di Andrea Cabrini Class Cnbc

 

Con la riforma operata dal governo Monti il sistema previdenziale pubblico italiano si è rafforzato, avendo eliminato un’anomalia tutta italiana, le pensioni di anzianità, e avendo allineato i limiti di età pensionabile agli standard continentali.

Parola di Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, il quale però sottolinea che c’è ancora molto da fare, sia sul mercato del lavoro che sulla previdenza integrativa.

D. Le riforme introdotte dalla manovra sono confermate, sia per l’allungamento dei tempi dell’età pensionabile che per il passaggio al sistema contributivo?

R. È stato confermato, quindi non sarà oggetto di verifica, il passaggio al sistema contributivo dal 1° gennaio 2012 per tutte le pensioni. Sono state confermate anche sia l’età flessibile di uscita, sia l’avvio dell’equiparazione delle donne entro il 2018, che è il cosiddetto «anno di convergenza». Ieri invece, la Commissione alla Camera ha approvato un emendamento che modifica la regolamentazione per i nati nel 1952, ovvero coloro che, per una combinazione di differenti norme, avrebbero avuto la penalizzazione più alta. Per queste persone c’è uno «sconto» rispetto a quanto disposto per tutti gli altri.

D.

E per quanto riguarda le donne?

R. Ovviamente anche per le donne della classe 52 è previsto uno sconto di anni. In generale, per le donne è prevista una soglia di flessibilità tra i 62 ed i 70 anni, ma raggiungono gli uomini, che partono da 66 anni, entro il 2018.

D. E la pensione anticipata?

R. Anch’essa confermata, quindi non è stato oggetto di alcuna variazione, Quindi la pensione anticipata tiene conto degli anni di contributi versati, che sono 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Una modifica ha invece riguardato la percentuale di pensione devoluta: essendo quella anticipata libera da vincoli di età, se ci si ritira dall’attività a 62 anni si ottiene la pensione piena. Se si lascia il lavoro tra i 60 ed i 62 anni si ha una detrazione dell’1%; se la cosa avviene prima dei 60 anni la detrazione è del 2% annuo.

Domanda. Il nuovo tetto al di là del quale non scatta l’adeguamento delle pensioni all’inflazione è 1.400 euro. Come è stata determinata questa cifra?

Risposta. L’importo è circa tre volte il minimo, quindi si tratta di circa 1.400 euro. Nel decreto era prevista solo per l’anno 2012, mentre mi sembra che con gli ultimi emendamenti presentati la misura dovrebbe essere estesa anche al 2013. .

D. Dopo questa manovra, come si presenta quindi il nostro sistema pensionistico? Esce più forte o più debole di prima?

R. Il sistema pensionistico, come ho sottolineato più volte, non può non risentire dei problemi del Paese. Sappiamo che il pil influenza la produzione, questa influenza l’occupazione, che a sua volta incide sui livelli dei salari. È chiaro che con la crisi che attanagli l’Italia, ma anche l’Europa e il mondo, la riduzione del pil non può non avere ricadute sui conti dell’Inps. Con questa manovra, che dalle tabelle della Ragioneria dello Stato risulta avere un’incidenza alquanto significativa, è chiaro che da una parte c’è un’ulteriore messa in sicurezza dei conti pubblici, dall’altra c’è un allineamento dei trattamenti e delle età pensionistiche italiane a quelli in uso nel resto d’Europa.

D. Detto in modo più esplicito?

R. Mentre sulle pensioni di vecchiaia il sistema già convergeva verso gli standard europei, c’erano sempre le cosiddette pensioni di anzianità, che restavano una peculiarità italiana e che, con questa manovra sono uniformate al resto d’Europa.

D. È appunto di questi giorni la notizia che l’età media di pensionamento, in Italia, è stata 58,7 anni per la vecchiaia e 59,7 anni per le pensioni di anzianità. È esatto?

R. È vero che in Italia l’età di pensionamento è stata molto bassa, anche a causa di molte baby-pensioni che partivano addirittura dai 40 anni. A questo si è spesso replicato che negli altri Paesi dell’Unione la situazione non è migliore. C’è però una differenza: negli altri Paesi europei – come in Germania e soprattutto in Francia – si può, è vero, andare in pensione a età inferiori, ma con forti penalizzazioni economiche. Questo influisce sull’età media, che certamente è un valore, ma soprattutto sul tasso di sostituzione, ossia la percentuale di pensione che si percepisce in base all’ultimo stipendio, dove l’Italia aveva la percentuale più alta d’Europa, cioè l’80%, mentre in Germania hanno il 60% e in Francia ancor meno. Gli unici Paesi con una percentuale superiore a quella dell’Italia erano Grecia e Spagna, che hanno avuto come si è visto dei problemi, anche sul versante previdenziale, ben maggiori di quelli che ha avuto l’Italia.

D. Il passaggio al sistema contributivo costringerà gli italiani a rivedere i conti e aumentare il ricorso alla previdenza integrativa. Come vede il rapporto tra quest’ultima e quella fornita dagli enti nazionali?

R. Bastano due dati a spiegare tutto questo. Negli altri Paesi gli aderenti alla previdenza complementare sono il 91%, mentre in Italia si è fermi al 23%. Questa è una situazione da modificare, perché non credo che in Europa solo gli italiani siano nel giusto mentre sbagliano tutti gli altri. Forse è più giusto pensare il contrario. Bisognerà spiegare bene cosa diventa la previdenza da oggi.

D. Spieghiamolo

R. C’è un comma dell’articolo 24 che obbliga il ministero, gli enti previdenziali e tutti gli attori – cioè parti sociali, politica e cittadini in genere – a fare un’opera di educazione previdenziale, perché il cambio dal sistema retributivo a quello contributivo è qualcosa che va spiegato. Per quanto riguarda la «busta arancione» (cioè le centomila lettere informative inviate dall’Inps ai contribuenti riguardo il cambio di sistema pensionistico, ndr), c’è l’intenzione da parte di Inps, Inpdap, Enpals e tutte le Casse private, di inviare 40 milioni di lettere agli italiani, grazie soprattutto alla banca dati delle posizioni attive che l’Inps, dopo 20 anni di attesa, ha realizzato in un anno di intenso lavoro, per metterli in condizione di fare la scelta giusta. La busta arancione altro non è che un codice Pin tramite il quale, dal sistema operativo del sito dell’ente previdenziale a cui si appartiene, si potranno controllare gli anni accumulati di contributi versati e scoprire facilmente a cosa si ha diritto.

D. Alcuni temono che con l’innalzamento dell’età pensionabile si chiuderanno ancor più le porte all’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani. Lei cosa pensa a riguardo?

R. Negli altri Paesi, dove le soglie sono più alte, l’esperienza ci ha insegnato che questo non solo non è un problema, ma che anzi è un vantaggio, poiché i lavoratori con più esperienza sono i tutor dei giovani. È comunque logico che, come ha affermato anche il ministro del Lavoro Fornero, a una riforma del sistema pensionistico deve rispondere, a stretto giro, una riforma del mercato del lavoro, altrimenti ci si ritroverebbe con un sistema monco. Mi sembra che la volontà per questa ulteriore riforma ci sia, da parte del governo e da parte di quasi tutte le parti politiche, per studiare una riforma che comprenda quella delle pensioni e sia del tutto coerente con essa. (riproduzione riservata)

ha collaborato Giuliano Castagneto