di Stefania Peveraro
Grazie alla vendita di Pioneer siglata domenica 11 dicembre, Unicredit incasserà quasi 4 miliardi di euro, mentre Amundi, grazie ai 222 miliardi di Pioneer, arriverà a 1,276 miliardi di euro di masse gestite e balzerà all’ottavo posto nella classifica mondiale degli asset manager, dall’undicesimo che occupava prima. In Italia, escludendo Generali , si collocherà giusto dopo Eurizon, con 160 miliardi in gestione (di cui 120 miliardi Pioneer e 40 miliardi Amundi). Per entrambi i gruppi è il big deal dell’anno. I dettagli dell’operazione sono stati annunciati ieri a Milano nella sede di Unicredit dai top manager di Amundi, i quali hanno precisato che la transazione, che esclude le attività di Pioneer in Polonia (saranno cedute a Pzu e Pfr), comporterà il pagamento in contanti di 3,545 miliardi che verranno versati da Amundi, mentre Unicredit incasserà anche un dividendo straordinario di 315 milioni di euro. Il tutto per un impatto sul Cet1 ratio fully loaded della banca di 78 punti base e una plusvalenza netta a livello consolidato di 2,2 miliardi di euro nel 2017. Il titolo Unicredit , dopo un’ottima partenza, ha poi ceduto oltre 3 punti.

Amundi si finanzierà con risorse disponibili per 1,5 miliardi di euro, un aumento da 1,4 miliardi di euro (Credit Agricole si diluirà nel nuovo gruppo Amundi al 66,7% dall’attuale 75%) ed emissioni di debito senior e subordinato per 600 milioni. L’affare è soggetto alle approvazioni delle autorità di vigilanza e antitrust. Il closing è atteso per la prima metà del 2017.
Amundi è stata affiancata da Mediobanca e Goldman Sachs nell’operazione, mentre Unicredit si è avvalsa di JP Morgan, Morgan Stanley e UniCredit Corporate & Investment Banking quali advisor finanziari mentre lo Studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners ha agito da consulente legale.

Il presidente di Amundi, Xavier Musca, ha sottolineato che l’operazione comporta una partnership importante con Unicredit : «Ieri in Italia abbiamo sposato Unicredit . Crediamo molto nello sviluppo del Paese e nella crescita del risparmio gestito». L’accordo prevede la distribuzione di prodotti di asset management tramite le reti di Unicredit in Italia, Germania e Austria per 10 anni. Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit , ha spiegato infatti che «grazie a un accordo di distribuzione di lungo periodo, la clientela della banca avrà accesso a una più vasta gamma di prodotti e servizi di qualità mentre il gruppo beneficerà di maggiori commissioni da distribuzione risultanti dai più elevati flussi di raccolta attesi». Infine, sul versante del personale, sono previsti 450 tagli all’interno del nuovo gruppo Amundi-Pioneer, ma nessuno in Italia. La cifra pagata da Amundi è stata la più alta arrivata sul tavolo degli advisor di Unicredit , ma i manager del gruppo francese hanno tenuto a sottolineare che le sinergie saranno importanti e quindi, tenendone conto, i multipli pagati sono del tutto accettabili. Nel dettaglio, Yves Perrier e Nicolas Calcoen, rispettivamente direttore generale e cfo di Amundi, hanno spiegato che dall’operazione deriveranno 150 milioni di euro di risparmi di costi e maggiori ricavi per 30 milioni, per un totale di 180 milioni. Al netto delle sinergie, la valutazione di 3,545 miliardi corrisponde a 16,6 volte gli utili netti stimati per il 2016 (213 milioni di euro dai 227 del 2015) o 11,4 volte l’ebitda stimato (311 milioni dai 327 del 2015). Includendo i 180 milioni di euro di sinergie e un’aliquota fiscale del 30%, i multipli scendono a 10,5 volte gli utili e a 7,2 volte l’ebitda.

Tra gli altri pretendenti in corsa per Pioneer c’erano la cordata Poste-Cdp-Anima , l’australiana Macquarie e Ameriprise Financial (che controlla Threadneedle Asset Management), mentre Aberdeen Asset Management si era sfilata per via del prezzo ritenuto elevato. Ad aver superato la prima selezione erano state anche Generali , Axa e Allianz . Ai fini dell’accordo con Banco Santander (poi saltato), Pioneer era stata valutata 2,75 miliardi, incluso il debito, cioè poco più di 10 volte l’ebitda 2014.

Intanto oggi a Londra Unicredit renderà noto al mercato il piano di ristrutturazione del gruppo, a partire dall’aumento di capitale stimato dagli analisti in 13 miliardi di euro, cui sommare le cessioni in atto. Ieri il consiglio di amministrazione della banca si è riunito per definire gli ultimi dettagli della ricapitalizzazione, dell’annunciata cartolarizzazione da 20 miliardi di euro di Npl netti e della strategia di taglio dei costi. Gli analisti di Banca Imi calcolano tagli al personale assunto a tempo pieno pari al 7,5% dell’organico, ovvero 7.800 persone. (riproduzione riservata)