E’ stato chiesto l’avviso dell’ANIA in merito alle polizze contro il rischio di impiego ed in particolare all’applicazione dell’imposta sulle assicurazioni nelle fattispecie in cui il rischio assicurato è la perdita di impiego autonomamente considerata, cioè a dire quando l’evento dannoso non è visto in connessione con l’erogazione di un finanziamento al soggetto assicurato, e al trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi delle somme incassate in caso di sinistro.

Nel mercato si sta infatti diffondendo una nuova polizza di assicurazione per “perdita di occupazione”, non collegata ad alcuna forma di finanziamento, in base alla quale l’impresa di assicurazione si obbliga a corrispondere all’assicurato (lavoratore dipendente a tempo indeterminato) un indennizzo in caso di recesso, a carattere individuale o collettivo, esercitato dal datore di lavoro.

1. Come è noto, l’art. 14 della Tariffa, allegato A, annessa alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, disciplina le “assicurazioni dei rischi di impiego, diversi da quello di morte, connessi alla cessione del quinto dello stipendio”. Si tratta, prevalentemente, di coperture rilasciate a protezione del credito di banche e istituti finanziari che stipulano con persone fisiche contratti di prestito estinguibili mediante la cessione del quinto dello stipendio. In relazione ai premi pagati per tali coperture l’imposta torna applicabile con l’aliquota del 2,50 per cento.

Secondo la dottrina più autorevole in materia (Giammattei, Imposte sulle assicurazioni private, Milano, 1964), nella categoria dei contratti relativi alle “assicurazioni contro i rischi d’impiego connessi alla cessione del quinto dello stipendio” sono comprese le assicurazioni a favore del creditore per le quote di un prestito rimaste insolute a seguito della morte del debitore, assicurazioni cui si affianca la garanzia, sempre a favore del creditore, contro i diversi rischi d’impiego, considerato che di solito nel contratto confluiscono un’assicurazione sulla vita del debitore e un’assicurazione a garanzia della perdita dell’impiego per licenziamento o abbandono del posto di lavoro o della riduzione dello stipendio, entrambe con beneficiario il creditore.

Nel Prot. 127 del 21 aprile 2005, l’ANIA ha  rilevato come l’applicazione dell’aliquota del 2,5 per cento sia giustificata dalla garanzia contro la perdita d’impiego come primaria fonte dei mezzi finanziari necessari per soddisfare l’obbligazione derivante dal rapporto con il soggetto finanziatore e quindi a prescindere dall’istituto della cessione del quinto.

In merito alle polizze oggetto del quesito, l’ANIA ritiene che anche per esse trovi applicazione l’aliquota nella misura del 2,5 per cento, prevista dall’art. 14 della suddetta Tariffa per le “assicurazioni contro i rischi di impiego connessi alla cessione del quinto dello stipendio”.

Il citato riferimento della Tariffa alle assicurazioni del rischio d’impiego “connesse alla cessione del quinto dello stipendio” non deve ritenersi tassativo; l’applicazione di un’aliquota ridotta, quale quella del 2,5 per cento, si giustifica in funzione della finalità “previdenziale” sottesa all’assicurazione del rischio perdita del lavoro.

A ben vedere, infatti, considerato l’attuale contesto socio-economico, l’intento del lavoratore di costituirsi una sorta di “ammortizzatore sociale” in forma assicurativa emerge nel contratto con le sopra descritte caratteristiche così come nell’assicurazione del rischio di impiego avente funzione di garanzia del credito sottostante.

Inoltre il decreto legge 30 dicembre 1982, n. 953, razionalizzando il novero delle aliquote precedentemente elencate nella Tariffa allegata alla legge n. 1216 del 1961, ha stabilito, con l’art. 5, comma 14, l’applicazione dell’aliquota minima con riferimento, tra le altre, alle assicurazioni contro i rischi d’impiego tout court, senza cioè presupporre l’ulteriore connotazione della cessione del quinto, e quindi a prescindere dalla connessione con un finanziamento.

2. Nel caso in cui il lavoratore perda il suo impiego e si verifichi quindi il rischio assicurato, si pone il problema di stabilire il trattamento fiscale delle somme erogate al medesimo lavoratore dalla compagnia di assicurazione ed in particolare se esse rientrino nell’ambito applicativo dell’art. 6, comma 2, del TUIR, secondo cui ” … le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti. …”.

In merito all’assoggettamento a tassazione delle indennità sostitutive di reddito, l’ANIA ritiene che la norma citata presupponga l’esistenza di un nesso causale tra la perdita di reddito e l’indennità sostitutiva, per cui la locuzione “anche in forma assicurativa” sarebbe da collegare al soggetto obbligato al pagamento cioè al datore di lavoro che può tutelarsi mediante la stipula di una polizza assicurativa.

Pertanto, ove sia il datore di lavoro a stipulare una polizza al fine di assicurare comunque la retribuzione ai suoi dipendenti, non c’è dubbio che le somme erogate ai lavoratori, al verificarsi dell’evento, costituiscono un indennizzo sostitutivo del reddito di lavoro dipendente che, come tale, è soggetto a tassazione.

Qualora, invece, sia il dipendente a stipulare una polizza, utilizzando somme proprie – che peraltro non fruiscono di alcuna deduzione fiscale -, al fine di tutelarsi dal rischio di perdita del lavoro, l’indennizzo percepito non dovrebbe essere considerato sostitutivo del reddito di lavoro dipendente che avrebbe

erogato il datore di lavoro, per cui esso non potrà essere assoggettato a tassazione.

L’indennizzo, infatti, rappresenta l’adempimento di un contratto che due soggetti, in via autonoma, hanno stipulato tra loro, in funzione del quale la perdita del lavoro e del reddito, indipendentemente da ogni responsabilità del datore di lavoro, è l’evento dannoso che determina l’obbligo dell’assicuratore di erogare il risarcimento.

Fonte: ANIA