Uno strumento a cui si ricorre per rispondere a bisogni di natura eterogenea, non esclusivamente finanziaria. Sta in questo elemento la chiave di lettura dei dati positivi messi a segno dal settore, che, grazie al volume di affari aumentato dell’11,76% al 31 ottobre scorso, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si stima chiuderà l’anno con un incremento del 7,63%. Il giro di affari risulta così pari al 13% del pil, secondo le percentuali diffuse da Assifact, l’Associazione italiana per il factoring, che rappresenta le principali società del settore.

Ma in cosa consiste questa evoluzione? «Per rispondere in modo sempre più efficace alle esigenze delle imprese clienti anche la configurazione del prodotto è cambiata nel tempo», risponde a ItaliaOggi Sette Fausto Galmarini, presidente dell’associazione. «Attualmente circa i tre quarti dei volumi sono rappresentati da operazioni pro soluto, in cui le società di factoring assumono il rischio d’insolvenza nei confronti del debitore ceduto». Il factoring, infatti, risponde a questo meccanismo: si tratta di un contratto attraverso il quale l’azienda cliente cede a una società specializzata (factor) i crediti esistenti o futuri (come per esempio, i contratti ancora da stipulare). La cessione può avvenire, appunto, in due forme: pro soluto, in cui il rischio d’insolvenza del debitore è trasferito alla società di factoring, o pro solvendo (cioè salvo buon fine), in cui il soggetto che cede il credito rimane coinvolto in caso di mancato incasso da parte del factor. Ciò significa che la prima tipologia di contratto garantisce all’azienda titolare del credito l’incasso immediato, riducendo i normali tempi di recupero e favorendo flussi di cassa. Cosa non da poco in un contesto in cui le imprese lamentano spesso di essere a corto di liquidità. «L’andamento del mercato del factoring continua a evidenziare buoni livelli di crescita. Lo confermano i dati definitivi di settembre e le stime preliminari di fine ottobre, a dimostrazione dell’importante sostegno del settore a favore dell’economia reale», conferma Galmarini. «Il turnover cumulato al 30 settembre 2017 (l’ammontare complessivo dei crediti acquistati dalle società di factoring da inizio anno, ndr) segna, infatti, un incremento di quasi il 12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con riguardo al monte crediti» prosegue il presidente, «l’outstanding a fine settembre (i crediti ceduti e da incassare, ndr) è pari a 55 miliardi di euro con una crescita del 4,12% rispetto a settembre 2016. La quota anticipata è pari al 79% ed è in linea con le rilevazioni precedenti. Il settore è da anni in controtendenza rispetto al tradizionale comparto bancario che ha visto, invece, una progressiva riduzione degli impieghi a favore del mondo produttivo. Ciò è un ulteriore segnale del sostegno fornito dal factoring alle imprese per la gestione e il finanziamento del capitale circolante».

Tornando ai dati, in relazione alla ripartizione territoriale nazionale del mercato del factoring, a fare la parte del leone sono Lombardia e Lazio, che da sole rappresentano il 53,57% rispetto al cedente e il 48,61% rispetto al debitore ceduto. Mentre per settore di attività economica, dal punto di vista del cedente, la quota di crediti ceduti dalle imprese è predominante rispetto agli altri settori economici (81,32%). Invece, rispetto al debitore ceduto, imprese e amministrazioni pubbliche rappresentano le maggiori controparti debitrici dei crediti ceduti, con rispettivamente il 54 e il 25% dei crediti per factoring.

In tutto questo contesto, tuttavia, la qualità del credito è comunque superiore alle altre tipologie di finanziamenti. Le sofferenze si mantengono su livelli molto contenuti e in diminuzione rispetto al livello registrato nel corrispondente periodo dell’anno precedente. «La costante crescita del business, anche in un contesto di ciclo economico negativo, non ha peraltro comportato un aumento della rischiosità», fa eco Galmarini, «la qualità del credito continua, infatti, a rimanere stabile e su valori soddisfacenti. Le esposizioni deteriorate complessive al 30 settembre 2017 si sono attestate al 7,28% e l’incidenza delle sofferenze resta su livelli molto contenuti (3,53%).

Capitolo a sé il rapporto, da sempre critico, con le pubbliche amministrazioni. Il 25% circa dei crediti nel portafoglio delle società di factoring è rappresentato da crediti verso la p.a. principalmente vantati verso gli enti del Sistema sanitario nazionale e le amministrazioni centrali. La quota scaduta di crediti vantati verso la p.a. supera, al 30 settembre 2017, il 39% del totale dei crediti p.a. (in lieve aumento rispetto alla rilevazione precedente). Rispetto a giugno 2017 aumenta la quota di scaduto da oltre un anno (pari a quasi il 66%).

Infine, guardando al futuro, stima il presidente, «secondo una stima degli associati, a fine 2017 il turnover del settore crescerà dell’8% circa rispetto all’anno precedente. Identico trend è previsto per il 2018 in relazione alla dinamica positiva del pil. Il sostegno alle imprese», conclude, «non è mai venuto meno durante la lunga congiuntura negativa dell’economia e, a maggior ragione, proseguirà nel prossimo futuro in relazione alla ripresa economica in atto».

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