Al di là della Mifid, il compito che incombe alla banca nell’offrire al risparmiatore prodotti finanziari è quello di informare compiutamente non solo attraverso la sottoscrizione di ponderosi documenti e questionari, ma anche oralmente, e di accompagnare l’informativa con un accorto e prudente consiglio. Naturalmente ciò si aggiunge alle tassative previsioni dell’accennata normativa. La non esistenza di specifici divieti per questa o quella operazione non è un via libera di fatto alla vendita di prodotti particolarmente complessi e rischiosi, rientrando pur sempre questa materia nell’obbligo di sana e prudente gestione che incombe agli istituti e della cui osservanza rispondono in primis gli esponenti aziendali. Gli impatti negativi che possono conseguire dal collocamento dei titoli in questione riguardano non solo la clientela, ma la stessa banca e la sua corretta gestione. In mancanza di divieti della specie, non si può ritenere che valga paradossalmente il brocardo «caveat emptor», o addirittura l’altro «licet mercatoribus sese invicem circumvenire», secondo i quali è solo chi compra che deve guardare bene ciò che acquista e negli scambi di mercato è lecita una certa dose, magari fisiologica, di raggiro. Si tratta di regole non estendibili al campo del risparmio e finanziario. Certo, la soluzione normale è quella della previsione di una espressa norma, come si starebbe progettando nella Mifid 2, che faccia divieto agli intermediari di collocare obbligazioni particolari, quali le subordinate, per rimanere ai casi delle banche di recente salvate. Tuttavia, senza inseguire le non riflettute critiche del commissario Ue agli affari finanziari Jonathan Hill, le banche poi cadute in dissesto non avrebbero dovuto emettere e vendere i prestiti subordinati. Va comunque ricordato, per citare un precedente anche se con caratteri suoi propri, che diverse banche che avevano, ai tempi, venduto obbligazioni Cirio e Parmalat, poi concordarono il pieno rimborso degli acquirenti, una volta deflagrati i due dissesti. E non si trattava di obbligazioni emesse dalle stesse banche e in qualche caso neppure direttamente da esse vendute. È un caso che potrebbe essere tenuto presente per aggiungersi all’intervento solidaristico pubblico o pubblico-privato, a proposito del quale si spera che il governo vada avanti come un fulmine, senza attendere il beneplacito di Bruxelles, anzi aspettando al varco gli Azzeccagarbugli per arrivare finalmente, davanti alla Corte di Giustizia, a un chiarimento sull’ormai insostenibile abnorme dilatazione dell’area del divieto degli aiuti di Stato. Se poi ciò sarà prima ancora possibile per gli ostacoli che verrebbero frapposti alla soluzione della vicenda Tercas, tanto meglio. È ineluttabile, insomma, che si arrivi davanti alla giurisdizione europea, se non si vuole permanere nel limbo dell’indeterminatezza con le continue forzature della Commissione Ue. (riproduzione riservata)