Le adesioni ai fondi pensione in Italia non sono ancora decollate, e sono invece in aumento le richieste di interruzione di versamento da parte di chi è iscritto. Ma di una copertura integrativa privata ci sarà sempre più bisogno nel futuro. Per questo si fa strada l’ipotesi, sulla scia dell’esempio di alcuni Paesi esteri, di introdurre una qualche forma di obbligatorietà nell’adesione al posto del meccanismo attuale del silenzio assenso.

Senza dimenticare che versare i contributi a un fondo pensione anche per un familiare a carico, come può essere un figlio o un nipote, è una soluzione che offre diversi punti di forza rispetto ad altre soluzioni, oltre a poter godere della deduzione fiscale insieme ai propri versamenti (fino a 5.164 euro per anno, tfr escluso). Oggi infatti un italiano su quattro è iscritto alla previdenza complementare ma spesso, a causa della scarsa informazione, non sfrutta al massimo i benefici come spiega Nadia Vavassori, responsabile business unit di Seconda Pensione, la linea di fondi pensione aperti di Amundi Sgr (Crédit Agricole).

Domanda. Secondo lei l’adesione alla previdenza complementare dovrebbe diventare obbligatoria?

Risposta. La previdenza complementare oggi rappresenta un costo, sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori. Una scelta in tal senso richiederebbe l’individuazione di misure compensative per i soggetti coinvolti, che oggi non trovano risorse pubbliche per essere finanziate. In un sistema perfetto la previdenza complementare dovrebbe essere obbligatoria come forma di risparmio previdenziale ma liberamente allocata dal singolo tra tutti gli strumenti offerti dall’industria, presenti sul mercato previdenziale e rigidamente vigilati senza alcuna corsia preferenziale.

D. L’idea di iniziare a versare contributi a un fondo pensione da parte di un genitore per i figli quali vantaggi offre rispetto ad altre forme di risparmio per il lungo termine?

R. I vantaggi sono diversi. Innanzitutto si crea una consapevolezza nei figli della necessità di costruirsi una pensione complementare. Poi in questo modo si inizia ad accumulare anzianità previdenziale per eventuali future esigenze di smobilizzo parziale della posizione maturata nel tempo. Inoltre si colma con la propria capacità di risparmio una situazione lavorativa dei giovani che risulta ancora precaria e sempre più posticipata come data di inizio.

D. Quali potrebbero essere i provvedimenti per aumentare le adesioni ai fondi pensione?

R. In primo luogo, eliminare il plafond di contribuzione annuo, riconoscendo totale esenzione fiscale in fase di conferimento, in secondo luogo eliminare la tassazione sui rendimenti in fase di accumulo, quindi consentire la circolazione libera e individuale tra le diverse forme pensionistiche presenti sul mercato. Si potrebbe inoltre prevedere la contribuzione dei datori di lavoro a livello di Contratto collettivo nazionale a favore della costruzione della previdenza complementare, senza vincoli verso una forma specifica. Infine, sarebbe giusto riservare reali misure compensative alle aziende che intendano promuovere la previdenza complementare all’interno di sistemi di welfare aziendale.

D. L’invio della busta arancione porterà secondo lei a un aumento delle adesioni ai fondi pensione?

R. La relazione non è così diretta né così immediata. Premesso che i lavoratori interessati sono solo alcuni e non l’intera popolazione, quello che emerge dalle proiezioni illustrate non spiega efficacemente la necessità di integrare con uno strumento di natura privata la propria pensione futura.

D. Come vede i tentativi di coinvolgere i fondi pensione nell’economia reale?

R. Sicuramente in Paesi dove la previdenza complementare è evoluta i fondi pensione non possono non partecipare al processo economico del Paese in cui operano ma, a fronte di tale sostegno, gli investimenti dovrebbero godere di una tassazione molto agevolata, se non nulla, e incentivi direttamente in capo al singolo investitore-lavoratore, soprattutto nella fase di versamento-accumulo. (riproduzione riservata)