Pagina a cura di Giuseppe Di Vittorio  

L’Italia è fuori dalla recessione. Il quarto trimestre del 2013 si chiuderà con un pil pari a +0,1% rispetto al trimestre precedente. Verrà invertita una delle peggiori sequenze negative del prodotto interno lordo della storia economica tricolore. Le conferme sono arrivate ieri con il dato positivo della produzione industriale +0,5% trimestre su trimestre.

Siamo stati capaci di inanellare otto trimestri consecutivi di pil negativo (più uno con pil pari a 0). Il decimo non ci sarà. Vanno subito chiarite alcune cose per evitare sollevazioni e obiezioni. Si tratta di un dato modesto ma dall’alto valore simbolico e psicologico. L’Italia non vede la crescita dalla seconda metà del 2011, quasi due anni e mezzo. In seconda battuta per parlare di ripresa economica tecnica devono esserci almeno due trimestri consecutivi di pil positivo. Luca Mezzomo, macro economista di Intesa Sanpaolo, uno degli osservatori più attenti alle dinamiche del ciclo italiano, stima un possibile errore nella stima delle crescita al 90%. Un valore che per gli statistici si avvicina alla quasi certezza.

La previsione positiva di Intesa Sanpaolo sarebbe confortata anche dagli uffici studi di altre blasonate banche d’affari.

Il pil è il dato macroeconomico più importante in assoluto, in media grazie a questa crescita molto modesta è legittimo attendersi che in media i fatturati di studi e piccole medie imprese arresteranno la caduta libera e al contrario già nella parte iniziale del prossimo trimestre potrebbero vedere qualche timido segnale di recupero. Sempre in media studi e piccole medie imprese nel primo trimestre del 2014 dovrebbero vedere una crescita dell’entrate fra l’1 e il 2%.

Purtroppo una simile percentuale di crescita non è sufficiente a smuovere l’occupazione. Il mercato del lavoro, come spiegano gli economisti specializzati sugli scenari macro, è l’ultimo a beneficiare dell’ascesa della produzione. Imprese e Studi cercano di soddisfare prima la capacità produttiva inutilizzata prima di fare nuove assunzioni. La caduta dell’occupazione dovrebbe arrestarsi o dovrebbe avere una flessione più mite. Occorre una crescita su base annua compresa almeno fra l’1,5% e il 2% per abbassare di 1% l’attuale tasso di disoccupazione ora «inchiodato» al 12,50%.

 

Da dove soffia il vento. Le obiezioni al dato positivo con il quale chiuderemo il trimestre in corso tuttavia non sono finite. In molti si chiederanno come è possibile archiviare un trimestre con il segno più con il pesante clima di sfiducia che si respira nell’economia tricolore? Semplice il vento positivo arriva dall’estero e a beneficiarne è solamente il settore manifatturiero. La bilancia commerciale, la differenza fra esportazioni e importazioni, sta offrendo un contributo positivo al pil doppio rispetto alla media della crescita attesa per il trimestre in corso +0,1%.

Nel mese di novembre l’indicatore pmi dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero, uno degli algoritmi più sensibili al ciclo economico ha segnato un ulteriore balzo in avanti a 51,4 da 50,7 del mese di ottobre. Cinquanta è considerata dagli economisti una sorta di spartiacque fra la recessione e l’espansione della produzione industriale, una delle componenti fondamentali del pil. Si tratta del valore più alto da circa due anni e mezzo. La crescita del pmi manufatturiero, come detto, va quasi integralmente attribuita agli ordini esteri. Questi ultimi sono risultati ai massimi da marzo del 2011.

 

Così i settori. Le piccole e medie imprese orientate all’export stanno già quindi beneficiando appieno della ripresa. ItaliaOggi è anche in grado di offrire uno spaccato dell’andamento tendenziale dell’economica. In tesa a tutti i settori in tema di ripresa c’è il settore farmaceutico +10%, poi abbiamo le apparecchiature elettriche e il settore alimentare con performance chiaramente a una cifra.

Stanno decisamente peggio invece il settore del mobile, penalizzato dal cattivo andamento dell’edilizia e quello della raffinazione -5%.

 

Così il futuro. A questo punto resta da capire che fare per irrobustire la crescita? La risposta quasi paradossale forse è nulla. Nel senso che siccome, come precisato, la corrente positiva arriva dall’estero le manovre possibili per agganciarla non sono tantissime. La crescita dovrebbe rafforzarsi per via dell’ascesa del prodotto interno lordo nei principali mercati di sbocco dell’Italia: Stati Uniti e Germania. Il primo dovrebbe registrare una performance nel corso del 2014 vicina al 2,6%, mentre il secondo dell’1,4%%. Certamente visto che si tratta di esportazioni una tasso di cambio più mite rispetto a quello attuale ci aiuterebbe ma proprio la Germania da un lato e gli Stati Uniti dall’altro non vogliono assolutamente vedere un euro più debole.

Sempre in tema di politica monetaria la riduzione dei tassi di interesse, a partire dallo spread, si sta espandendo anche se timidamente anche alle imprese grandi e medio piccole. Accanto a una riduzione dei seggi occorre però un aumento del credito, «cosa che avverrà solo con lo sviluppo della domanda interna», ha spiegato Mezzomo. Consumi e investimenti delle imprese non dovrebbero mancare l’appuntamento con il segno positivo già nei prossimi due trimestri.

Passando alla politica fiscale invece, il peso del debito cosi ingente non ci consente di fare profittevoli manovre di riduzione delle imposte. Conti non in ordine infatti avrebbero ripercussioni immediate sull’aumento dei tassi e quindi sulla crescita. Sicuramente però va evitato qualsiasi inasti mento della pressione fiscale, ma questo è oramai chiaro quasi a tutti.

© Riproduzione riservata