Pagine a cura di Angelo Costa

L’obbligo di polizza assicurativa non coglie impreparati gli studi legali d’affari. Le recenti disposizioni ministeriali che hanno fissato i requisiti minimi delle polizze obbligatorie (che seguono a quelle contenute nella legge sull’ordinamento professionale forense, n. 247 del 2012) non hanno trovato impreparati gli studi più strutturati, già in possesso di polizze sostanzialmente in linea con le nuove previsioni.

L’obbligo di postuma decennale in caso di cessazione dell’attività (previsto dal decreto del 22 settembre 2016) ha, invece, richiesto anche a loro la verifica (e l’adeguamento) delle polizze esistenti per assicurare la loro conformità alla relativa previsione. Nessuna novità invece (rispetto a quanto già previsto con la legge del 2012) rispetto alla comunicazione degli estremi della polizza al cliente, comunicazione la cui obbligatorietà risulta confermata.

Insomma, emerge una situazione con poche novità per i grandi studi legali, ma comunque impegnativa sul piano dei costi.

Per i grandi studi non è una novità. Ma i costi restano elevati

David Maria Marino, partner, financial litigation di Dla Piper crede «che gli studi associati più strutturati, e certamente quelli di matrice internazionale, abbiano seguito il dibattito sull’obbligo di assicurazione professionale un po’ “alla finestra”. Sarebbe impensabile», continua Marino, «per uno studio che opera in più giurisdizioni e che conta su un numero di professionisti elevato, operare in assenza di un’adeguata copertura assicurativa, senza considerare che in molti altri paesi l’obbligo di assicurazione professionale vige da molti anni.

Superati certi livelli dimensionali la gestione e la prevenzione dei rischi professionali non ha nulla di diverso dalla gestione e prevenzione dei rischi di impresa e la tutela assicurativa costituisce uno degli strumenti principali in tal senso. Per una realtà internazionale la copertura assicurativa dei rischi professionali rappresenta certamente una delle voci di costo più significative, anche in considerazione dell’ampiezza della garanzie, del numero di giurisdizioni coinvolte, dei massimali e, tipicamente, dell’assenza di rivalse. Nella maggior parte dei casi, il programma assicurativo si struttura in diversi “layer” con il coinvolgimento di una pluralità di assicuratori che assumono quote di rischio o il rischio di singoli “layer”, il tutto gestito con il coinvolgimento di primari broker specializzati nel settore. Certamente meritevole a mio avviso», conclude l’avvocato di Dla Piper, «l’introduzione, ad opera del decreto del 2016, di precise indicazioni sui massimali in funzione della complessità della struttura dell’attività professionale. In assenza di tali indicazioni il rischio sarebbe stato di favorire l’assenza di omogeneità di coperture, lasciando la valutazione di congruità dei massimali alla discrezionalità dei singoli. Forse non del tutto coerente rispetto al tema della responsabilità professionale è la scelta di avere previsto per gli avvocati anche l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni.

Mentre è immediatamente comprensibile l’esigenza di tutela dei terzi perseguita appunto attraverso l’obbligo di copertura dei rischi professionali, lo è meno rispetto all’obbligo di assicurazione degli infortuni propri. La tutela rispetto agli infortuni propri potrebbe continuare ad essere affidata alla discrezionalità dei singoli, anche in considerazione del fatto che non mi pare che tale obbligo sussista per altre categorie professionali».

Il caso degli studi associati che fanno parte di studi stranieri

Gli fa eco Marina Santarelli, partner co-head del dipartimento contenzioso e arbitrati di Pavia e Ansaldo che ribadisce come il tema della polizza rischi professionali non sia certo nuovo per gli studi associati di certe dimensioni (che lo hanno sempre ritenuto un adempimento indispensabile per una corretta gestione dei rischi) e comunque l’obbligatorietà della copertura non ha avuto pressoché alcun impatto. «Difatti», dice Santarelli, «strutture articolate come quelle degli studi associati sono da lungo tempo assicurate, spesso per importi di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti dalla legge. L’entrata in vigore delle nuove disposizioni, quindi, ha, almeno nel nostro caso, comportato solo piccoli affinamenti. L’obbligatorietà ha cambiato anche poco rispetto alla formulazione dei mandati, dal momento che i clienti da tempo, soprattutto laddove si tratta di presentare offerte nel contesto degli ormai ben noti beauty contest ovvero di vere e proprie gare, richiedono sempre e comunque l’indicazione delle coperture esistenti con specificazione dei massimali, come requisito indispensabile di presentabilità. Per studi associati che fanno parte di studi stranieri», conclude l’avvocato di Pavia e Ansaldo, «l’introduzione dell’obbligo ha certamente comportato maggiori riflessioni dal momento che potrebbe essere stato necessario coordinare le coperture “internazionali” con quelle specificatamente riferite allo studio “italiano”, ad esempio, con riferimento alla franchigia (talvolta molto elevate all’estero), anche al fine di essere in linea con un obbligo che in Italia ha riflessi deontologici in teoria rilevanti. Ovviamente il tema del costo non è banale, perché, da un lato, il premio assicurativo è usualmente calcolato sul fatturato, mentre dall’altro è influenzato dal tipo di attività svolta e dalla “storia” dell’assicurato nonché dalla presenza di presidi di risk management e di buone prassi organizzative. Tuttavia, è ragionevole ritenere che in un futuro magari neanche tanto lontano il premio possa essere influenzato anche dalla presenza o meno di certificazioni di qualità. E al tema dei costi ha pensato il Cnf nel momento in cui ha indetto una gara per la stipulazione di una convenzione che venga incontro alle esigenze di un mercato variegato».

E sull’efficacia delle polizze Marco Ferraro, partner e founder dello studio legale Ferraro-Giove e Associati osserva che «le polizze sono efficaci in quanto devono essere compilate con un modello di massima previsto dal decreto del ministero della giustizia del 22/9/2016, che stabilisce le condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall’esercizio della professione di avvocato. Sicuramente è vero», aggiunge Ferraro, «che l’avvocatura d’affari si è mossa molto tempo prima rispetto all’avvocatura tradizionale, sottoscrivendo polizze che garantissero l’integrità del patrimonio dello Studio. L’eventuale evoluzione di una polizza si basa su quanto offre in più rispetto al modello disegnato dal Ministero della giustizia con il decreto del 22/9/2016».

I costi: le esperienze di Legalitax, La Scala, Orrick, Quorum

Marco Moretti, partner di Legalitax, raccontando della sua esperienza di studio osserva che «Legalitax copre i propri rischi professionali sin dalla sua fondazione, ancor prima che ciò divenisse un obbligo di legge e nonostante il proprio indice di potenziali sinistri sia inferiore a quello fisiologico. Questa scelta è stata dettata in primo luogo dall’opportunità di offrire al mercato un servizio consulenziale non solo di elevata competenza ma anche completo e comprensivo delle massime tutele per ogni possibile remoto sinistro. Legalitax, inoltre, da sempre considera di primaria importanza creare, anche grazie a una idonea ed estesa polizza assicurativa per rischi professionali e a prescindere dagli obblighi di legge, le migliori condizioni affinché tutti i suoi professionisti possano operare nella massima tranquillità, presupposto questo per meglio esprimere le proprie professionalità e competenze. Il costo della copertura assicurativa (relativa ed estesa, tra gli altri, a tutti soci, associati, collaboratori, counsel e of counsel e con un massimale peraltro superiore a quanto imposto dalla legge) rappresenta», continua Moretti, «per Legalitax un costo annuo di poco inferiore all’1% del proprio fatturato e, per le ragioni di cui sopra, non prevede di norma alcuna rivalsa nei confronti del professionista responsabile; lo Studio si riserva solo di rivalersi sul singolo professionista socio per la franchigia eventualmente applicata nei limiti di quanto eccedente il fondo di riserva appostato in bilancio. La stipula della polizza da parte delle Studio a beneficio di tutti i professionisti che vi operano consente comunque, tramite la condivisione del rischio, una ottimizzazione dei costi rispetto a quanto avverrebbe, a parità di condizioni, in caso di singole e individuali contratti assicurativi. La polizza e i suoi estremi sono debitamente comunicati da Legalitax a tutti i propri clienti direttamente all’interno delle relative proposte professionali o anche in via anticipata (come nel caso di partecipazione a bandi di gara, pubblici o privati)».

Porta la sua esperienza in termini di costi anche Christian Faggella, managing partner di La Scala Studio Legale: «Lo studio adotta sin dalla sua fondazione una polizza professionale. Non abbiamo quindi aspettato l’entrata in vigore della nuova normativa ma lo abbiamo sempre considerato un dovere sia per i clienti che per noi. La polizza ha un costo di circa 250 mila euro l’anno, con una copertura pari a 25 milioni di euro annui. La polizza copre a ombrello tutti i rischi classificati come rischi «tipici» dell’attività professionale svolta dallo studio, è valida quindi per tutti i professionisti che operano per conto dello studio».

«Come tutti i grandi studi d’affari, Orrick si è da sempre dotato di una articolata struttura di polizze assicurative, ritenendo fondamentale tutelare il cliente da eventuali errori professionali che, fortunatamente, ad oggi non abbiamo dovuto affrontare ma che è nostro dovere ritenere possibili, soprattutto in una realtà con numerosi professionisti che lavorano su operazioni complesse», dichiara Guido Testa, deputy managing partner di Orrick Italia nonché office leader della sede di Milano. «Parallelamente a una polizza stipulata a livello di firm, Orrick ha quindi sottoscritto una polizza integrativa in Italia, sicuramente a maggior tutela del cliente ma anche dei nostri stessi avvocati, i quali, parallelamente all’attività tradizionale, spesso ricoprono incarichi all’interno di organi societari (organismi di vigilanza, collegi sindacali e consigli di amministrazione) e che riteniamo importante tutelare nell’adempimento di tali funzioni. La nuova normativa non ha quindi avuto un impatto importante sulla nostra struttura assicurativa, che era già piuttosto ampia. Ha però comportato un adeguamento dei costi che in totale superano i 100 mila euro all’anno».

«La nostra associazione professionale si è da sempre dotata di una polizza assicurativa finalizzata a coprire la responsabilità professionale di tutti gli associati (i.e. i soci), ma anche di tutti i collaboratori dell’associazione, che nel nostro caso fa riferimento complessivamente a oltre 50 professionisti, suddivisi su due sedi (Roma e Milano)», spiega Nicola Romano, partner di Quorum Studio Legale e Tributario Associato. «La nostra polizza assicurativa Rc attuale è stata stipulata con un primario operatore del settore, a seguito di un beauty contest, e attualmente prevede un massimale di 5 mln di euro per sinistro e, in aggregato, 10 mln di euro per anno assicurativo (quindi, già in linea con quello previsto dall’attuale normativa per strutture delle nostre dimensioni). Inoltre, in occasione del prossimo rinnovo della polizza, stiamo già cercando di estendere la copertura assicurativa anche all’attività di Data protection officer, di prossima introduzione in conseguenza dell’entrata in vigore della nuova direttiva europea sulla tutela dei dati personali (il 25 maggio 2018), conosciuta con l’acronimo di «Gdpr». Su questo aspetto, per il quale già molti studi stanno approntando pacchetti di assistenza ai clienti, stiamo fattivamente collaborando con le assicurazioni, da noi interpellate, in quanto figura nuova e non ancora contemplata dalle coperture assicurative in circolazione».

C’è anche la polizza infortuni: alcuni studi hanno giocato d’anticipo

E, infine, Barbara Calza, socio di De Berti Jacchia Franchini Forlani, pone poi l’accento su un altro aspetto rilevante affermando che «per quanto riguarda il nostro studio, abbiamo voluto cogliere, in previsione dell’obbligatorietà della polizza infortuni, l’opportunità di adottare, giocando di anticipo, una politica di welfare aziendale. Infatti già nella primavera dello scorso anno, anche alla luce degli obblighi normativi anticipati dalla legge professionale, sebbene a quell’epoca non ancora efficaci in mancanza del Decreto ministeriale di attuazione, il nostro studio decise di studiare la fattibilità di una polizza infortuni a beneficio di tutti coloro che, a vario titolo, prestassero la propria attività lavorativa nello studio (e quindi, ovviamente ai soci, agli associati, ai collaboratori, praticanti, ed anche ai dipendenti, ancorché per questi ultimi già opera l’assicurazione obbligatoria Inail). Alla base di questa decisione», conclude Calza, «c’è stata certamente un’attenta valutazione sui ragionevoli benefici di una politica di welfare aziendale da parte di coloro che fanno parte della nostra associazione. Quindi trattasi, per quanto riguarda i collaboratori e dipendenti, evidentemente di un benefit da ricomprendersi nella retribuzione pattuita e, in generale per tutti, comunque un grande vantaggio in quanto da una parte le condizioni raggiunte con la compagnia assicurativa sono state certamente più favorevoli di quelle che ogni singolo avrebbe potuto spuntare».

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