di Andrea Di Biase

«Chi ha truffato dovrà pagare. Se ci sarà dimostrazione di una truffa, i truffati dovranno essere risarciti, altrimenti sarà una cosa diversa e non possiamo farci niente secondo le regole europee». Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso della trasmissione tv Porta a Porta, ha ribadito la posizione del governo sul decreto salva-banche. «Non c’è da fare tanti discorsi», ha aggiunto il premier, «sono contento di aver firmato il decreto perché così abbiamo salvato 7.200 posti di lavoro e 1 milione di correntisti, e gli stipendi» dei dipendenti.

Per quanto riguarda i sottoscrittori di obbligazionari subordinate delle quattro banche, che hanno visto andare in fumo i propri risparmi, il premier ha ricordato che «ci sarà un arbitrato cui accederanno migliaia di persone» e «a quel punto si vedrà chi avrà diritto a rivedere i propri soldi, come io auspico, e chi no».

Renzi ha inoltre difeso il suo esecutivo dagli attacchi arrivati da parte delle opposizioni sulla gestione delle crisi bancarie. «Questo salvataggio», ha spiegato il presidente del Consiglio, «non viene fatto con soldi pubblici ma con un fondo interbancario. Se avessimo fatto l’operazione con il fondo non volontario, rischiando la procedura di aiuti di Stato, l’Europa avrebbe potuto chiedere a quelle banche di mettere talmente tanti danari da saltare in aria. Con questo meccanismo abbiamo salvato il sistema». Sistema bancario che lo stesso Renzi non ha esitato a definire «solido», anche più di quello tedesco. «Fino a tre anni fa si potevano mettere soldi per rafforzare banche. La Merkel ha messo 247 miliardi. I governi precedenti in Italia hanno deciso di non farlo ma, nonostante il livello medio, le banche italiane ora sono più solide di quelle tedesche» con «Intesa Sanpaolo  che capitalizza più di Deutsche Bank ». Ma, secondo il premier, è necessaria una maggiore concentrazione, specie nel mondo delle Bcc. «Ci sono troppi che hanno giocato a fare i piccoli banchieri. Vorrei ci fosse un gruppo di banche di credito cooperativo sul modello del Credit Agricole ». E sul ruolo del padre del ministro Maria Elena Boschi nel dissesto di Banca Etruria , di cui era vicepresidente, il premier ha escluso che siano stati fatti trattamenti di favore. «Noi abbiamo mandato a casa l’intero cda in cui c’era il padre di Boschi; il cda è stato sanzionato e il padre di Boschi ha pagato una sanzione. La legge è uguale per tutti, è finito il tempo delle leggi ad personam». (riproduzione riservata)