di Roberto Sommella

«Meno male che volevano fare un blind trust, qui il conflitto di interessi è rimasto intatto». La battuta è stata riferita a MF-Milano Finanza da un banchiere che ha avuto modo di sentire il parere di Mediobanca sul conferimento della quota di Generaliposseduta dalla Banca d’Italia al Fondo Strategico Italiano della Cassa Depositi e Prestiti. Quell’operazione, annunciata il 19 dicembre, non è andata giù ad Alberto Nagel o quantomeno l’ha lasciato molto perplesso. Si voleva recidere un conflitto di interessi con la nascita dell’Ivass sotto l’egida di Palazzo Koch, commenta con il suo staff, e se ne crea un altro? L’allusione dell’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia è alla motivazione con cui il governatore Ignazio Visco ha annunciato il passaggio del 4,5% del Leone da Via Nazionale alla Cassa, sua vigilata seppur speciale, detenuta all’80% dal Tesoro, previa specifiche indicazioni su come e con chi votare nel cda della compagnia.

I dubbi del mercato e degli addetti ai lavori sono quindi anche quelli di chi ha vissuto con un po’ di sorpresa l’ingresso, fino al 2015, del Fsi nel proprio capitale. E il bello, o il brutto, vista l’assenza della politica su questa partita decisiva, deve ancora venire. Perché nell’aprile 2013, a governo appena insediato, il nuovo premier dovrà mettere mano alle prime nomine della nuova gestione, a cominciare proprio dalla spa di Via Goito, dove il presidente Franco Bassanini e l’ad Giovanni Gorno Tempini sono in scadenza. La vulgata vuole che le Fondazioni vorrebbero riconfermare l’ex ministro del Pd ma non è affatto detto che ciò avvenga se a Palazzo Chigi ci sarà qualcuno diverso da Mario Monti, suo amico di infanzia e stratega con lui della costruzione della nuova gioiosa merchant bank parapubblica. Il posto di Gorno fa gola a molti, tanto che da tempo si fanno i nomi di possibili suoi quali Gaetano Miccichè e lo stesso ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ma è quello che può accadere a Trieste che si deve seguire con attenzione: se l’ad Mario Greco resterà con ogni probabilità ancora in carica avendo appena iniziato il lavoro, radio-poltrona indica in posizione pericolante Gabriele Galateri. Lui vorrebbe tornare in Telecom Italia e, se così sarà, quello che è stato definito da Cesare Geronzi «presidente di campanello» potrebbe essere sostituito da un uomo di peso come Francesco Gaetano Caltagirone. Insomma, il nuovo azionista pubblico di Generali e la prima donna di Mediobancadovranno seguire bene i risultati dell’urna, perché influenzeranno la tornata di nomine.

Chiunque andrà a Palazzo Chigi (lo stesso Pierluigi Bersani sta seguendo con attenzione quanto accade nel triangolo Mediobanca-Telecom-Generali) dovrà aprire il vaso di Pandora di molte altre controllate di Stato, senza poter contare sul provvedimento anti-riciclati messo a punto dal governo dei tecnici e rimasto nel cassetto (si veda MF-Milano Finanza del 21 dicembre), che trasformerà le nomine nelle 5 mila aziendine pubbliche in un assalto all’arma bianca dei tanti trombati alle prossime elezioni. Di nomine di peso peraltro ce ne sono da fare parecchie. Sempre tra le spa controllate dalla Cdp c’è il Fondo Italiano d’Investimento, dove in aprile scadranno il presidente Marco Vitale e l’ad Gabriele Cappellini, e la Sace (in scadenza il presidente Giovanni Castellaneta e l’ad Alessandro Castellano). Ma il prossimo giugno si rinnoverà un altro cda di peso: quello delle Ferrovie dello Stato. Il gruppo, che ha trovato pane per i suoi denti con la concorrenza di Italo di Luca Montezemolo, dovrà rinnovare le cariche di vertice. Attualmente nel board siedono l’ad Mauro Moretti (che Caltagirone ha lanciato, non si sa con quanta convinzione, come candidato alla poltrona di sindaco di Roma), il presidente Lamberto Cardia, e i consiglieri Alberto Brandani, Antimo Prosperi e Stefano Zaninelli. Anche qui, come per Cdp, sarà decisivo capire il futuro assetto della nuova maggioranza di governo, così come per Finmeccanica, dove si attende un presidente. Le elezioni regionali e nazionali incideranno poi nelle Fondazioni, vero bacino di utenza dei partiti, vecchi e nuovi. (riproduzione riservata)