Entro il 31/12 le dichiarazioni sui contributi non dedotti
Pagina a cura di Carla De Lellis

Entro fine mese, i lavoratori iscritti alla previdenza integrativa che in dichiarazione dei redditi (Unico o 730) non sono riusciti, per qualunque ragione, a dedurre i contributi versati al fondo pensione possono segnalarlo al fine di escludere dalla futura tassazione la relativa quota di rendita. La segnalazione in particolare, da farsi al proprio fondo pensione presso cui si risulta iscritti, va fatta qualora durante l’anno 2015 il datore di lavoro (se si era occupati) non è riuscito a dedurre, in tutto e o in parte, i contributi versati al fondo pensione e a tanto non è stato possibile rimediare quest’anno, autonomamente, con una dichiarazione dei redditi, per incapienza o altre ragioni.

I contributi versati ai fondi pensione. I contributi versati ai fondi pensione (le somme versate periodicamente al fondo pensione per costruire la rendita/pensione di scorta, al netto del tfr), in base alle vecchie regole rimaste in vigore fino al 31 dicembre 2006, decretavano a favore dei lavoratori (dipendenti, autonomi, soci di cooperative, agricoli, imprenditori ecc.) il diritto alla deduzione dal proprio reddito complessivo fino a un limite da individuarsi nel valore minore tra i seguenti importi: a) il 12% del reddito complessivo e b) euro 5.164,57 (vecchie 10 milioni di lire). Inoltre, era previsto che, qualora alla formazione del reddito complessivo vi avessero fatto concorso anche redditi di lavoro dipendente, relativamente a tali redditi, la deduzione poteva competere su di un importo complessivo non superiore al doppio della quota di Tfr destinata ai fondi pensione (o altre forme pensionistiche collettive) e comunque sempre nel rispetto dei predetti limiti (12% del reddito complessivo o euro 5.164,57).

La vigente disciplina, che si applica ai contributi versati dal 1° gennaio 2007, risulta più semplice e, soprattutto, più conveniente ai contribuenti. La prima novità è rappresentata dall’eliminazione del doppio vincolo per la deduzione massima (cioè il 12% del reddito, cosicché i contributi sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore a euro 5.164,57. Ne deriva il diretto beneficio a favore dei titolari di reddito inferiore a 43.038 euro che, nella passata disciplina, rappresentava il limite di reddito fino al quale i contributi potevano essere dedotti sempre in una misura inferiore a euro 5.164,57 (rappresentata dal 12% del reddito complessivo); e rappresentava anche il limite di reddito oltre il quale i contributi, anche se versati per un importo maggiore, potevano essere dedotti sempre e comunque fino a quel massimo di 5.164,57 euro (il 12% di 43.038 è proprio 5.164,57). Con l’eliminazione del vincolo percentuale, dunque, anche chi consegue redditi inferiori a 43.038,00 euro (per esempio un reddito pari a 25 mila euro) ha la possibilità di dedurre i contributi fino a 5.164,57 euro (nell’esempio precedente, con le vecchie regole si poteva dedurre un importo massimo di contributi di 3 mila euro, pari al 12% di 25 mila euro). Ciò diventa tanto più significativo se si considera che, come nella passata disciplina, il limite di deducibilità tiene conto di un unico plafond costituito dai contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari (per esempio nel caso di fissazione autonoma da parte del lavoratore della contribuzione) sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, nonché delle quote accantonate dal datore di lavoro a fondi di previdenza, con eccezione del tfr. La nuova disciplina conserva dal passato la possibilità di fruire della deduzione fiscale anche in relazione ai contributi versati nell’interesse di persone a carico, purché le stesse si trovino in tale situazione (di carico fiscale). La deduzione spetta al soggetto nei confronti del quale le persone sono a carico e per l’ammontare di contributi non dedotto dalle stesse persone, fermo restando il limite di euro 5.164,57.

Comunicazione entro fine anno. Per la quota di contributi versati che non hanno fruito della deduzione fiscale, compresa la quota di contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, il lavoratore-contribuente deve darne comunicazione al fondo pensione entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello durante il quale sono stato fatti i versamenti. Se cade prima del 31 dicembre, la comunicazione va fatta alla data in cui sorge diritto alla liquidazione della prestazione a carico del fondo pensione. Perché serve questa comunicazione? Perché a essa è legato un particolare beneficio a favore del lavoratore. Infatti, la comunicazione concerne l’importo di contributi non dedotto nella dichiarazione dei redditi e, proprio perché non dedotti dalla dichiarazione dei redditi, la relativa quota di prestazioni va esclusa dalla tassazione: la comunicazione, dunque, serve a mettere il fondo pensione nelle condizioni di applicare l’esclusione fiscale. L’appuntamento di fine mese (un modello è in pagina) concerne i contributi che sono stati versati nell’anno 2015 e che potevano essere dedotti dal reddito quest’anno con l’appuntamento della dichiarazione dei redditi (Unico o 730).

Fisco soft sulla pensione di scorta. Una delle caratteristiche delle pensioni integrative è l’assoggettamento a un regime fiscale agevolato, sia per i contributi versati sia per le prestazioni erogate. Tale regime di favore si applica dal 1° gennaio 2007, ossia sui contributi pagati da tale data e, di conseguenza, per le prestazioni afferenti agli stessi contributi.

La prestazione tipica delle forme previdenziali complementari (così si chiamano tecnicamente i fondi pensione) è una pensione, cioè una rendita periodicamente erogata dal fondo pensione a favore dell’iscritto. Accanto alla rata mensile, poi, i fondi pensione possono anche erogare un’altra tipologia di prestazione: un capitale. Non solo; durante la vita lavorativa (quando cioè si pagano i contributi), si possono ottenere anche delle anticipazioni. Quale sia la prestazione erogata dal fondo pensione, le tasse vengono sempre applicate su due quote distinte: la prima relativa alla quota parte di prestazione relativa ai rendimenti maturati dai contributi versati; la seconda quota parte di prestazione relativa alla quota capitale di contributi periodicamente versati. La prima quota (rendimenti), in particolare, rappresenta ciò che il fondo pensione è riuscito a far «guadagnare» all’iscritto. Infatti, i versamenti (tfr e contributi) effettuati a favore di un fondo pensione producono interessi (pari al guadagno degli investimenti), cosiddetti «rendimenti» che pagano le tasse in misura scontata, ossia all’aliquota dell’11% fino all’anno 2014 e al 17% dall’anno scorso. Tali tasse vengono versate in via definitiva, a titolo d’imposta sostitutiva dell’Irpef.

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