Di Angelo Di Mattia

Quando Bankitalia decise di dismettere il controllo nell’Italfondiario, dopo oltre un cinquantennio di coesistenza con la funzione di Vigilanza, per evitare l’immagine del conflitto di interesse, alienò l’interessenza alla Popolare di Novara, senza scambi azionari. Diversa è la condizione della partecipazione nelle Generali con il potenziale conflitto che sorgerebbe per le competenze nel controllo delle assicurazioni. Ovviamente la Banca è assolutamente libera di compiere la scelta che ritiene opportuna e tutelare in primis le proprie ragioni patrimoniali. Una cosa però è tagliare i ponti con la dismissione, altra cosa è affidare a terzi la gestione. In questa seconda ipotesi, ne appare problematico il conferimento alla Cdp, vigilata dalla Banca, ma anche alle sue partecipate, in quanto riproporrebbe il conflitto di interesse. Pure la dismissione con scambio di interessenze, se Bankitalia divenisse titolare di quote degli enti anzidetti, ricreerebbe lo status quo ante. E con azioni di altre società? Ma, poi, perché dismettere? Vi sarebbero altre strade, quale il fondo cieco con criteri generali fissati dall’Istituto ovvero lo scorporo per una gestione nettamente separata, senza poteri di intervento del Direttorio, secondo una configurazione che imiti rafforzandola quella dell’Uif. Ma esistono altre alternative. È ipotizzabile tuttavia che la Banca sorprenderà tutti facendo leva sulle sue competenze e progettualità. Improbo invece intervenire sulle partecipazioni (Generali ha oltre il 6%) nel capitale dell’istituto: il governo uscente non ha voluto abrogare la legge che intende nazionalizzarlo. Una vicenda assurda. (riproduzione riservata)