di Anna Messia

Ricavi in crescita a 30 miliardi (dai 26,3 miliardi del 2013), redditività di nuovo in crescita dopo il declino degli ultimi anni (1,4 miliardi di ebit nel 2013), investimenti in tecnologia per 3 miliardi di euro, oltre a un incremento, da 20 a 30 milioni, delle carte di pagamento, con la raccolta di risparmio che dovrà salire da 430 a 500 miliardi. 
Sono questi i numeri salienti del piano quinquennale 2015-2019, annunciato ieri al mercato dall’amministratore delegato Francesco Caio, che proietta Poste Italiane verso il 2020. Traguardi ambiziosi, non tanto in termini di crescita dei volumi, ma piuttosto perché lo sviluppo dovrà essere accompagnato da un profondo cambiamento nella strategia del gruppo, che opera in un mercato in cui le difficoltà sembrano aumentare. Per quanto riguarda il risparmio, per esempio, il nuovo amministratore delegato di Poste, chiamato dal governo Renzi nel maggio scorso per guidare il gruppo verso la privatizzazione, ha chiarito che la sfida sarà spiegare agli italiani che, con i tassi d’interesse ai minimi storici, dovranno imparare a investire in strumenti un po’ più rischiosi rispetto al passato, in modo da ottenere rendimenti accettabili, visto che Bot e Btp che non danno più ritorni adeguati. «In un mondo a tasso zero dovremo avvicinare di più gli italiani a strumenti in grado di generare ritorni soddisfacenti i», ha detto Caio, «come polizze di ramo III (quelle che investono in fondi comuni, ndr) o fondi d’investimento». 
Oltre a questo, il gruppo vuole sviluppare l’offerta assicurativa, puntando su previdenza, salute e polizze per la casa, arricchite da nuovi strumenti offerti dall’era digitale. Proprio a quest’ultimo riguardo la sfida più impegnativa che si prospetta davanti alle nuove Poste Italiane appare quella di accompagnare l’Italia, cittadini, imprese e pubblica amministrazione, verso la digitalizzazione del Paese, con il gruppo che dovrà confrontarsi sempre di più con colossi del web come Google, Facebook e Apple, che si stanno attrezzando per offrire per esempio, servizi di pagamento e prodotti finanziari. «L’Italia è un fanalino di coda nel settore dell’e-commerce», ha dichiarato ieri Caio, «Vogliamo aiutare le imprese a entrare in questo ambito, che per noi significa logistica dei pacchi e di ultimo miglio, cioè la capacità del portalettere di consegnare e ritirare pacchi dai nostri clienti. Significa inoltre combinare la logistica con strumenti di pagamento, come Postepay o Postepay evolution, e offrire ai consumatori la consegna dei pacchi ordinati online direttamente a casa o presso l’ufficio postale a loro più vicino». L’altro tassello fondamentale da sistemare riguarda il servizio postale universale che, se non rivisto, rischierebbe di mettere in difficoltà l’intero gruppo. Le slide presentate ieri da Caio indicano per quest’anno sul segmento postale un ebit negativo per circa 750 milioni, che nel 2019, potrebbe tradursi in un rosso di 1,5 miliardi. «Il piano Poste 2020 non può prescindere da un ripensamento del servizio universale postale adeguato alle nuove esigenze delle famiglie», ha aggiunto l’ad, «benché, voglio sottolinearlo, non c’è Poste Italiane senza la posta». La legge di Stabilità, per riequilibrare l’andamento del comparto, ha reintrodotto la posta ordinaria, che potrà essere consegnata in quattro giorni, mentre quella prioritaria andrà recapitata in un giorno, oltre a prevedere il recapito a giorni alterni nelle aree non densamente popolate, allargandolo da un ottavo a un quarto della popolazione. Misure utili a compensare tra l’altro il taglio della remunerazione riconosciuta dallo Stato per il servizio universale, scesa da 350 milioni a 262,4 milioni. A questo punto tocca però all’Autorità di controllo di settore, l’Agcom, fissare i prezzi dei servizi di posta ordinaria e prioritaria e dare l’ok a Poste sul piano di consegna a giorni alterni, ed entro marzo andrà poi firmato il nuovo contratto di programma 2015-2019. Solo dopo questo passaggio il piano di Poste potrà essere completato in ogni dettaglio e a quel punto il gruppo potrebbe essere finalmente pronto per l’avvio della privatizzazione. (riproduzione riservata)