C’è una bomba pronta a esplodere, ovvero l’effetto della crescita demografica sui sistemi pensionistici. Basti pensare che se nel 2013 560 milioni di persone al mondo avevano più di 65 anni, la cifra è destinata a triplicare nei prossimi 30 anni. Conducendo un’analisi su base globale, studiando i sistemi pensionistici mondiali, è emerso che non solo non esiste a oggi una soluzione condivisa, ma anche che nemmeno un solo Paese è stato in grado d’identificare la killer-solution da mutuare. La criticità nel disegnare un corretto sistema pensionistico dipende in misura prevalente da due ordini di problemi: l’incertezza e la quantità di attori coinvolti. Di quanto abbia bisogno ogni individuo per vivere dopo la pensione dipende da molti fattori: è dimostrato che, di fronte alla complessità e all’elevato grado d’incertezza di queste variabili, gli individui tendono a soffrire di pregiudizi comportamentali che li portano spesso a prendere decisioni sub-ottimali. Il secondo problema ha a che fare con il numero di attori coinvolti. Il passaggio da schemi a Prestazione definita (Db) a quelli a Contribuzione definita (Dc) ha trasferito il rischio di longevità e degli investimenti all’individuo pensionato. Gli altri attori coinvolti dovrebbero giocare un ruolo di tutor e consulenti, ma spesso sono portatori d’interessi diversi, ove non addirittura contrastanti. Basta pensare ai governi, che hanno obiettivi elettorali di breve periodo che spesso collidono con le esigenze di lungo periodo di una corretta pianificazione finanziaria per la pensione. Il fatto che la qualità delle scelte regolamentari di un sistema pensionistico possa essere valutata solo dopo decadi rende asimmetrico il rischio, rendendo più semplice per i politici la gestione di breve periodo del ciclo elettorale, a tutto discapito dei cittadini. In un mondo utopistico l’identificazione di una corretta soluzione pensionistica richiederebbe un supporto bi-partisan, o addirittura l’isolamento dalle interferenze burocratico-politiche.

Ovviamente un sufficiente livello di risparmio è condizione necessaria, ma non sufficiente, a rendere valido un piano pensionistico. A nostro avviso questa strategia finanziaria necessita anche dei seguenti requisiti: al netto dei costi e dell’inflazione, deve essere in grado di fornire rendimenti stabili; deve fornire una protezione affidabile contro il rischio di longevità, particolarmente nelle fasi finali della vita; deve essere flessibile nell’adattarsi a esigenze che possono cambiare nel tempo. Infine, fattore non trascurabile, deve essere semplice da implementare e trasparente nella comunicazione dei risultati. Una soluzione di successo dovrà quindi necessariamente mixare una componente d’investimento con una di assicurazione, con le società di gestione e le compagnie assicurative chiamate a giocare un ruolo di responsabilità nel loro disegno. Inoltre, se da una parte questa via dovrà aiutare il futuro pensionato a disciplinarsi sin dalla fase di accumulo, ponendogli dei vincoli o dei chiari indirizzi, allo stesso tempo dovrà fornire un sufficiente grado di flessibilità da consentire la gestione delle emergenze. Un ambito nel quale certamente costituiscono un rischio rilevante le spese sanitarie, specie in tarda età e in particolare in un contesto di progressiva riduzione delle prestazioni pubbliche. Quello che appare chiaro è che la soluzione ideale è ben più di un portafoglio d’investimento, ma bensì una strategia onnicomprensiva che consenta di far fronte alle esigenze di vita dopo la pensione, con un livello di coinvolgimento sempre maggiore da parte del cittadino-futuro pensionato. Se la pensione fosse una macchina, si deve accettare che non tutti i pensionati potranno permettersi una Ferrari, ma anche che molti di loro potrebbero in ogni caso desiderare una macchina diversa. Molti potrebbero preferire che la costruzione della pensione sia lenta e confortevole, piuttosto che rapida e costosa. Ecco perché il nostro suggerimento è di trasformare la gestione del problema pensionistico in una soluzione di lungo periodo, che consenta al futuro pensionato di avere l’opportunità di massimizzare la propria longevità finanziaria, partendo per tempo e con una gestione continuata. Leo Longanesi diceva che «i problemi sociali non si risolvono: invecchiano, passano di moda e si dimenticano». Oggi che è la popolazione mondiale a invecchiare, dobbiamo accettare che il problema sociale delle pensioni non passerà di moda ma, se non correttamente affrontato, potrà solo crescere in gravità. (riproduzione riservata)

* responsabile institutional business di Schroders