Gli interventi saranno limitati a quei sottoscrittori retail di bond subordinati che non sono stati adeguatamente informati dei rischi. I soldi arriveranno dalle plusvalenze della bad bank

di Antonio Satta

Matteo Renzi ha capito che la vicenda dei risparmiatori che hanno perso i loro soldi nell’operazione di salvataggio delle quattro banche (Marche, Etruria, CariChieti) rischia di avere effetti molto pesanti sul governo stesso e sul Pd. Il suicidio di Luigino D’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che aveva visto volatilizzare 100 mila euro di risparmi nei bond subordinati di Banca Etruria , ha avuto effetti d’immagine devastanti e del resto, per le caratteristiche delle banche, i risparmiatori coinvolti sono per lo più concentrati territorialmente nelle zone d’origine degli istituti che sono anche forti bacini elettorali del Pd (e a quanto pare le associazioni che riuniscono questi risparmiatori stanno pansando di organizzare una manifestazione a Firenze durante i lavori della Leopolda).

Ecco perché il premier ha deciso di metterci la faccia, rivendicando ieri il merito di aver ridotto i danni con il decreto legge, e ha preso direttamente in mano il dossier sul meccanismo che dovrebbe restituire un po’ di soldi almeno a una parte dei risparmiatori colpiti.

Da ieri, infatti, la regia è passata da via XX Settembre a Palazzo Chigi, dove gli uffici legislativi si sono messi sbrogliare l’intricata matassa delle regole italiane e comunitarie per fare in modo che si possa mettere in campo la maggior quantità di risorse senza incorrere nei veti di Bruxelles. A tarda notte, quando questo giornale è stato chiuso, un testo definitivo non c’era ancora, ma proseguivano i contatti con Banca d’Italia, in questa vicenda coinvolta sia come autorità di risoluzione sia come azionista delle quattro nuove banche che hanno preso il posto di quelle decotte.

Il meccanismo cui si lavora è la costituzione di un fondo rotativo, guidato da amministratori indipendenti, che operi con una dotazione iniziale stanziata dal Tesoro, ma che venga poi alimentato dalle plusvalenze della cosiddetta bad bank, che ha in pancia 8,5 miliardi di crediti deteriorati delle quattro banche salvate (come anticipato da MF-Milano Finanza nel numero del 3 dicembre scorso). Oggi valgono 1,5 miliardi ma una volta ceduti sul mercato dei non performing loan, gli asset dovrebbero garantire dei guadagni che andranno, appunto, a rimborsare gli obbligazionisti. Non tutti, ovviamente, ma quella parte dei clienti retail (saranno esclusi gli investitori istituzionali) che hanno acquistato titoli a rischio senza averne consapevolezza. A decidere chi avrà diritto al rimborso (che avrà comunque un tetto massimo di copertura) sarà la gestione dello stesso fondo, che scremerà le domande. Tra i criteri ci sarà la corrispondenza dell’investimento al profilo di rischio del cliente, secondo i principi della Mifid, ma conteranno anche altre valutazioni. Un esempio di scuola è se nel concedere un mutuo la banca ha erogato una cifra superiore a quella necessaria per l’acquisto dell’immobile e la parte eccedente è stata poi utilizzata per comprare obbligazioni subordinate della banca stessa. A illustrare il meccanismo scelto sarà il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, la cui audizione alla commissione Bilancio della Camera è stata anticipata alle 20 di questa sera.

Nel frattempo la linea del governo è chiara e l’ha illustrata lo stesso Renzi durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Innanzi tutto il decreto Salvabanche è servito a limitare i danni. «Il governo è intervenuto quando quelle quattro banche rischiavano di non aprire più, salvando i conti correnti dei cittadini e migliaia di posti di lavoro. Il sistema bancario italiano è solido, più solido oggettivamente di quello tedesco: ma alcune realtà avevano bisogno di interventi immediati». Quanto agli obbligazionisti subordinati, sono finiti in una brutta situazione a causa di Bruxelles («le regole europee non le facciamo noi»), che ha imposto l’azzeramento delle azioni e dei bond subordinati. «Tuttavia stiamo cercando di individuare una soluzione che tenga aperto anche per costoro, e soprattutto per gli obbligazionisti; una soluzione che permetta, nei limiti delle regole europee, di avere una forma di ristoro». E qui si torna di nuovo a Bruxelles, dove la Commissione Ue continua a scaricare la responsabilità su Roma. Il commissario Ue ai servizi finanziari, Jonathan Hill, ha ribadito ieri che i contenuti del decreto li ha scelti il governo, gli uffici della Commissione si sono limitati a valutarne la compatibilità con le regole Ue, e ha aggiunto che l’intervento si è reso necessario perché le quattro banche «hanno venduto prodotti inappropriati a persone che forse non sapevano cosa compravano» e ciò ha avuto «conseguenze molto dure e difficili». (riproduzione riservata)