Si avvicina il fine anno ma prima di mettere in archivio il 2014 è necessario ricordarsi di un eventuale adempimento con riferimento alla previdenza complementare. La normativa prevede infatti che entro il 31 dicembre 2014 gli aderenti hanno l’onere di segnalare al proprio fondo pensione o pip i contributi, versati nel 2013, eventualmente non dedotti nelle dichiarazioni dei redditi di quest’anno (730 o Modello Unico). Potrebbe essere per esempio il caso di versamenti effettuati per un importo superiore al limite annuo di deducibilità pari a 5164,57 euro. Qual è il beneficio? In base a tale comunicazione il fondo pensione-pip esenterà in sede di tassazione della prestazione finale la quota corrispondente ai contributi non dedotti. Sulla parte imponibile è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15% ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione. La logica è quella tipica della unicità della tassazione. Se l’iscritto ha dedotto i suoi contributi annui significa che oggi ha risparmiato in termini di Irpef ed è quindi giusto che venga tassato a scadenza, se non ha dedotto è equo che venga esentato in sede di pensionamento. L’occasione è poi utile, anche in considerazione dell’iter parlamentare del disegno di legge di Stabilità, per riepilogare quale sia il regime fiscale della previdenza complementare, argomento ancora abbastanza oscuro nell’immaginario collettivo del risparmiatore italiano (secondo l’ultima indagine Censis- Covip solo l’11,8% degli Italiani è a conoscenza dei vantaggi fiscali dei fondi pensione). Il sistema previdenziale italiano è strutturato sul modello Ett (Esenzione contribuzione-Tassazione rendimenti-Tassazione prestazioni). Tra i Paesi Ocse l’Italia è l’unico Stato che adotti tale modello assieme a Svezia e Danimarca mentre gran parte dei Paesi, soprattutto europei, applica il modello Eet esentando cioè la fase di accumulo. Partendo allora dalla fase di contribuzione, i versamenti effettuati sia dal lavoratore che dal datore di lavoro, sono deducibili dal reddito per un importo non superiore a 5.164,57 euro annui. Sono deducibili poi, sempre entro questo limite i contributi versati nell’interesse delle persone fiscalmente a carico. Approfondimento merita anche il caso dei lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del decreto 252/2005 (1° gennaio 2007) a beneficio dei quali, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei 20 anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, di dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro. Pertanto l’importo massimo annuale complessivamente deducibile è di 7.746,86 euro. I rendimenti della previdenza integrativa sono tassati poi per maturazione con aliquota dell’11% (per il 2014 al momento si applica solo per quest’ anno l’11,5%, un rincaro introdotto lo scorso luglio insieme all’aumento sul prelievo delle rendite finanziarie dal 20 al 26%). Ma nuovi rincari sono in vista. In base al disegno di legge di Stabilità, approvato dalla Camera e ora in discussione al Senato, si prevede a partire dal 2015, l’innalzamento dall’11,5 al 20% dell’aliquota di tassazione del rendimento netto maturato su base annuale dalle gestioni dei fondi pensione. Più di un segnale lascia però presagire che il 20% possa essere ridotto nel percorso parlamentare (si ipotizza una aliquota presunta tra il 17 e il 20%). Va ancora sottolineato l’esenzione da imposta di bollo e dalla Tobin Tax oltre alla non rilevanza della posizione accumulata ai fini Isee, l’indicatore della situazione patrimoniale del contribuente che serve per accedere a una serie di servizi sociali. (riproduzione riservata)