Oliver Wyman ha recentemente pubblicato il report Women in Financial Services, dal quale emerge che il settore dei servizi finanziari deve cambiare passo per colmare il gap di genere, considerato che nel 2013 soltanto il 4% dei CEO e il 13% dei componenti dei comitati esecutivi delle principali società di servizi finanziari erano donne. In Italia, in particolare, la percentuale di donne era del 7%, mentre fra i Paesi con le percentuali più alte troviamo Norvegia, Svezia, Australia e Russia (tutti con una percentuale pari o superiore al 20%). In fondo alla lista il Giappone, dove le donne sono quasi del tutto assenti dai comitati esecutivi. L’industria ha fatto già dei passi in avanti, ma è solo lavorando sulla cultura dominante, sugli atteggiamenti discriminatori inconsapevoli e sui modelli di lavoro che un’effettiva parità nella guerra dei talenti potrà essere raggiunta.

L’indagine considera il numero di donne nei consigli di amministrazione e comitati esecutivi di oltre 150 aziende leader a livello globale. La rappresentanza femminile nei board è aumentata di due terzi negli ultimi 10 anni; il 20% dei componenti dei CdA è ora composto da donne. Tuttavia, la rappresentanza femminile nei comitati esecutivi resta molto più bassa, intorno al 13%, e sta aumentando più lentamente. Nelle funzioni di supporto, infrastrutture, operations e controllo la presenza femminile ha fatto registrare progressi, ma solo l’11% delle posizioni con responsabilità di conto economico, l’8% dei Chief Financial Officer e il 4% dei Chief Risk Officer sono coperti da donne.

“Il settore dei servizi finanziari perde una parte importante dei migliori talenti disponibili sul mercato”, commenta Giovanni Viani, partner di Oliver Wyman e responsabile del mercato South East Europe. “La

diversity migliora il processo decisionale, la performance, la sostenibilità, il servizio e nel lungo periodo i profitti. Le imprese con team di gestione meno diversificati hanno minori capacità di guardare ai problemi da diverse angolazioni. Ciò è particolarmente importante per un settore che ha recentemente subito scandali conseguenti anche ad una leadership incontrastata ed al pensiero unico di gruppo. Il passo del cambiamento è troppo lento.”

Women in Financial Services evidenzia che negli Stati Uniti le donne hanno meno della metà delle possibilità di passare dal middle al senior management rispetto ai colleghi maschi, percentuale più bassa rispetto a quella di altre industrie. Dal report emerge anche che uomini e donne che lavorano nei servizi finanziari percepiscono in maniera differente sfide e importanza della gender diversity.

Il report sottolinea, infine, che gli attuali modelli di lavoro non favoriscono le carriere femminili. Una cultura che prevede orari prolungati e frequenti contatti personali svantaggia chi desidera lavorare in maniera più flessibile per accomodare le proprie esigenze lavorative e familiari. Le donne con potenzialità hanno minori probabilità degli uomini di essere sponsorizzate o guidate dai propri superiori e faticano a trovare modelli a cui ispirarsi. Molte società hanno già investito tempo ed energie in iniziative volte a promuovere la diversità di genere, ma bisogna fare molto di più. Per avere successo la diversity deve passare dall’essere un possibile progetto delle risorse umane a requisito indispensabile per comporre la leadership delle società di servizi finanziari. Il report si conclude suggerendo sei misure che possono aiutare ad affrontare gli squilibri:

1. “Cambiare” l’industria, non le donne: sfidare atteggiamenti discriminatori consapevoli e non

2. Creare equilibrio fra i generi a valle dei CdA: favorire esperienze manageriali complete (responsabilità di business) nei percorsi di carriera femminili prima di quanto si faccia adesso

3. Attuare pratiche family-friendly – per tutti e non solo per le donne

4. Favorire il rientro nel settore di chi ha passato un periodo lontano dal lavoro

5. Sponsorizzare esplicitamente e attivamente le donne da parte degli attuali vertici aziendali

6. Adottare, comunicare e perseguire obiettivi quantitativi di parità di genere