In caso di responsabilità medica per inesatto adempimento della prestazione, è a carico del paziente-danneggiato solo la prova dell’esistenza del contratto, del danno e del nesso di causalità con la condotta dei sanitari mentre resta a carico di questi ultimi provare che gli esiti dannosi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.

Ora, se il mancato raggiungimento del risultato non determina l’inadempimento, ove non sia consequenziale alla non diligente prestazione o alla colpevole omissione dell’attività sanitaria, deve tenersi presente che l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) consiste nell’aver tenuto un comportamento non conforme alla diligenza richiesta, non solo con riguardo alla corretta esecuzione della prestazione sanitaria ma anche con riferimento a quei doveri di informazione e di avviso, definiti prodromici e integrativi dell’obbligo primario della prestazione.

La considerazione torna utile perché la peculiarità dell’intervento convenuto in relazione alla sua specifica e particolare funzione, mirante ad impedire ulteriori, temute gravidanze, comportava necessariamente che l’obbligo di informazione, assunto dai sanitari, non si esaurisse nel fornire alla paziente generiche informazioni sull’intervento, che si intendeva eseguire, e sul carattere “irreversibile” della sterilizzazione, ma investisse altresì e soprattutto, in ragione dell’obbiettivo specificamente perseguito dalla paziente, i profili di incertezza che invece gravavano sulla definitività della sterilizzazione.

E ciò, specialmente in considerazione del particolare contesto temporale in cui l’intervento veniva eseguito, rientrando nel comune patrimonio delle conoscenze di un ginecologo – ma non anche di una paziente – che la legatura delle tube, eseguita in occasione di un parto cesareo, essendo i tessuti edematosi, non assicura l’irreversibilità della sterilizzazione e può risultare inadeguata ad impedire la discesa dell’ovulo quando i tessuti medesimi tornano in condizioni di normalità.

L’adempimento di tale obbligo informativo, da parte dei sanitari, avrebbe non solo evitato la violazione del diritto all’autodeterminazione della paziente, resa consapevole circa la non definitività della sterilizzazione e informata quindi, in maniera completa ed esaustiva, sul bilancio rischi-vantaggi derivante dall’intervento – non sussistendo alcuna valida autodeterminazione, senza l’informazione cui la paziente aveva diritto – ma le avrebbe altresì consentito di adottare, nel successivo decorso del tempo, le opportune misure nonché gli utili accertamenti e controlli clinici, atti ad impedire ulteriori gravidanze non volute.
Nella specie, non risulta invece, che tale informazione sia stata fornita. Anzi, dalla compiuta istruttoria risulta la circostanza esattamente contraria, vale a dire che ai due coniugi fu fatto sottoscrivere “un modulo nel quale i due coniugi….venivano informati della irreversibilità dell’intervento di sterilizzazione” .

Tale informazione era non solo inesatta ma addirittura fuorviante, così da incidere in maniera determinante sul valido e corretto processo formativo della volontà dei due coniugi in relazione alla scelta del momento – e del contesto operatorio – in cui eseguire la legatura delle tube.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, 24 ottobre 2013 n. 24109