di Andrea Pira

Il piano industriale ha fissato gli obiettivi di fondo. Ma per Pietro Giuliani quei numeri si possono anche superare. Questo il messaggio lanciato ieri dal presidente e ad di Azimut  da Saõ Paulo, dove ha presentato l’iniziativa del gruppo in Brasile. Così, se nel piano a cinque anni presentato un mese fa si prevede che l’estero incida per almeno il 10% dei 50 miliardi di euro di masse fissati come target per il 2019, Giuliani ha alzato l’asticella al 15%. La leva dovrebbe arrivare anche per merito dell’espansione in Australia, annunciata con l’acquisto del 93% di Next Generation Advisory (Nga), newco australiana costituita per consolidare realtà di consulenza finanziaria che offrono servizi di asset allocation a clienti retail, high net worth e istituzionali locali. Il gruppo prevede investimenti nel Paese per 70 milioni nei prossimi 12 anni alla media di 5,5 milioni di euro l’anno con l’obiettivo finale di 5,3 miliardi di masse. Gli investimenti in Australia seguono i 90 milioni già puntati sull’espansione all’estero, dall’America Latina all’Asia orientale, «con spirito pionieristico». Giuliani ha paragonato la situazione del mercato trovato nei Paesi in cui Azimut  opera, in particolare in quelli dell’America Latina, Messico e Brasile, a quella italiana di 30 anni fa. «Il nostro è un progetto a lungo termine che poggia sulla forza e sulla solidità dell’industria del risparmio gestito in Brasile, la giovane popolazione del Paese e la sua mobilità sociale», ha spiegato. «Oltre il 90% di tutti gli investimenti e risparmi brasiliani è nella mani delle maggiori banche del Paese. Di conseguenza riteniamo che nei prossimi due decenni i brasiliani affideranno molti dei loro investimenti a una gestione professionale». A distanza di un anno dalle prima partnership siglata in Brasile la società di asset management Legan, specializzato in prodotti ad alta volatilità, con la joint venture siglata con Azimut  ha visto le masse aumentare del 40%. Nel suo piano industriale Azimut ha indicato l’obiettivo di raddoppio dell’utile netto, dai 156 milioni di euro del 2013 (per il 2014 ci si attende tra 150 e 160 milioni, con il terzo trimestre chiuso a 123,8 milioni). A livello di raccolta netta media annua si ipotizza che oscilli tra 2 e 2,5 miliardi l’anno. Un piano ambizioso che il gruppo sottolinea fare seguito ai due piani precedenti, conclusi positivamente malgrado gli scetticismi iniziali, con target superati. Ad esempio già a luglio è stato raggiunto il target per le masse totali, inizialmente fissato a 27 miliardi di euro, due in meno dei 29 miliardi effettivi raggiunti. Per quest’anno il dividendo auspicato da Giuliani dovrebbe attestarsi al 60% dell’utile, tenendo tuttavia presente l’accordo raggiunto con raggiunto con il fisco (come indicato nell’altro articolo). Saldato il contenzioso pur ribadendo la correttezza del proprio operato, il gruppo ha però voluto sottolineare di ritenere il 15% come un tax rate sostenibile. (riproduzione riservata)