Ai fini del rimborso delle spese legali sostenute da un pubblico dipendente, affinché sia ravvisabile una connessione tra la condotta tenuta e l’attività di servizio del dipendente, è necessario che la suddetta attività sia tale da poterne imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente alla Amministrazione di appartenenza, poiché il beneficio del ristoro delle spese legali richiede un rapporto causale con una modalità di svolgimento di una corretta prestazione lavorativa le cui conseguenze ricadrebbero sull’Amministrazione nè è sufficiente che l’evento avvenga durante e in occasione della prestazione; la mera connessione occasionale delle condotte con la qualifica di pubblico ufficiale non è, quindi, sufficiente ai fini dell’ammissibilità del rimborso delle spese legali, altrimenti dovendo farsi rientrare nel campo applicativo della norma tutte le imputazioni relative ai reati propri inerenti a condotte che trovino nel servizio la mera occasione di realizzazione.

È quindi legittimo il diniego espresso dal Ministero della difesa, in merito a una istanza avanzata da un carabiniere, tendente ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per la difesa in un procedimento penale, nel quale gli è stato contestato il reato di concussione, nel caso in cui, nonostante l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, non risulti alcuna connessione fra i fatti che hanno dato origine al procedimento penale e l’espletamento del servizio o l’assolvimento degli obblighi istituzionali.

Consiglio di Stato  sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190