Il delitto di «inquinamento ambientale» si commette quando si produce un’alterazione dell’ecosistema incisiva e oggettivamente rilevabile, anche se reversibile, violando le norme non strettamente ambientali e senza necessariamente superare i valori limite dettati da specifiche regole di settore. È con la delibera del 9 dicembre 2016 n. 16 che il ministero dell’ambiente, comitato per il verde pubblico, si adegua ai principi contenuti nella prima sentenza della Cassazione (3 novembre 2016 n. 46170) sul nuovo ecoreato (delitto di inquinamento ambientale). I termini «compromissione» e «deterioramento», sottolineano i membri del comitato, indicano «fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono entrambi in un’alterazione ossia in una modifica dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema». La rilevanza dell’aspetto quantitativo o dimensionale è riferito nell’ambito della norma (articolo 452-bis c.p.) ad alcuni beni ambientali (suolo e sottosuolo, il cui degrado deve interessarne «porzione estese o significative») e non ad altri. Al riguardo la Cassazione ha precisato che in ogni caso l’estensione e l’intensità del fenomeno produttivo di inquinamento ha una sua incidenza, difficilmente potendosi definire «significativo» quello di minimo rilievo, pur considerandone la più accentuata diffusività per alcuni beni ambientali (aria e acqua), rispetto a ciò che avviene nel suolo e sottosuolo. Il termine «significativo» denota incisività e rilevanza, mentre «misurabile» è ciò che è quantitativamente apprezzabile o, comunque, oggettivamente rilevabile, senza che sia necessario il superamento di limiti di legge. L’avverbio «abusivamente» va inteso in senso comprensivo non solo della condotta in violazione di leggi statali o regionali, ma anche di prescrizioni amministrative.

Cinzia De Stefanis
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