Dal 1° gennaio il diritto si matura a 66 anni e 7 mesi
Pagina a cura di Daniele Cirioli

La pensione sociale si allontana. Chi non ha reddito ed è senza lavoro dovrà arrangiarsi per un po’ di tempo in più, prima di poter contare sull’aiuto della collettività. Dal prossimo 1° gennaio, il diritto all’assegno sociale si maturerà a 66 anni e 7 mesi e non più a 65 anni e 7 mesi come oggi. Dal 1° gennaio 2019 l’età salirà ancora di 5 mesi portandosi a 67 anni e così per tutto il biennio 2019/2020. Il primo aumento, valido solo per il 2018, fa parte della tabella degli incrementi di età fissati dalla riforma Fornero delle pensioni; il secondo è l’effetto della «speranza di vita» (il meccanismo di aumento automatico dei requisiti di tutte le pensioni), il cui decreto di approvazione per gli anni 2019/2002 è apparso sulla G.U. n. 289/2017 del 12 dicembre.

L’assegno sociale. È una delle misure finalizzate ad alleviare lo stato di bisogno dei cittadini anziani in condizioni d’indigenza. In particolare, l’assegno sociale ha sostituito dal 1° gennaio 1996 la pensione sociale, istituita dalla legge n. 153/1969 con la stessa natura e funzione della pensione sociale: garantire un sostentamento a coloro che non hanno maturato alcun diritto a pensione attraverso il lavoro. Nell’anno 2017 l’assegno sociale si ottiene a 65 anni e 7 mesi di età, dopo l’ultima variazione che c’è stata l’anno scorso (dal 1° gennaio 2016) con l’aumento di 4 mesi (altro aumento di 3 mesi già era scattato nel 2013) per via dell’adeguamento all’incremento della speranza di vita.

Hanno diritto all’assegno sociale i cittadini italiani che hanno compiuto l’età di 65 anni e sette mesi, come detto, effettivamente e abitualmente residenti in Italia purché sprovvisti di reddito ovvero, anche se in possesso redditi, d’importo inferiore al valore annuo dello stesso assegno. Con riferimento all’anno 2017 i limiti di reddito sono i seguenti: 5.830,76 euro per le persone sole, non coniugate; 11.661,52 euro per le persone sposate.

Si ha diritto all’assegno sociale anche quando si è ospiti di un istituto. In tal caso, però, qualora la retta di permanenza sia versata da un ente pubblico, l’assegno spetta al 50% (cioè la metà); se la retta è per metà a carico dell’interessato o dei propri familiari, invece, l’importo è ridotto del 25%; se la famiglia paga più della metà dell’importo della retta, infine, l’assegno sociale viene corrisposto per intero.

Sono equiparati ai cittadini italiani e, quindi, possono fare domanda di assegno sociale, qualora sussistano gli altri requisiti richiesti e a condizione che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale:

i cittadini extracomunitari, inclusi i familiari di cittadini comunitari o italiani, in possesso del permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo e rispettivi familiari ricongiunti (la corte costituzionale ha dichiarato illegittima la limitazione all’accesso alle prestazioni di assistenza sociale, anche non su base contributiva, ai soli lungo soggiornati, pertanto l’assegno sociale può essere richiesto anche dai titolari di permesso di soggiorno ordinario);
i cittadini extracomunitari ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria e i rispettivi coniugi ricongiunti;
i cittadini comunitari, iscritti all’anagrafe del Comune di residenza e rispettivi familiari ricongiunti, sia comunitari che extracomunitari.
Quanto vale. Per l’anno 2017 l’importo dell’assegno sociale, soggetto a rivalutazione annuale che, tuttavia, negli ultimi due anni (2015 e 2016) non c’è stata perché l’inflazione è stata negativa, è fissato a 448,52 euro mensili erogato per 13 mensilità, quindi pari a 5.830,76 euro annui. Hanno diritto all’assegno in misura intera:

i soggetti non coniugati che non possiedono alcun reddito;
i soggetti coniugati che hanno un reddito familiare inferiore all’ammontare annuo dello stesso assegno.
Hanno diritto all’assegno in misura ridotta:

i soggetti non coniugati che hanno un reddito inferiore all’importo annuo dell’assegno;
i soggetti coniugati che hanno un reddito familiare inferiore al doppio dell’importo annuo dell’assegno.
Con quali redditi. Ai fini del riconoscimento dell’assegno sociale si considerano i seguenti redditi del richiedente e del coniuge: redditi assoggettabili all’Irpef al netto dell’imposizione fiscale e contributiva; redditi esenti da imposta; redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (vincite derivanti dalla sorte, da giochi di abilità, da concorsi a premi, corrisposte dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche e private); redditi soggetti ad imposta sostitutiva (interessi postali e bancari; interessi dei Bot, Cct e di ogni altro titolo di stato; interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, emessi da banche e società per azioni ecc.); redditi di terreni e fabbricati; pensioni di guerra; rendite vitalizie erogate dall’Inail; pensioni dirette erogate da Stati esteri; pensioni ed assegni erogati agli invalidi civili, ai ciechi civili, ai sordi; assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile.

Non si computano, invece: i trattamenti di fine rapporto (tfr) e le relative anticipazioni; il reddito della casa di abitazione; le competenze arretrate soggette a tassazione separata; le indennità di accompagnamento per invalidi civili, ciechi civili e le indennità di comunicazione per i sordi; l’assegno vitalizio erogato agli ex combattenti della guerra 1915/1918; gli arretrati di lavoro dipendente prestato all’estero.

Prestazione più lontana dal 2018. Il prossimo 1° gennaio arriva in porto la novità fissata dalla riforma Fornero delle pensioni che fa salire di un anno il requisito d’età per aver diritto all’assegno sociale. Lo stesso aumento vale anche per conseguire gli assegni sociali sostitutivi dell’assegno mensile di assistenza a favore dei sordomuti e della pensione di inabilità civile e dell’assegno mensile a favore dei mutilati e invalidi civili. L’incremento è di un anno, per cui il diritto all’assegno sociale si conseguirà a 66 anni e 7 mesi. L’anno successivo, con la consueta tabella di marcia, l’età verrà ulteriormente incrementata dei valori d’incremento della speranza di vita. Per cui dal 1° gennaio 2019 salirà ancora di cinque mesi portandosi a 67 anni e così per tutto il biennio 2019/2020.

Erogazione sulla base della dichiarazione dei redditi percepiti
Assegno sociale erogato sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti dall’interessato, al netto di ritenute fiscali e contributive. Lo ha precisato l’Inps con il messaggio n. 4424/17. Pertanto, qualora a fronte di un’entrata relativa a uno specifico reddito, alla domanda sia allegata documentazione che provi la mancata erogazione di tale reddito, quest’ultimo può essere escluso dalla verifica del requisito reddituale. Ciò si verifica, ad esempio, nell’ipotesi di mancata erogazione di ratei di pensione estera da parte di amministrazioni pubbliche straniere; ma ciò dev’essere regolarmente documentato mediante attestazioni rilasciate dal consolato estero.

In secondo luogo, l’Inps ha precisato che, poiché in via di principio i redditi sono calcolati con il criterio di competenza (cioè se sono relativi all’anno 2017 essi rilevano ai fini del diritto all’assegno sociale per l’anno 2017, anche se l’incasso c’è stato nel 2016 – ipotesi di acconti – oppure nel 2018 – ipotesi di pagamento in ritardo), eventuali pagamenti di arretrati vanno di conseguenza imputati ai rispettivi anni di riferimento. Ciò significa che, se nel corso dell’anno 2018 un soggetto dovesse incassare redditi per 1 milione di euro di competenza dell’anno 2017, il milione di euro rileverà ai fini del diritto all’assegno sociale per l’anno 2017 (che, di conseguenza, non sarà riconosciuto), anche se l’incasso c’è stato in un altro anno. Parimenti, ai fini del diritto all’assegno sociale per l’anno 2018, il milione di euro non verrà considerato, nonostante sia stato incassato proprio in quell’anno.

Tra i redditi di «qualsiasi natura» da includere nel requisito reddituale, la giurisprudenza ha sottolineato che occorre tenere conto dei redditi effettivi. Dunque di tutte le entrate che permettono di verificare l’effettivo stato di bisogno nell’anno. In quest’ottica, l’intera entrata costituita dal ricavato della vendita di un immobile costituisce, per l’anno cui si riferisce, reddito di questa categoria. Ne consegue, ad esempio, che, in caso di vendita entro cinque anni dall’acquisto di un’unità immobiliare non va computata la sola plusvalenza (ex art. 67 del Tuir), che è la quota assoggettata a Irpef quale «reddito diverso», ma l’intero ricavato. Paradossalmente, pertanto, potrebbe accadere che chi dovesse arrivare per necessità a vendere la propria casa potrebbe ritrovarsi senza diritto all’assegno sociale.

L’Inps, ancora, ha spiegato che l’assegno divorzile liquidato in unica soluzione, in mancanza di una norma che preveda un criterio per la ripartizione tra periodi antecedenti, va attribuito, come anno di competenza, a quello di erogazione. Infine, l’Inps ha precisato che nel calcolo del requisito reddituale ai fini del diritto all’assegno sociale va computata anche la rendita Inail del coniuge, mentre sono escluse le indennità di accompagnamento di ogni tipo (indennità comunicazione per i sordi; assegni per l’assistenza personale e continuativa).

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