di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Le polizze vita tradizionali stanno vivendo un nuovo boom di raccolta e fanno concorrenza ai titoli di Stato e alle altre forme di investimento a basso rischio. Questi prodotti contano su un fisco più leggero perché non sono assoggettati all’imposta di bollo e scommettono su formule che le rendano più appetibili.

Per esempio in molti casi lasciano all’investitore la possibilità di incassare i rendimenti, che altrimenti sarebbero capitalizzati. A differenza dei fondi comuni o delle gestioni in titoli questi contratti prevedono che ogni anno il rendimento sia consolidato e quindi garantito fino alla scadenza.

Da inizio anno a fine ottobre le polizze vita di nuova produzione hanno raccolto premi per 39,76 miliardi di euro. In particolare c’è stato proprio nel mese di ottobre un flusso netto positivo di 4,4 miliardi (+38% rispetto allo stesso periodo del 2012). Dai dati raccolti da Ania emerge che le polizze tradizionali (che appartengono al cosiddetto di ramo I) si confermano quindi la scelta prevalente degli assicurati, con un’incidenza di oltre l’80% della raccolta totale sia nel mese di ottobre sia da inizio anno. La gestione separata è in genere prevalentemente orientata al mercato obbligazionario e vi confluiscono i premi dei clienti che aderiscono a contratti a essa collegati. Queste gestioni sono tenute contabilmente distinte dalle altre attività della compagnia, a tutela dei risparmi degli assicurati.

Da sempre i canali che più spingono questi prodotti sono quelli bancari, ma negli ultimi anni anche i promotori finanziari fanno la loro parte. In ogni caso le polizze tradizionali restano un prodotto di punta grazie ad alcuni punti di vantaggio che presentano rispetto ad altri strumenti. In primo luogo sono esenti dall’imposta di bollo, requisito non da marginale visto che la legge di Stabilità in discussione in Parlamento prevede che dal 2014 tale tassa sarà aumentata dallo 0,15 allo 0,2%. Non è forse un caso che proprio all’avvicinarsi della fine dell’anno sia ripreso un fronte trend di raccolta. Non solo. Visto che queste gestioni investono buona parte dei loro portafogli in titoli di Stato, sono soggette all’imposta sul capital gain non del 20% ma del 12,5% per la quota di portafoglio destinata appunto ai titoli pubblici italiani ed esteri. Ad esempio, per la gestione separata Ri.Alto di Bg vita (gruppoGenerali) l’aliquota di tassazione del 2013 è del 15,33%. Senza dimenticare che il prelievo fiscale sulla plusvalenza è differito al momento del disinvestimento e non è previsto alcun prelievo sulla plusvalenza in caso di successione e nemmeno l’imposta di successione (prevista per importi superiori al milione di euro). Questo tipo di contratti gode anche dell’impignorabilità e non sequestrabilità. Inoltre restano fuori dall’asse ereditario, quindi si possono destinare le somme del contratto a persone diverse dagli eredi.

 

Dal punto di vista dei rendimenti, nel 2013 le gestioni separate hanno confermato un risultato lordo medio del 3,9%, in linea con quello degli ultimi anni.

Un trend che probabilmente sarà confermato anche nei prossimi anni. La volatilità del prezzo dei titoli non ha alcun impatto sui risultati perché il valore dei portafogli è calcolato al prezzo di acquisto e non in base al valore di mercato, come per i fondi comuni. Da qui la possibilità di esporre rendimenti più costanti nel tempo. Negli anni ’90, quando i tassi erano alle stelle, le gestioni separate riuscivano a rendere anche il 9-10% l’anno. Gradualmente questo rendimento si è ridotto e nell’ultimo decennio ci si è attestati tra il 3,5 e il 4%. Durante la crisi finanziaria che ha fatto salire i rendimenti dei Btp le compagnie hanno potuto far scorta di titoli che garantiranno ricche cedole nei prossimi anni.

Certo, con l’aumento della raccolta il tema di come allocare il portafoglio per garantire un flusso cedolare competitivo rispetto ai titoli di Stato resta. E non è un caso che sempre meno compagnie prevedano la garanzia di un rendimento minimo e nei casi in cui lo prevedono questo è comunque in media intorno all’1%. Anche se l’Ivass ha fissato al 2,5% l’asticella dei rendimenti massimi che possono essere garantiti nelle polizze in collocamento. Ma in realtà restano poche le compagnie che ancora fissano un rendimento garantito. Questo perché nei prossimi anni investire nei mercati obbligazionari sarà sempre più complesso. Da una parte, dopo anni di rally c’è un’inversione di trend che arriva dagli Stati Uniti, dove è in rialzo il rendimento dei titoli di Stato, che potrà avere conseguenze anche sui bond europei. E proprio l’Europa appare a un bivio tra rischio di ripresa inflazionista e la deflazione che invece minaccia i Paesi periferici dell’area euro.

Di fronte a uno scenario difficile da decifrare, gli assicuratori preferiscono non correre rischi e utilizzano come leva commerciale i rendimenti passati invece che la promessa di minimi garantiti per il futuro. La classifica dei migliori rendimenti lordi messi a segno nel 2013 tra le polizze che chiudono il rendiconto al 30 settembre vede in testa il fondo Europa di Cattolica assicurazione, con un rendimento lordo del 5,98%, seguito da Ri.alto previdenza di Genertellife (5,3%). Segue in classifica la gestione Previdenza di Vittoria assicurazioni con un rendimento del 5,27%. La tabella riporta i rendimenti lordo di un centinaio di gestioni che fanno il rendiconto a fine settembre. Un caso a parte è quello di Pramerica che ha un rendimento semestrale. In base al rendiconto al 30 giugno, Pramerica Previdenza ha registrato un risultato lordo semestrale del 2,69%, mentre Pramerica financial del 2,46%. «I prodotti assicurativi continuano ad attirare l’attenzione grazie alle performance positive realizzate dalle gestioni separate i cui rendimenti certificati si sono attestati in media al 4,46% negli ultimi 12 mesi, superiori quindi ai rendimenti dei Btp a tre e cinque anni», spiega Banca Generali, la cui produzione assicurativa di novembre è stata pari a 294 milioni, mentre il totale da inizio anno si attesta a 1,708 miliardi (+31% rispetto allo scorso anno).

 

Rispetto al rendimento lordo, il dato netto dipende dai singoli contratti, perché le polizze vita prevedono di riversare al sottoscrittore una parte del rendimento. Ci sono due modalità di trattenuta. Una parte delle compagnie retrocede al cliente l’80-85% del lordo, altre invece prelevano dal rendimento una commissione in media tra l’1 e l’1,5%. Per esempio nel caso della polizza Axa Mps Double protection il costo percentuale medio annuo per una durata decennale e la capitalizzazione delle rivalutazioni annuali è del 1,44%. Nel 2012 il tasso di rendimento minimo riconosciuto all’assicurato è stato del 1,84% contro un rendimento della gestione separata del 3,24%. A fine ottobre 2013 la gestione Mpv12 rendeva il 3,28%. Nel caso invece di Previr di Zurich, con un rendimento lordo del 4,1% è prevista una retrocessione del 3,6%.

Anche le commissioni sono una variabile importante da considerare perché le polizze vita collegate alle gestioni separate offrono garanzie di rendimento e sicurezza del capitale a fronte di determinati costi, tanto più se sono previste coperture assicurative, come il caso morte o invalidità. Intanto si punta anche sulla distribuzione della cedola per dare una marcia in più ai prodotti, sul modello di quanto hanno fatto le società di gestione con i fondi a cedola. Ma le compagnie stanno anche lanciando prodotti ibridi più aggressivi. I prodotti multiramo hanno al loro interno sia gestioni separate sia unit linked. Questa formula consente al sottoscrittore di passare da una all’altra gestione in regime fiscale conveniente. (riproduzione riservata)