Ocse e Inps sono sulla stessa linea d’onda nel mettere in risalto i rischi di sostenibilità che corre il sistema pensionistico italiano. Da un lato l’organizzazione dei Paesi sviluppati ha sottolineato ieri la necessità di «ulteriori sforzi» per far fronte a una spesa che rimane elevata e quindi per cercare di mantenere un equilibrio, tanto più considerando il rischio che i futuri pensionati ricevano trattamenti più bassi degli attuali. Dall’altro lato, sempre ieri, Tito Boeri, presidente dell’Inps, non ha nascosto che senza una crescita del pil di oltre l’1% annuo e di un processo di stabilizzazione del lavoro i trentenni di oggi avranno difficoltà a ricevere una pensione adeguata. «In futuro si lavorerà più a lungo anche in rapporto alla speranza di vita e le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi», ha detto Boeri. Tornando all’Ocse, secondo l’organizzazione le riforme hanno contribuito e stanno contribuendo a migliorare la sostenibilità, ma l’invecchiamento della popolazione mette ancora pressioni al finanziamento. Nel 2013, spiega l’ultimo rapporto sul sistema previdenziale dei vari Stati, la spesa pubblica italiana per l’erogazione delle pensioni è stata pari al 15,7% del prodotto interno lordo, contro una media del 8,4%. Ai massimi rispetto agli altri Stati sono anche i contributi sul lavoro dipendente, che in Italia si attestano al 33%. L’Ocse si è concentrata infine sui possibili effetti della sentenza della Consulta sul blocco della perequazione delle pensioni oltre tre volte il minimo; nel breve periodo, avverte, serviranno ulteriori risorse. (riproduzione riservata)