Il sistema previdenziale italiano? Promosso per adeguatezza e integrità, ma bocciato in termini di sostenibilità. Nonostante le ultime dure riforme, sembra che i conti delle pensioni non siano ancora al sicuro. È quanto emerge dalla settima edizione del Mercer Melbourne Global Pension Index, un’estesa indagine globale sui sistemi pensionistici condotta su 25 Paesi da Mercer (società di consulenza nelle risorse umane) e dall’Australian Centre for Financial Studies.

L’analisi dà un rating ai sistemi previdenziali sulla base di oltre 40 indicatori che fanno capo a tre macro-aree: adeguatezza, sostenibilità e integrità. In base all’indice globale l’Italia si piazza al 20° posto della classifica (era al 19° lo scorso anno, il primo in cui l’Italia era inclusa nell’indagine), subito dopo il Messico. Con adeguatezza si intende il livello delle prestazioni erogate per la media dei lavoratori. All’interno della macro-area sostenibilità si trovano indicatori quali la percentuale di adesione a fondi di previdenza complementare e a fondi pensione, aspetti demografici e alcune evidenze macroeconomiche come contribuzione e debito pubblico. L’integrità, infine, considera diversi elementi di normativa e governance del rischio pensionistico, così come il livello di fiducia che i cittadini di ogni Paese hanno nel loro sistema. È la sostenibilità di medio-lungo periodo l’area dove il sistema pensionistico italiano risulta più debole (con un valore pari a 12,1, contro una media di 48,2 e gli 84,7 punti della Danimarca, prima in classifica). Le ragioni? La bassa adesione a piani pensionistici privati, il conseguente basso livello di investimenti nei fondi pensione, pari solo all’8,1% del pil, il contesto demografico caratterizzato dalla minima partecipazione alla forza lavoro dei lavoratori più anziani (ovvero tra i 55 e i 64 anni), il tasso di anzianità della popolazione pari al 56% e il tasso di fertilità inferiore a 1,5 figli per donna. «È giunto il momento che il Paese consideri il contributo di stabilità che il secondo e il terzo pilastro, ovvero la previdenza complementare collettiva e quella individuale, possono portare», commenta Marco Morelli, ad di Mercer Italia, «allo stesso tempo il report chiede al sistema Paese di interrogarsi sull’impatto previdenziale di temi quali il rapporto tra debito pubblico e Pil». Un altro aspetto su cui è importante fare passi avanti è quello dell’educazione finanziaria, soprattutto tra le nuove generazioni. «La scarsa attenzione per le questioni previdenziali è un problema che accomuna tutti i Paesi oggetto dell’indagine», spiega Martine Ferland, presidente dell’area Europa e Pacifico di Mercer. Si escogitano quindi formule innovative per catturare l’attenzione dei lavoratori. «Nel Regno Unito mettiamo per esempio a disposizione dei nostri clienti un’applicazione per smartphone che, sulla base di una serie di dati personali, consente all’utente di calcolare il proprio grado di sicurezza finanziaria in vecchiaia, con la possibilità di confrontare il punteggio ottenuto con quello di altri colleghi», rivela Ferland.