N on sono bastati il restringimento dello spread, né l’andamento positivo della maggior parte degli indici azionari occidentali. Il 2012 si chiuderà con ogni probabilità in negativo per la raccolta del risparmio gestito, frenata dalla volatilità dei mercati. Mentre per il nuovo anno nessuno azzarda previsioni: molto dipenderà dall’andamento delle diverse asset class, ma anche dalla capacità dell’industria di reinventarsi per riconquistare la fiducia dei risparmiatori. Il consuntivo dei primi dieci mesi curato da Assogestioni non lascia molte possibilità di ritorno al segno positivo: tra gennaio e ottobre il saldo tra flussi in entrata e in uscita risulta negativo per 7,8 miliardi (—1,8 miliardi nel solo mese di ottobre), per cui non vi sono spazi di recupero nell’ultimo bimestre. Il risultato fin qui maturato risente soprattutto dei riscatti dalle gestioni di portafoglio, che hanno portato a una raccolta netta negativa per questa componente di 9,2 miliardi nei primi dieci mesi dell’anno, mentre la gestione collettiva segna un flusso positivo di 1,4 miliardi. Quanto alle classi di investimento, il 2012 sarà ricordato come un anno positivo per la raccolta del comparto obbligazionario, sostenuto dal restringimento dello spread tra i BTp italiani e i Bund tedeschi, ma il ritorno di fiducia non ha contagiato gli strumenti di investimento nel breve termine, che segnano un trend discendente, così come gli hedge fund, anche se i risultati peggiori arrivano dal

comparto azionario: nonostante un andamento delle Borse occidentali tutto sommato negativo positivo, i risparmiatori hanno preferito restare alla lontana evidentemente preoccupati dalla volatilità che ha caratterizzato l’equity durante tutto l’anno. Guardando al futuro, molto dipenderà dalla direzione che prenderanno i mercati e l’economia in generale (le ultime previsioni che parlano di un Pil italiano in calo tra lo 0,8 e l’1,2% non promettono bene). Al di là della congiuntura occorrerà anche fare i conti con un altro aspetto: l’Osservatorio del Risparmio UniCredit-Pioneer ha rilevato che le famiglie della Penisola mediamente risparmiano il 12%, poco più della metà rispetto al 21,9% rilevato nel 1995. Inoltre l’Italia è l’unico tra i Paesi occidentali ad aver visto scendere il reddito pro capite in termini reali a livelli comparabili a quelli di quindici anni fa. Se il potenziale di investimento si restringe, anche sul lato dell’offerta si registrano novità, con le reti di promotori finanziari che stanno tornando di moda dopo una lunga stagione che aveva visto le banche puntare in primo luogo sulla distribuzione allo sportello: oggi un terzo dei fondi comuni di investimento collocati in Italia è stato proposto da un promotore. Questo trend dovrà a breve confrontarsi con l’evoluzione normativa a livello comunitario: la Gran Bretagna, che dal 1º gennaio prossimo, adotterà il modello di consulenza «fee only» (quindi senza retrocessioni e commissioni sui servizi finanziari), preme per estenderlo in tutta Europa, mentre i Paesi del Mediterraneo premono per far emergere il loro sistema ibrido, in cui la trasparenza è garantita dall’informativa chiara al cliente. (l. d. o.) Le reti di promotori finanziari stanno tornando di moda