di Luca Gualtieri
Carige si salva grazie all’impegno dei grandi soci e degli investitori istituzionali. Ieri sera la cassa genovese ha diffuso i risultati dell’aumento di capitale da 560 milioni necessario per la salvezza. Gli azionisti hanno sottoscritto solo il 66% dell’offerta, ma sull’inoptato si aprirà il paracadute definito alla vigilia dell’operazione. Circa 46 milioni saranno infatti coperti da Intesa Sanpaolo Vita, Generali e UnipolSai che hanno scelto di convertire in equity parte dei bond subordinati. Altri 120 milioni arriveranno dagli impegni di primo accollo. Nell’asta dell’inoptato interverranno infatti Credito Fondiario, Sga e Chenavari Investment Managers, il fondo che si è aggiudicato la controllata Creditis.

Senza considerare l’impegno dei soci forti della banca a partire dalla famiglia Malacalza che ha chiesto alle autorità di vigilanza l’autorizzazione per salire al 28%, appena sotto la soglia di opa. Una richiesta che ha già costretto gli imprenditori piacentini a cambiare lo statuto della holding per escludere le funzioni di direzione e coordinamento. Vittorio Malacalza ha peraltro esercitato i diritti per la quota detenuta a titolo personale Anche Gabriele Volpi salirà, portandosi vicino al 9,99% rispetto all’attuale 6%. Ci sono insomma risorse sufficienti per coprire i mancati impegni degli attuali azionisti e condurre in porto l’operazione senza zavorrare le tre banche del consorzio di garanzia, cioè Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays. Non per caso del resto i tre istituti internazionali hanno chiesto agli investitori e alla banca precise garanzie prime di garantire l’operazione.

Condotto in buca l’aumento di capitale la situazione di Carige sembra per il momento stabilizzata. La conversione dei bond subordinati potrà avere efficacia e consentire agli investitori di ricevere bond senior. Entro la fine dell’anno dovrebbe chiudersi anche la cessione dei crediti deteriorati. Proprio ieri è stato annunciato l’accordo con Credito Fondiario per la dismissione di un ulteriore portafoglio da 1,2 miliardi dopo la cartolarizzazione con garanzia pubblica (gacs) da 938 milioni conclusa nel mese di giugno. La minusvalenza derivante dalle due operazioni dovrebbe essere assorbita dal nuovo capitale nel frattempo raccolto dalla banca.

Sul fronte immobiliare, dopo la cessione della sede milanese di corso Vittorio Emanuele (venduta nelle scorse settimane a Antirion Sgr per 110 milioni), saranno dismessi altri palazzi come le sedi di Roma e di Londra oltre ad altre strutture in portafoglio. Per queste operazioni comunque l’orizzonte temporale sarà più ampio rispetto a quello imposto da Bce per lo smaltimento dei crediti deteriorati e il rafforzamento patrimoniale. (riproduzione riservata)

Fonte: logo_mf