di Anna Messia

Arriva la stretta dell’Ivass sui dividendi delle compagnie di assicurazione e sui premi variabiali riconosciuti ai manager. In una lettera indirizzata al mercato il presidente del direttorio integrato dell’istituto, Ignazio Visco, ha puntato l’attenzione sul «perdurare di una situazione di debolezza economica» in cui le imprese dovranno prestare «attenzione a mantenere adeguato il patrimonio e prudente la gestione dei rischi», scrivono dall’istituto di controllo presieduto da Salvatore Rossi. 
Non solo; in ballo ci sono appunto i dividendi. «Le politiche di destinazione degli utili dovranno essere tali da garantire la conservazione o il raggiungimento, a livello individuale e consolidato, di condizioni di adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica che, fermo restando il rispetto del requisito minimo obbligatorio, siano coerenti con il complesso dei rischi assunti da ciascuna impresa». Un intervento, quello dell’istituto di controllo, che richiama ancor più attenzione, visto che solo domenica scorsa le compagnie assicurative italiane (per la precisione l’83% del mercato) hanno superato con buoni voti l’esame dello stress test europeo, il primo effettuato con le nuove regole sul capitale di Solvency II. Ma non per questo l’Ivass sembra voler abbassare la guardia.

In queste settimane sono state numerose le imprese che, in occasione della presentazione delle relazioni, hanno dichiarato di essere pronte a riconoscere agli azionisti dividendi più ricchi del passato, grazie a un andamento positivo dei nove mesi, non solo in termini di raccolta (in particolare nel Vita, che ha vissuto un vero e proprio boom con 77 miliardi rastrellati da gennaio a ottobre), ma anche di conto economico. Generali , per esempio, ha annunciato al mercato di voler superare il precedente limite del 40% del payout, visto che grazie al riassetto del gruppo avviato dal ceo Mario Greco l’indice di Solvibilità ha già superato la soglia del 160%. Unipol  ha fatto sapere che si attesterà su una cedola pari al 60-80% dei profitti e anche Cattolica, presentando il bilancio di settembre con un utile di gruppo in crescita del 51%, ha annunciato ai suoi soci un ricco dividendo per l’anno prossimo. Dichiarazioni che devono avere destato l’attenzione di Rossi, perché se è vero che le compagnie italiane hanno dimostrato stabilità patrimoniale, è altrettanto vero che nei mesi a venire le sfide non mancano. Gli stress test sono stati effettuati sui bilanci 2013 e soprattutto con regole di Solvency II sono ancora in fase di definizione. Bisogna, per esempio, stabilire i dettagli su meccanismi come il volatility adjustment (pensato per ridurre gli effetti di alti spread sui titoli governativi) o, ancora, il peso che i titoli governativi avranno sugli accantonamenti di capitale per i titoli governativi. Si tratta di questioni molto rilevanti per le compagnie assicurative italiane, che potrebbero far variare di molto le richieste di capitale per le imprese stesse. «Le decisioni che verranno assunte in materia di destinazione degli utili e di corresponsione della componete variabile della remunerazione agli esponenti avranno molta rilevanza in questo quadro (quello di Solvency II, ndr)», sottolineano dall’istituto di controllo. C’è poi da considerare che in una situazione di debolezza economica persistente i bassi tassi d’interesse sarebbero destinati a durare a lungo, rendendo più difficile per le compagnie onorare gli impegni presi nei confronti degli assicurati che hanno acquistato polizze Vita tradizionali, quelle che garantiscono un rendimento minimo, oggi pari all’1,75%. Resta anche da capire quanto potrà durare ancora il boom della raccolta nel ramo Vita, se non ci sarà ripresa economica. Interrogativi che hanno spinto l’Ivass a chiedere alle imprese di lasciare del buon fieno in cascina, in attesa di un quadro più chiaro. (riproduzione riservata)