di Franco Canevesio  

 

«Sfido chiunque a ricordarsi ogni novità». È l’incipit che Alessandro Dragonetti, head of tax dello studio Bernoni, Grant, Thornton, usa per definire la massa di innovazioni fiscali introdotte dal governo Monti. Riuscendo a districarsi nel mare magnum, resta la domanda: cosa pesa di più sui patrimoni milionari? «Dipende molto dalla composizione, dalle dimensioni e dall’ubicazione dei patrimoni», dice Dragonetti: «I veri puniti sono gli scudati.

Chi ha fatto lo scudo ha un obolo non indifferente da pagare in cambio di quasi nulla». Perché con le novità Monti chi ha beni oggetto di scudo fiscale (tra il 2002 e il 2009) deve un’imposta di bollo aggiuntiva e, dall’anno scorso, un’imposta di bollo speciale sulle somme che intende tenere ancora segrete: l’aliquota è del 10 per mille per il 2011, del 13,5 per mille per il 2012 e del 4 per mille dal 2013 in avanti. È prevista anche un’imposta straordinaria sulle attività dismesse in tutto o in parte, e quindi non più secretate, a partire dal 6 dicembre 2011 con aliquota del 10 per mille. In pratica, l’anno prossimo, chi vuol mantenere scudato un patrimonio da 8 milioni di euro deve pagare il 4 per mille, cioè 32 mila euro in cambio della sola segretezza (che ripagherà per dieci anni, almeno fino al 2018) senza alcun ulteriore vantaggio.

 

La stortura, dice Dragonetti, sta nel fatto che «chi ha patrimoni scudati ha ottenuto il beneficio ma ha assolto un’imposta sullo stock e una di bollo annuale su somme tenute segrete e anche su quelle che terrà segrete in futuro. Ma può anche avere scudato una partecipazione in una società, non solo qualcosa di spendibile e allora?» Scudo a parte, la botta principale è arrivata l’anno scorso con la manovra bis del governo Monti che ha rivisto l’imposizione fiscale sui redditi di natura finanziaria e le cui novità sono entrate in vigore il primo gennaio di quest’anno. «L’intervento principale», spiega Dragonetti, «è consistito nell’unificare la tassazione sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria». Prima c’era il doppio binario: titoli di Stato, fondi di investimento e azioni scontavano l’imposta del 12,5%, interessi attivi su conti correnti e i certificati di deposito pagavano il 27%. «Tutto cancellato. Oggi c’è l’aliquota unica al 20%», spiega l’esperto che aggiunge l’altro grande cambiamento: l’imposta di bollo sulle comunicazioni relative a prodotti e strumenti finanziari, anche non soggetti a obbligo di deposito. Gli unici a essere esclusi sono i fondi pensione e quelli sanitari. «In sostanza», dice Dragonetti, «si tratta di una mini-patrimoniale», con aliquota proporzionale dell’1 per mille per il 2012 e dell’1,5 per mille a partire dal 2013.

Altra novità 2012 targata Monti è l’Ivie, l’Imposta «sul valore degli immobili situati all’estero di proprietà di persone fisiche residenti nel territorio dello Stato o in relazione ai quali le stesse siano titolari di diritti reali». L’aliquota dell’Ivie è pari allo 0,76% ma, con la legge di stabilità 2013, è previsto che il primo anno di applicazione dell’imposta non sia più il 2011, bensì il 2012: chi ha già pagato avrà versato una somma considerata acconto per quest’anno. Ma non basta. Accanto all’Ivie Monti ha introdotto l’Ivafe, l’Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in Italia: aliquota all’1 per mille per 2011 e 2012 e all’1,5 per mille per gli anni successivi. Anche per l’Ivafe, il primo anno di applicazione diventa il 2012 e l’imposta pagata per il 2011 è un acconto.

 

È finita? No, perché c’è la legge di Stabilità in corso di approvazione che ha introdotto la Tobin tax, l’imposta sulle transazioni di Borsa attuate in azioni e strumenti finanziari partecipativi: aliquota allo 0,12% nel 2013 e allo 0,1% dal 2014 per le operazioni concluse nei mercati regolamentati, e allo 0,22% da marzo a dicembre 2013 e allo 0,2% dal 2014 nel caso di azioni negoziate in mercati non regolamentati. Le esenzioni riguardano market maker, specialist, fondi pensione e tutte le transazioni in Borsa su azioni emesse da società con capitalizzazione inferiore a 500 milioni di euro. Sempre la legge di Stabilità prevede la tassa sui derivati, da applicare (dal 1 luglio 2013) alle compravendita di titoli derivati. La tassa sarà applicata in misura fissa che sarà determinata da un decreto ministeriale «con riferimento alla tipologia di strumento e al valore del contratto». Altra imposizione rilevante, la tassa antispeculazione per i sistemi di trading ad alta frequenza con un’aliquota dello 0,02%.

Conclude Dragonetti: «In questa giungla si può anche sbagliare. E invece no, perché altrimenti le sanzioni diventano astronomiche». Prendiamo i poteri di accertamento e ravvedimento che spesso vedono protagonisti i miliardari. Gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Per cui, i redditi del 2009 inseriti però nella dichiarazione del 2010, possono essere contestati dal fisco entro il 31 dicembre 2014. Se si tratta di dichiarazione omessa i tempi si allungano di un anno, cioè i redditi del 2009 potranno essere contestati entro il 2015. «In teoria», dice Dragonetti, «dovrebbe essere: io Stato in cinque anni ti posso attaccare ma tu, nei cinque anni, devi poterti difendere». E invece, nella pratica, basta sbagliare qualcosa, basta una svista e la persecuzione si raddoppia. Come nel caso dell’imposta evasa che superi determinate soglie di punibilità (ex decreto74/2000): lo Stato ti può tampinare anche dopo 10 anni. (riproduzione riservata)