L’istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera f), del d.lg. 30 aprile 1992, n. 285, non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso “parcheggio incustodito” è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (artt. 1326, primo comma, e 1327 c.c.), perché l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. (senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c., non potendo presumersene la vessatorietà), che l’utente può non accettare non essendo privo di alternative, sì che l’univoca qualificazione contrattuale del servizio – e della prestazione che lo caratterizza: parcheggio senza custodia – reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta, che peraltro, per disposizione normativa innanzi citata, deve esser predisposta in zona esclusa dalla viabilità e in relazione alla quale infatti la scheda metallica, che consente di immettervi il veicolo, è predisposta per misurare il tempo dell’utilizzazione dello spazio, non l’identificazione di colui che ritira l’auto.

Cassazione civile  sez. III, 19 novembre 2013 n. 25894