Paolo Possamai

Trieste E rano fra i più determinati sostenitori dell’allora amministratore delegato Giovanni Perissinotto, sono oggi i tifosi più affettuosi di Mario Greco. Parliamo del gruppo di investitori veneti legati nella finanziaria Ferak e poi, incidentalmente, incrociati con la Fondazione Cr Torino. Tanto trasporto dipende dal fatto che i soci di Ferak hanno acquistato titoli del Leone, fin dal 2005, arrivando a pagarli anche 31 euro, tant’è che il valore di carico medio indicato a bilancio consiste in 28,9 euro. La distanza può apparire di primo acchito abissale rispetto ai corsi di Generali. Ma in effetti la partita è più complicata di quel che appare e il valore di carico per l’1,1% della compagnia triestina nel portafoglio di Ferak dal 2007 scende alla soglia di 23,3 euro in virtù della copertura attivata con strumenti strutturati. E se poi consideriamo che il veicolo Effeti – che fa capo per il 50,1% a Ferak e per il resto a Fondazione Cr Torino – ha acquistato il 2,2% di Generali a 18 euro, emerge che la media complessiva per la finanziaria vicentina sta attorno a 20 euro e mezzo. Da qui il tifo che gli ex supporter di Perissinotto dedicano a Greco, sotto la cui guida il gruppo assicurativo la scorsa settimana è arrivato a sfiorare i 17 euro a Piazza Affari. E dunque potrebbe finire sul mercato pure questa quota dopo quella piazzata due settimane fa da Intesa Sanpaolo e accanto a quelle annunciate in cessione da Mediobanca e Bankitalia. Che accadrà tra Vicenza e Torino quando l’azione del Leone salirà oltre la fatidica soglia dei 18 euro? Domanda semplice, risposta complicatissima perché condensa una serie di risposte discordanti tra loro. La discordanza discende dal fatto che a rispondere sono tante voci, che risalgono a strategie ed esigenze assai differenziate. Va considerato in primische Effetti funziona come una casa in cui i coniugi convivono forzatamente. Ferak e Fondazione Cr Torino hanno resa manifesta un anno e mezzo fa la loro irriducibile alterità proprio nella vicenda del siluramento di Perissinotto: mentre i veneti – guidati dall’amministratore delegato di Palladio Finanziaria, Roberto Meneguzzo – fino all’ultimo hanno tentato la difesa del capoazienda divenuto inviso a Mediobanca & c., il segretario generale di Fondazione Cr Torino, Angelo Miglietta, che sedeva nel board triestino in conto a Effeti, si è schierato sul fronte avverso. Rottura non ricomponibile, poiché attiene alla fiducia. Da Torino viene accreditata la tesi secondo cui non vi sarebbe in ogni caso alcuna fretta di vendere e nemmeno di dividere le sorti con Ferak. Ma la liquidazione del veicolo, non appena il titolo Generali avrà valicato quota 18, resta l’ipotesi più probabile. Ricordiamo che Effeti è nata nel 2010, per rilevare il 2,2% del Leone fino ad allora in mano a Unicredit: Ferak fece un aumento di capitale ad hoc per raccogliere 150 milioni, altrettanti li mise la Fondazione presieduta da Andrea Comba, poi Effeti accese un prestito obbligazionario subordinato da 100 milioni e un debito con Veneto Banca, che ha in pegno tutti i titoli, per mettere assieme l’assegno da 635 milioni necessario per pagare Unicredit. La situazione non è meno complessa in casa Ferak, posto che gli interessi degli azionisti famiglia Amenduni (38,8%), Palladio Finanziaria e Finanziaria Internazionale (entrambi detengono il 23,8%), Veneto Banca (9,9%) e famiglia Zoppas (3,7%) non appaiono più coincidenti come ai tempi della creazione della società. L’idea di fondo, alla nascita di Ferak nel 2007, era di costruire un salotto del Nord Est e, soprattutto, di unire le forze per poter avere peso specifico in seno a Generali. Risponde alla stessa logica l’allestimento di Effeti, che ha consentito di disporre di un membro del consiglio di amministrazione a Trieste. Quanto ai numeri che accompagnano l’avventura, Ferak tra una decina di giorni approverà il bilancio dell’ultimo esercizio, chiuso al 30 giugno scorso vicino alla soglia zero. Risultato assai differente dai 27,8 milioni di utile conseguiti nel 2012 e ancor più dai 51,1 milioni del 2011. In quest’ultimo caso, però, vi era stato il beneficio della chiusura anticipata del finanziamento legato alle operazioni Zero Strike Call (che hanno generato un profitto di 88 milioni). Gli strumenti strutturati a medio termine, che peraltro includevano diritti di voto che hanno portato Ferak a pesare fino all’1,7% del capitale Generali, unitamente ai dividendi delle due partecipate hanno consentito alla finanziaria presieduta da Maurizio Amenduni di arrivare ai giorni nostri indenne rispetto alla Grande crisi e anche alla detronizzazione di Perissinotto. Ferak non è governata da patti di sindacato, ha scadenza statutaria fissata al 2016 e allora i soci potranno decidere se sciogliere il veicolo e distribuire l’eredità (titoli di Generali e Mediobanca, in primis, con un patrimonio netto al 30 giugno 2012 indicato in 597 milioni)). Ma a Veneto Banca, per esempio, potrebbe fare assai comodo vendere non appena le azioni della holding assicurativa saranno sopra ai valori di carico, in modo da recuperare liquidità e svincolarsi da una partecipazione che non ha rilievo ai fini del patrimonio di vigilanza. Le due ispezioni di Bankitalia focalizzate sui crediti problematici del gruppo bancario capitanato da Vincenzo Consoli conducono infatti alla necessità di rafforzare il patrimonio per almeno 250 milioni di euro e a pitturare di rosso il bilancio come esito delle svalutazioni sui prestiti incagliati. Dalla sponda di Palladio, che è il luogo della regia di Ferak, emerge un’attitudine prettamente opportunistica: la decisione di vendere o tenere le azioni dipende dal loro andamento e dalla redditività che Greco saprà esprimere. Palladio non ha fretta di incassare e del resto, qualora liquidasse la posizione in Generali, dovrebbe trovare un nuovo e più profittevole obiettivo di investimento. Paradossalmente, a decidere le strategie di Effeti e Ferak sarà Mario Greco. Nelle foto scontornate in basso, Roberto Meneguzzo (a sinistra) e Giorgio Drago, i “registi” di Palladio Finanziaria