Per chi riceve una pensione l’aspettativa di vita è più alta rispetto alla media generale della popolazione: 83-86 anni per gli uomini e 87-90 per le donne. E nel 2045 i pensionati uomini arriveranno mediamente a 88 anni e le pensionate a 92, circa un anno in più rispetto alla media della popolazione. In più, al crescere dell’assegno pensionistico si assiste a un aumento dell’aspettativa di vita. I dati sono contenuti nello studio realizzato dall’Ordine degli Attuari e presentato ieri a Roma nella sede Inps. Tale tendenza ha spinto Tito Boeri a ribadire l’importanza di interventi perequativi.

Il presidente dell’Inps ha infatti sottolineato che «uno degli aspetti più rilevanti» che emerge dallo studio «è il fatto che le prestazioni più generose corrispondono a tassi di mortalità significativamente più bassi». Tale dato «ha implicazioni importanti: ci dice che l’introduzione di misure perequative sulle pensioni in essere avrebbe probabilmente un impatto sul sistema pensionistico ancora più forte» di quello che dicono le proiezioni. Quando si fanno analisi su quanto si risparmierebbe con un taglio delle pensioni più alte, infatti, si assume che tutti i pensionati abbiano la stessa aspettativa di vita; se invece se si tenesse conto del fatto che chi percepisce una pensione più alta vive più a lungo, «si vedrebbe che con interventi perequativi risparmieremmo di più», ha sottolineato Boeri. L’analisi ha preso in esame 15 milioni di dati, di cui 10 milioni riferiti alle pensioni di vecchiaia e il resto a pensioni di invalidità e superstiti. «Metteremo lo studio a disposizione del governo, delle autorità di vigilanza e di tutti gli operatori della previdenza», ha detto Giampaolo Crenca, presidente dell’Ordine degli Attari.

Durante il convegno Boeri è anche intervento sull’Ape, lo strumento che prevede l’anticipo della pensione introdotto dal governo Renzi. La platea per l’Ape Social, cioè chi ha svolto lavori usuranti e gravosi e quindi può accedere in modo agevolato all’anticipo pensionistico, vanno individuate «sulla base di criteri obiettivi», la cui definizione «non è una questione che va lasciata alla politica», ha detto Boeri, aggiungendo che sarebbe opportuno realizzare uno studio sulle aspettative di vita «specifiche delle diverse categorie» di lavoratori. (riproduzione riservata)
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