di Carlotta Scozzari

Mentre i soci forti delle Generali preferiscono adottare un atteggiamento attendista, aumentano le probabilità che la partecipazione dell’1% circa che fu dei Ligresti venga ceduta direttamente sul mercato. È quanto F&M ha appreso da fonti finanziarie. L’ipotesi, del resto, è verosimile: come da richieste dell’Antitrust, la quota del Leone in mano a Fonsai, ora che in plancia di comando c’è Unipol (ma in realtà era già stato stabilito dopo l’accordo con Unicredit dell’estate 2011), dovrà essere ceduta entro la fine di dicembre. Il tempo stringe, insomma, ma è decisamente improbabile che a rilevare il pacchetto possa essere qualcuno degli attuali grandi soci, peraltro tutti in perdita rispetto ai valori di carico considerato l’andamento non brillante degli ultimi mesi delle azioni Generali. E anche i fondi di private equity, che spesso accorrono in soccorso in casi simili dove servono compratori, non sembrano almeno per il momento essere della partita. Tra l’altro, a stretto giro, saranno messe in vendita anche le partecipazioni nel Leone di Bankitalia (la soluzione provvisoria dovrebbe essere la creazione di un blind trust dove collocare la quota del 4,49%) e parte di quella del primo aizonista Mediobanca, chiamato – sempre dall’Antitrust – a scendere dall’attuale 13,24% al 10% circa. Proprio ieri, a chiamarsi fuori dalla partita, sono stati sia Leonardo del Vecchio, che ha in portafoglio il 3% di Generali, sia Roberto Meneguzzo, al timone del fondo Palladio, socio del gruppo del Leone attraverso Ferak (1,7%) ed Effeti (Ferak più Fondazione Crt, appena scesa dal 2,207% al 2,151 per cento). Interpellato sulla possibilità di una variazione della propria quota, il patron di Luxottica ha spiegato: «La nostra partecipazione va bene così». Dello stesso tenore la dichiarazione di Meneguzzo: «In Generali stiamo bene dove siamo». Il numero uno del fondo Palladio, che nei mesi scorsi insieme con la Sator di Matteo Arpe aveva sfidato senza successo Unipol (e dunque Mediobanca) per il controllo di Fonsai, ha minimizzato sulla recente limatura della quota in Generali di Effeti. La discesa, ha spiegato Meneguzzo, è il risultato di «un prestito titoli per motivi di tesoreria. La situazione è invariata». Quanto alla Fondazione Crt, con cui secondo indiscrezioni ci sarebbe stata qualche tensione proprio per l’operazione Fonsai (l’ente sosteneva Unipol), Meneguzzo ha precisato che «i rapporti all’interno della compagine azionaria di Effeti sono eccellenti». Sia Del Vecchio sia Meneguzzo, in ogni caso, probabilmente anche per capire come muoversi, guardano al piano industriale che il gruppo del Leone presenterà a metà a gennaio. Soltanto da lì, infatti, si potranno trarre indicazioni sulla nuova gestione dell’ad Mario Greco. È anche per questo motivo che è difficile che i soci forti (compresa la De Agostini, che ha il 2,43%, e il gruppo Caltagirone, al 2,23%) possano decidere di muoversi prima della presentazione del piano. Così, almeno per la partecipazione dell’1% da vendere entro dicembre, sembra sempre più probabile l’ipotesi di una cessione sul mercato. Proprio ieri, intanto, anche nell’ottica di fare il punto in vista dell’imminente presentazione del piano, si è riunito il general management committee di Generali, incontro che è stato allargato ai consiglieri della compagnia.