DI STEFANO SANSONETTI Dalla padella alla brace. Di fronte a un conflitto d’interessi probabilmente disinnescato, sembra che su Banca d’Italia e Cassa depositi e prestiti ne sia piombato un altro. Il fatto è che cedendo al Fondo strategico italiano il 4,5% detenuto finora in Generali, palazzo Koch ha deciso di mettere un piede pesante nella galassia che fa capo a via Goito. La banca centrale, infatti, acquisirà il 20% del Fondo stesso, che fa capo proprio alla Cassa guidata dall’ad Giovanni Gorno Tempini. Peccato, però, che la Cdp rientri in quella categoria di intermediari finanziari sui quali, secondo il Testo unico bancario, Bankitalia esercita comunque una vigilanza. Insomma, il vigilante che in parte controlla il vigilato. Esattamente la stessa formula che gli attori sulla scena volevano evitare con Generali. Già, perché è appena il caso di ricordare che via Nazionale, tramite la nuova authority che si chiama Ivass, di fatto dovrà controllare il settore assicurativo. Proprio per questo non era più possibile rinviare la cessione della partecipazione in un ente vigilato come il Leone di Trieste. L’operazione, decisa proprio nei giorni scorsi, non ha certo mancato di suscitare qualche brusio tra gli osservatori. Al punto che ieri, in occasione di una conferenza stampa organizzata presso la sede della Cdp, il tema è riemerso. ItaliaOggi ha chiesto ai vertici della Cassa, oggi controllata al 70% dal ministero dell’economia e al 30% dalle fondazioni bancarie, lumi sulla situazione che si è venuta a creare. Gorno Tempini ha spiegato che è vero che la Cassa è sottoposta alla vigilanza di Bankitalia, ma ha precisato «che si tratta di una vigilanza speciale, non ordinaria », visto che Cdp non può essere sic et simpliciter considerata un istituto di credito. E la specialità di questa vigilanza, ha proseguito l’ad, consiste nell’avere «una natura informativa e periodica ». La realtà, in ogni caso, è che sempre di vigilanza si tratta, e certo non così vellutata. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, come rivelato da ItaliaOggi lo scorso 14 novembre, per alcuni mesi la sede della Cdp sia stata assiduamente frequentata dagli ispettori della Banca d’Italia. I quali non hanno lesinato rilievi nei confronti di diversi aspetti che connotano la Cassa presieduta da Franco Bassanini. Secondo quanto è stato possibile ricostruire in quelle occasioni, per esempio, non è mancato chi ha fatto rilevare come le partecipazioni di Cdp viaggino o r m a i ben oltre i 30 miliardi di valore, più del doppio di un patrimonio netto arrivato ai 15 miliardi. E c’è stato anche chi, in questo senso in pieno accordo con le esigenze rilanciate anche dai vertici della Cassa, ha fatto notare che per come si sta evolvendo, e per come sta allargando il suo perimetro, la struttura non ha le necessarie risorse umane. «Abbiamo poco più 500 persone», ha rimarcato ieri Bassanini, «ovvero intorno a un decimo di coloro che lavorano per le nostre cugine di Francia e Germania». Il riferimento, evidentemente, era alla Cdc e alla Kfw. «Sulla questione del confl itto di interessi», ha ancora detto Gorno Tempini, «tra noi e Banca d’Italia c’è stata una trasparenza, una disclosure completa». Proprio per questo, però, a molti è parso come minimo strano aver riprodotto la stessa situazione tra via Nazionale e via Goito, con la non totalmente decisiva giustifi cazione di una vigilanza di natura speciale. Peraltro andando a percorrere un terreno da sempre ambiguo e sdrucciolevole come quello del tipo di vigilanza che Bankitalia deve esercitare su Cdp. Un tema mai completamente defi nito. © Riproduzione riservata