Pagina a cura di Daniele Cirioli  

 

Dal Jobs Act un mercato del lavoro con più tutele per i lavoratori. La ricetta: abrogazione delle co.co.co. Con la messa in soffitta delle collaborazioni, infatti, succederà che l’assunzione tipo avverrà con il contratto di lavoro subordinato (cioè quello dipendente). Il quale, a differenza delle co.co.co., dà al lavoratore il diritto pieno a una pensione e alle altre tutele: dalla malattia alle ferie, dalla maternità allo sciopero. Certo, ci sarà meno stabilità del posto del lavoro, per via delle modifiche all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Ma la minore stabilità viene assai mitigata dagli ammortizzatori sociali. Chi perde il lavoro, infatti, può contare sull’indennità di disoccupazione (Aspi) che dura dagli 8 ai 14 mesi (dai 10 a 16 mesi l’anno prossimo), più l’eventuale periodo aggiuntivo garantito dai nuovi Fondi di solidarietà: un valido sostegno economico per il tempo necessario a trovarsi un nuovo lavoro.

 

La delega di riforma. Per ora la riforma Jobs Act è ancora in stato embrionale. Si conoscono i principi, spesso non del tutto chiari e incontrovertibili, che una volta approvati in legge delega andranno declinati in decreti attuativi.

È solo allora, pertanto, che si potrà capire la reale incisività delle nuove disposizioni.

Il ddl delega ha ricevuto l’ok dalla camera il 25 novembre, dopo averlo arricchito con alcune modifiche rispetto all’originario testo del senato.

Senato presso il quale è ritornato per ricevere il via libero definitivo e che ha in programma la discussione a cominciare dal 2 dicembre. Tra le tante novità introdotte alla camera, quelle più significative per l’incisività che producono sul mercato dal lavoro sono due: il superamento delle collaborazioni coordinate e continuative nell’ambito della delega di riordino dei contratti di lavoro flessibili; la parziale marcia indietro sull’abrogazione totale dell’art. 18 (si veda box in pagina).

 

Quattro specie di collaboratori. Con la riforma Fornero del mercato del lavoro (legge n. 92/2012 in vigore dal 18 luglio 2012), le tipologie di rapporti di collaborazioni coordinate e continuative sono diventate quattro: una in più rispetto a quelle vigenti all’indomani della riforma Biagi. Costituiscono la c.d. area della «parasubordinazione» e, in particolare, sono:

1. le co.co.co., ossia le collaborazioni pure escluse dal disciplina del lavoro a progetto;

2. le co.co.pro., ossia le collaborazioni a progetto soggette alla disciplina del lavoro a progetto;

3. le mini co.co.co, ossia quelle collaborazioni di breve durata (massimo 30 giorni) e che, per tale ragione, sono escluse dalla disciplina del lavoro a progetto;

4. le co.co.pro. con partita Iva, ossia una normale collaborazione a progetto (co.co.pro. come nel passato) con l’unica differenza relativa al possesso, da parte del collaboratore, della posizione Iva (Partita Iva).

 

Addio alle co.co.co. Tutti questi rapporti/contratti andranno in soffitta. Per conoscere i dettagli (cioè in che modo e quando avverrà il «superamento» che con molta probabilità avverrà in maniera graduale), tuttavia, bisognerà attendere i decreti attuativi. Intanto che ci sarà questo definitivo addio, ai collaboratori viene esteso il riconoscimento pieno all’Aspi e a un compenso orario minimo.

Per anni le «co.co.co.» hanno mostrato il volto della flessibilità e dell’occupazione senza tutele (non a torto). Non hanno mai avuto definizione normativa e, originariamente, il campo di applicazione era limitato alle «attività di natura intrinsecamente artistica o professionale». Nel 2001 arriva la prima riforma: il collegato fiscale alla Finanziaria (art. 34, dlgs n. 342/2000) elimina il requisito «artistico professionale», con conseguente estensione ad attività manuali e operative. È una deriva: muratori, operai, camerieri si trasformano in neoprofessionisti con scarse tutele retributive e contributive. Ad arginare il problema ci prova la riforma Biagi, nel settembre del 2003 (dlgs n. 276/2003), introducendo il contratto di lavoro a progetto al fine proprio di proteggere i lavoratori e di limitare l’utilizzo improprio delle collaborazioni. Infine, la riforma Fornero (legge n. 92/2012) tira l’ultimo freno con l’introduzione di «presunzioni», assolute e relative, allo scopo di frenare le finte collaborazioni con mono-committenti.

Stavolta l’addio potrebbe essere definitivo, perché si dispone il «superamento» delle collaborazioni coordinati e continuative in due circostanze. La prima, in occasione della «universalizzazione del campo di applicazione dell’Aspi», prevedendo l’estensione anche «ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al suo superamento, e con esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito». La seconda in occasione dell’introduzione, in via sperimentale, del compenso orario minimo applicabile ai rapporti aventi a oggetto una prestazione di lavoro subordinato nonché, «fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa».

 

Più tutele per i lavoratori. La tipologia d’impiego (il contratto di lavoro) è il destino dei lavoratori. Avere un posto da dipendente piuttosto che da collaboratore è un’alternativa non irrilevante per la situazione soggettiva del lavoratore.

E ciò sia dal punto di vista dell’impiego e del vivere quotidiano che in prospettiva futura, cioè della pensione. Questo destino lavorativo può essere osservato con riferimento a tre aspetti principali: la stabilità del posto di lavoro; le tutele assistenziali, cioè gli ammortizzatori sociali; la garanzia previdenziale, cioè pensionistica (si veda tabella).

Come si vede, le tutele sono sempre maggiori nel caso di lavoro dipendente. Con la messa in soffitta delle collaborazioni, allora, aumenteranno le tutele a tutti i lavoratori, soprattutto quelli più giovani, con la trasformazione del contratto di lavoro subordinato in «assunzione tipo» (unica possibile).

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