di Luciano Mondellini

Uno scandalo frutto di una «catena di errori perpetrati dal 2005 da un piccolo gruppo di dipendenti di Volkswagen». Così ieri in una conferenza stampa a livello mondiale i vertici di Wolsfburg, ossia il presidente Hans Dieter Poetsch e il ceo Matthias Mueller, hanno commentato i primi risultati delle indagini avviate dal gruppo automobilistico per chiarire le cause del Dieselgate.

Ovvero del peggior scandalo della storia di Volkswagen, che ha provocato, tra le altre cose, un profondo rimpasto manageriale, il lancio di un profit warning, il taglio degli investimenti e il crollo del titolo della casa automobilistica tedesca sulla borsa di Francoforte negli ultimi mesi.

Il top management ha spiegato che il processo di riallineamento strategico di Volkswagen sta facendo progressi. Inoltre le soluzioni tecniche per i clienti in Europa sono state sviluppate e presentate alle autorità, che le hanno valutate in modo positivo. Queste soluzioni inizieranno a essere attuate il prossimo gennaio, ha spiegato il topo management di Volkswagen, sottolineando che l’altroieri un’indagine interna ha fatto emergere che soltanto 36 mila vetture (e non 800 mila, come si ipotizzava) sarebbero coinvolte nello scandalo. «L’inchiesta sulle emissioni sta producendo risultati e le prime conseguenze sono già state elaborate sulla base dei risultati finora emersi», ha spiegato Poetsch. «Il rafforzamento della nuova struttura sta procedendo secondo i piani e anche il processo di sviluppo di una nuova strategia ha avuto inizio».

Nel dettaglio, il gruppo di Wolfsburg ha presentato gli esiti preliminare delle indagini interne ed esterne condotte sotto il coordinamento di un comitato speciale del consiglio di sorveglianza e con il coinvolgimento di circa 450 esperti.

Per il momento le indagini hanno identificato l’origine e lo sviluppo del Dieselgate e soprattutto hanno messo in luce che la questione non è stata il frutto un errore una tantum ma di una catena di errori. Il punto di partenza è rappresentato dalla «decisione strategica di lanciare una promozione su larga scala di veicoli diesel negli Stati Uniti nel 2005», benché Volkswagen non disponesse immediatamente di motori rispettosi dei più rigorosi requisiti legali e non abbia successivamente installato un software capace di eliminare il problema.

Quanto alle soluzioni tecniche da attuare in Europa, Volkswagen ha ribadito che i costi di implementazione saranno gestibili dal punto di vista tecnico, produttivo e finanziario e ha sottolineato l’avvio dei richiami a gennaio, a partire dai modelli dotati di motori Tdi da 2 litri. Negli Stati Uniti invece la situazione appare più complicata a causa della maggior severità delle normative. Volkswagen, hanno riferito Mueller e Poetsch, sta comunque collaborando a stretto contatto con la Environmental Protection Agency (Epa) e con il California Air Resources Board (Carb) per presentare a breve una soluzione ad hoc per il Nord America.

Ieri intanto, a conferma del fatto non è un bel periodo per il settore automobilistico tedesco, la Commissione Ue ha deferito la Germania alla Corte di Giustizia per la mancata applicazione della direttiva sugli impianti mobili di condizionamento dell’aria. Tale violazione, ha indicato Bruxelles, ha consentito a Daimler  di immettere nel mercato europeo auto non conformi alla direttiva Ue. La Germania avrebbe inoltre «omesso di intraprendere azioni correttive» sul tema. Va ricordato che Daimler  aveva motivato il proprio comportamento con le preoccupazioni per l’uso dei refrigeranti prescritti dalla direttiva, ma tali preoccupazioni non erano condivise dagli altri produttori e vennero pure respinte dalle autorità tedesche e dal centro di ricerca comune. Nel gennaio 2011, quando emerse il caso, la Daimler  continuò a produrre e vendere auto approvate per utilizzare gas R1234yf, mentre in pratica veniva usato il gas R134a bandito. Nel maggio 2013 le autorità tedesche accettarono la richiesta di Daimler  di omologare le nuove auto in base a una procedura inesistente. Ciò per Bruxelles rappresenta una violazione delle norme Ue. (riproduzione riservata)