di Roberta Castellarin e Paola Valentini

La Tobin Tax, che scatterà dal 1° gennaio 2013, rappresenta l’ultimo tassello di una complessiva revisione delle imposte sugli strumenti di risparmio e investimento, che rendono oggi l’Italia un Paese po’ meno generoso nei confronti dei benestanti. Fino a qualche anno fa di fatto l’Italia era un paradiso fiscale per i risparmiatori, dal momento che vi si applicavano aliquote più basse rispetto al resto d’Europa. Poi la crisi e la necessità di reperire risorse per salvare i conti dello Stato hanno spinto prima il governo Berlusconi poi quello Monti a rivedere le aliquote sugli strumenti di investimento. L’imposta di bollo sul deposito titoli è aumentata ed è stata estesa a quasi tutti i prodotti finanziari indipendentemente dal collegamento o meno con un deposito titoli: da un fisso di 34,2 euro si è passati a un’aliquota dello 0,1% per il 2012 (con un minimo a 34,2 euro e un massimo a 1.200 euro) a una dello 0,15% senza alcun tetto dal 2013. Una sorta di mini-patrimoniale che non risparmia i conti di deposito ad alto rendimento. Fanno eccezione fondi pensione, polizze Vita rivalutabili e fondi sanitari. Private bank e family office ritengono che questa imposta senza alcun tetto non incentivi i risparmiatori a mantenere i capitali in Italia. E sottolineano le distorsioni introdotte con la nuova normativa. Per esempio, l’imposta di bollo si applica alle persone giuridiche, mentre l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero non si applica alle persone giuridiche. Conseguentemente le persone giuridiche che hanno titoli in deposito in Italia possono sottrarsi al bollo semplicemente spostando i titoli su un depositario estero. Il tutto in un momento in cui gli intermediari esteri giocano anche la carta della paura e consigliano ai risparmiatori di creare deposito in Paesi dell’area euro, come Austria o Germania, oggi considerati più sicuri, oppure nella sempre attraente Svizzera. Secondo molti gestori, invece, la tassazione dovrebbe essere disegnata in modo da incentivare gli italiani a tenere i propri risparmi in patria attraverso imposte differenziate: quindi aliquote più basse per i depositi in Italia e maggiori e senza limiti per chi deposita all’estero, anche tramite società fiduciarie. Secondo un importante family officer, «l’inquadramento generale del campo di applicazione dell’imposta di bollo è viziato da difetti strutturali, i più importanti dei quali sono: il presupposto di imposta è il deposito presso gli intermediari finanziari e il fatto che non si facciano distinzioni oggettive tra i titoli che fanno parte del risparmio finanziario e liquido e i titoli che rappresentano investimenti a lungo termine». Molti imprenditori hanno depositato presso gli intermediari finanziari le azioni e le obbligazioni societarie emesse dalle proprie aziende; tale pratica viene incontro a esigenze organizzative degli imprenditori, ma risponde anche a un’esigenza del sistema Italia di canalizzazione dei flussi, di tracciabilità e concentrazione sugli intermediari finanziari della gestione dello stock degli strumenti finanziari e dei flussi revenienti (cedole e dividendi). Secondo il family officer, «bisogna incentivare il deposito di tutti i titoli presso gli intermediari finanziari, sottraendo all’imposta di bollo i titoli che rappresentano le attività di impresa, perché dobbiamo aiutare gli imprenditori a intraprendere». Nella revisione delle tasse che riguardano il risparmio è entrata a gamba tesa anche la Corte di Giustizia Europea che con una sentenza ha stabilito che le commissioni sulle gestioni patrimoniali individuali devono essere soggette all’Iva. Da qui la scelta del governo di recepire nel decreto Stabilità questa nuova indicazione. In Italia le gestioni patrimoniali individuali rappresentano in molti casi uno dei prodotti principali per le private bank perché richiedono un investimento minimo più elevato rispetto alla sottoscrizione di quote di fondi comuni. Il nuovo balzello potrebbe spingere gli investitori ad abbandonare questo tipo di investimento per preferire fondi di fondi o polizze unit linked. Proprio riguardo alle polizze, neanche quelle di diritto estero sono passate indenni da questa nuova stretta fiscale sul risparmio. I rendimenti che derivano da contratti di assicurazione sulla vita, diversi da quelli aventi per oggetto il rischio di morte, di invalidità permanente e di non autosufficienza, nonché di capitalizzazione, sono soggetti all’imposta sostitutiva anche se corrisposti da soggetti non residenti a persone fisiche residenti nel territorio dello Stato non esercenti attività d’impresa. L’imposta sarà del 20%, Questo perché oggi tutte le rendite finanziarie, eccezione degli investimenti in titoli di Stato, non sono più tassate al 12,5 ma al 20%. (riproduzione riservata)