Con la riforma del condominio è stata consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, solare termico ecc.) destinati al servizio di singole unità immobiliari sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.

Se un condomino utilizza detti spazi di proprietà esclusiva non ci sono particolari problemi, ma non possono essere arrecati danni alle parti comuni (per esempio collocando i pannelli in giardino davanti alla finestra delle scale con conseguente riduzione della luminosità), né è possibile creare fastidiose immissioni luminose tali da obbligare i vicini all’inevitabile chiusura degli infissi: in tal caso infatti questi ultimi possono rivolgersi al giudice per richiedere la modifica dell’inclinazione dei pannelli in modo da evitare la riflessione della luce solare. In ogni caso deve essere rispettato il decoro architettonico dell’edificio. Tale limite, nonostante il silenzio del legislatore, a differenza di quanto prescritto per l’installazione di antenne private, dovrebbe riguardare pure l’installazione di impianti fotovoltaici. Del resto tale conclusione sembra trovare indiretta conferma nella legge di riforma della disciplina condominiale che prevede, a tutela della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio, che l’assemblea condominiale possa prescrivere modalità alternative di esecuzione dei lavori o imporre cautele.

Pannelli solari e modifiche alle parti comuni. Merita di essere precisato che se il singolo condomino intende realizzare gli impianti sopra indicati è libero di agire senza interpellare l’amministratore e poi l’assemblea. Ciò è particolarmente evidente se gli impianti sono realizzati nella sola struttura immobiliare di chi è titolare dell’alloggio al cui servizio sono destinati: in tal caso non essendovi alcuna invasione nelle parti collettive il diritto di proprietà dell’alloggio permette al singolo di eseguire i lavori in piena libertà.

Esiste però un’eccezione a questa regola. Qualora l’installazione degli impianti richieda necessariamente modificazioni delle parti comuni, l’interessato deve darne comunicazione all’amministratore, indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. Se si presume che, nella quasi totalità dei casi, il condomino non sia un tecnico professionista, questa comunicazione dovrebbe essere accompagnata da una relazione tecnica che evidenzi quanto prescritto dalla norma. La stessa ha quindi lo scopo di permettere all’amministratore e all’assemblea di evidenziare all’interessato un eventuale intervento sostitutivo rispetto a quello preventivato di contenuto meno invasivo per le parti condominiali coinvolte.

 

I poteri dell’assemblea. L’assemblea può intervenire e imporre, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’installazione dei pannelli alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.

Tale disciplina coglie quindi in pieno l’esigenza di tutelare l’estetica e l’aspetto architettonico dell’edificio. Tuttavia non si comprende perché occorra una maggioranza così alta, vista la necessità di tutela dell’interesse della collettività a fronte di quello di un singolo condomino. Poiché si tratta di una forma di tutela dell’edificio da eventuali danni che potrebbero derivare a causa dell’intervento del singolo, a rigor di logica sarebbe stato più corretto prescrivere le ordinarie maggioranze dell’assemblea di prima e seconda convocazione.

 

La ripartizione del lastrico. Uno degli aspetti più problematici dell’installazione da parte del singolo di pannelli solari (fotovoltaici o solare termico) sul tetto o su altre parti comuni riguarda la necessità di garantire, ai sensi dell’art. 1102 c.c., il pari utilizzo agli altri condomini.

Certo è che non è possibile occupare in via permanente tutto o quasi il lastrico o il cortile o il tetto. Per questo motivo è tecnicamente impossibile, per esempio, che in un palazzo di dieci piani tutti i condomini possano utilizzare il tetto per posare i propri pannelli solari in quanto lo spazio non è sufficiente. In altre parole, ciascun comproprietario potrebbe avere interesse a installare pannelli per produrre energia, ma potrebbe non essere sufficiente per tutti la superficie a disposizione, o sopportabile dalla struttura il peso di più impianti ecc. Dette eventualità fanno sì che la disponibilità dell’installazione non sia affatto scontata, ma debba essere valutata caso per caso, considerando la volontà e gli interessi di tutti i condomini.

In effetti è vero che il singolo condomino può usare la cosa comune a suo piacimento, secondo le proprie necessità e convenienze, e nella sua interezza, indipendentemente dal fatto che sia titolare di un piccolo o grosso appartamento, ma ciò non deve però danneggiare gli altri condomini. In quest’ottica è molto importante quanto affermato dalla legge di riforma del condominio, la quale prevede che l’assemblea, a richiesta degli interessati, proceda a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto, che si potranno eventualmente comprimere, ma non sopprimere del tutto.

© Riproduzione riservata