Un 2012 da brividi, la cui parola d’ordine sarà incertezza. È quello che emerge dal forum dei gestori organizzato da Borsa & Finanza, durante il quale i money manager hanno cercato di fare luce sul prossimo futuro. Alla tavola rotonda hanno partecipato Luca Ramponi, direttore investimenti di Aureo Gestioni; Riccardo Milan, responsabile per l’Italia di Capital Strategies Partners; Stefano Pizzamiglio, responsabile strategie di portafoglio di Fideuram Investimenti; Donatella Principe, head of investment advisory di Schroders; Simona Bassi, institutional sales manager di Axa Investment Managers; Corrado Caironi, investment strategist di R&Ca; Nicola Trivelli, ceo di Sella Gestioni; Giulio Casuccio, head of quantitative strategies and research di Fondaco; Gabriele Bruera, direttore generale di Compass Asset Management; Giulio Baresani Varini, responsabile wealth management di Millennium Sim; Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca. In bilico tra una crisi del debito che affonda le sue radici nel 2008 e che difficilmente vedrà soluzione nel primo trimestre e la voglia di scommettere su una ripresa delle Borse europee a scapito degli Usa. Nell’attesa che la situazione nel mondo occidentale si definisca, gli emergenti – con i dovuti distinguo – la faranno di nuovo da padroni. E in particolare gli esportatori di materie prime, i Carbs (Canada, Australia, Russia, Brasile, Sud Africa) sorprenderanno gli investitori. Ma per conoscere i dettagli delle strategie di portafoglio del prossimo anno, la parola passa agli esperti.

1 Come sarà il 2012 dell’Europa? Recessione o risveglio? E l’Italia subirà degli impatti specifici dalla manovra Monti?

Milan: Putroppo sarà un 2012 all’insegna dell’austerity. Molte economie occidentali vedranno il segno negativo in termini di crescita e probabilmente l’Italia andrà in recessione. La manovra Monti non avrà un impatto specifico in quanto le Borse sono molto correlate e tutto dipenderà da come l’Unione Europea riuscirà a risolvere i problemi. In generale rimaniamo su settori difensivi anticiclici con visibilità degli utili e flussi di cassa; quindi spazio a tabacco, beveraggi, e alcune utility.
Pizzamiglio: Sì, l’Europa sarà in recessione. All’interno di un quadro difficile ma nei prezzi, il punto è come si sviluppa la soluzione del debito sovrano. Una soluzione che fa guadagnare tempo e permette di ridurre gli scompensi potrebbe causare un taglio delle stime di utili per azione (eps) del 15%, che è tutto sommato accettabile. L’Italia è schiava di questa variabile: il mercato può fare +20% o -30% a seconda di come se ne esce. Anche io ritengo che la manovra di Monti non abbia impatto. Mentre le manovre successive potrebbero avere ripercussioni positive su costruzioni e aeroporti, ma siamo ancora sul fronte del sentito dire. Ci credo abbastanza, ma non ci sono elementi per ipotesi più concrete.
Principe: La crisi del debito nell’Eurozona continuerà a essere il fattore dominante dei prossimi mesi. E, con essa, la crisi delle banche. Se i privati tentano un deleveraging, le banche tagliano il credito e questo si traduce in credit crunch. Prevediamo la recessione in Europa, con il Pil 2012 stimato a -1,8%. L’Italia subirà una contrazione dell’economia tre volte superiore a quella della Germania. Se l’economia italiana entra in recessione, la prima manovra del Governo Monti si rivelerà inutile perché la recessione mangerà i saldi e ci sarà un ritorno a rendimenti alti sul mercato obbligazionario. Non ci sarà soluzione fino a che l’Europa non avrà visto periodi più bui. Pertanto, consiglio di non comprare Piazza Affari, nemmeno a sconto, e di fare comunque stock picking. Anche perché l’indice italiano è fortemente sbilanciato sul settore bancario (quasi un terzo), che oggi è nell’occhio del ciclone.
Bassi: Io invece credo che Monti abbia la capacità di generare un impatto positivo sulla percezione dei mercati. Siamo già in recessione, non ci aspettiamo che le manovre finanziarie impattino in maniera forte sulla crescita italiana. Anzi, se grazie al pacchetto di riforme l’Italia riuscirà a finanziarie il debito che ha in scadenza tra febbraio e aprile, questo sarà già un fatto positivo. Monti ha rispettato le aspettative del mercato e questo è più imporante che provocare la recessione. Credo che l’euro non finirà. E che per fine 2012 i mercati europeo e Usa chiuderanno in territorio positivo, però con molta volatilità e quindi suggerisco di non sovrappesare l’equity. A Piazza Affari, preferisco le società con fatturato sbilanciato verso l’estero.
Caironi: Quest’anno partiamo in difesa: l’incertezza è totale. Per l’Europa ci sono case di investimento che per il 2012 prevedono crescita dello 0,5% o 0,6%, rispetto a quelle che stanno su -1,8%, come ha ricordato la collega di Schroders, e ci sono stime anche più pesanti in negativo. Sull’asset allocation penso che il punto chiave siano le banche, soprattutto in una fase in cui non abbiamo trasparenza sui bilanci, nonostante gli stress test dell’Eba (European Banking Authority). Il deleveraging sta andando avanti e sarà ancora più corposo in funzione del fatto che ci sono parametri stringenti che stanno diventando la chiave per chiedere sostegno della copertura di garanzia dello Stato. Si tratta di un passaggio importante e positivo, subito recepito da Governo Monti. Il punto nodale è all’interno del settore finanziario, banche ma anche assicurazioni: siamo tornati al 2008 o forse non ce ne siamo mai allontanati. Quanto all’asset allocation puntano molto sul cash. Mi aspetto che l’anno prossimo arrivino segnali per ritornare ad acquistare le attività più rischiose, ma al momento siamo prudenti.
Trivelli: Esatto, il punto è questo: siamo ancora nel 2008, la crisi continua. A complicare lo scenario già debole intervengono le manovre correttive stabilite dai Governi e l’introduzione del controllo dei conti pubblici di tutti i Paesi appartenenti all’Unione Europea. Se leggiamo i passaggi difficili dell’Europa che a noi sembrano lenti, ci accorgiamo che negli ultimi mesi sono accadute molte più cose che negli ultimi cinquanta anni. La gestione unitaria politica è positiva. Ma il mercato è abituato male perché conosce l’esempio della Fed che risolve i problemi con interventi massicci, anche se questo in realtà non risolve le difficoltà strutturali. In Europa, credo che affrontare la crisi da un punto di vista strutturale sarà faticoso ma darà risultati, non nella prima parte dell’anno, quando ci sarà volatilità. La manovra Monti è scontato che sia recessiva, ma se questo riporta fiducia su quello che si sta costruendo potrebbe dare una spinta agli investimenti come non si vede da tempo. Al momento abbiamo un atteggiamento prudente a difesa del portafoglio dal punto di vista di azioni e bond. Il ruolo del settore finanziario sarà determinante perché i problemi sono ancora tanti e l’intervento dell’Eba è veramente recessivo perché crea un vortice pericolosissimo chiedendo di ridurre gli attivi in un momento in cui non si può fare. Forse il meglio lo vedremo quando si tocca il fondo, sono d’accordo con la collega di Schroders.

2 Ma allora se l’Europa è così debole è più opportuno spostarsi sul mercato Usa?

Casuccio: I fondamentali macroeconomici statunitensi sono decisamente migliori rispetto a quelli europei: anche se a ritmi estremamente moderati, l’econ
omia americana ha continuato a crescere e la ripresa in atto appare relativamente solida. La progressiva riduzione del debito sia delle famiglie sia delle imprese potrebbe gradualmente sostenere ulteriormente la crescita, soprattutto nella seconda parte dell’anno, e cominciare a determinare effetti positivi anche sul mercato del lavoro. Nonostante le valutazioni più elevate, quindi, il mercato azionario statunitense rappresenta un’opportunità migliore, soprattutto per un investitore europeo, il quale potrebbe anche beneficiare di un eventuale apprezzamento del dollaro.
Baresani Varini: Senz’altro meglio Usa che Europa nella prima fase: l’America è più cara ma ha grandi multinazionali presenti in tutto il mondo con buona liquidità. Ma in una seconda fase l’Europa può recuperare perché è più conveniente in base al rapporto prezzo/utili. La soluzione della crisi del debito arriverà quando i tedeschi daranno una sorta di via libera alla Bce e questo accadrà solo quando inizieranno a farsi del male. I tempi non sono maturi ma lo saranno. Angela Merkel ha sempre seguito la strategia del poco, del dopo, e ora sta diventando «del tardi». La Bce rischia di sporcare comunque i bilanci: quanto fatto finora ha consentito di prender tempo, ma non basta.
Roghi: I mercati sono miopi: trattano situazioni simili in maniera differente. Il sistema bancario europeo viene bastonato, quello Usa, che comunque non è in una condizione ottimale, viene percepito come più sicuro: è come se le zombie bank di cui il sistema pullula non venissero viste. E la stessa divergenza di trattamento c’è anche in merito al debito pubblico e a quello dei cittadini. I cittadini europei e soprattutto quelli italiani hanno debiti migliori rispetto al resto del mondo. Gli Usa non computano i passivi delle amministrazioni locali come facciamo noi e solo quello dello Stato vale il 100% del Pil. È possibile che nel corso del 2012 si trovino valutazioni più eque anche in base ai fondamentali. Le Borse europee, nonostante multipli stressati, possono essere una scommessa da giocarsi per il prossimo anno rispetto agli Usa. Questa visione distorta continuerà fino a metà 2012, ma nella seconda parte l’Europa ha forti potenzialità di rialzo, in presenza di una parziale soluzione della crisi del debito.
Ramponi: Se si guardano i fondamentali, allora, oggi le Borse europee trattano a sconto rispetto quelle Usa (8,5 il rapporto prezzo/utili delle prime rispetto a 10,5 delle seconde). Tuttavia nelle fasi recessive i fondamentali possono essere una trappola, così gli investitori li trascurano e rimangono più condizionati da fattori macro. Le Borse americane si approssimano a chiudere il 2011 su valori vicini a quelli di inizio anno; sebbene tale dinamica sia dovuta a una maggiore elasticità dell’economia e alla presenza di una Fed capace di supportarla, è opportuno rilevare che, in uno scenario negativo, la Borsa Usa non sconti ancora una grave recessione europea che avrebbe ricadute significative anche sulle aziende americane, aprendo a ribassi che le Borse europee hanno anticipato. Anche in uno scenario positivo, le Borse europee potrebbero avvantaggiarsi andando a comprimere il gap valutativo dei fondamentali che gli investitori potrebbero tornare a considerare in un contesto di rinnovata fiducia economica. In entrambi casi, i listini europei appaiono in questa situazione più attraenti.
Bruera: Noi non siamo positivi né su Europa né su Usa, soprattutto nella prima parte del 2012. Quindi non privilegiamo né l’una né l’altra Borsa. Quella Usa sarà più difensiva nella prima parte dell’anno, se si dovesse verificare uno scenario molto negativo in Europa, con la contrazione anche delle economie dei Paesi dell’area core. In questo scenaro la Borsa Usa è da privilegiare ma i multipli a cui tratta sono comunque più altri rispetto all’Europa: quindi questo scenario è già scontato nei prezzi. Credo che invece la crescita economica sarà positiva nel 2012 per le Borse emergenti. Se siamo stati prudenti nel corso del 2011 sui mercati emerging, nel 2012 li preferiremo. Non l’Est Europa e soprattutto Ungheria, Polonia e Croazia, i cui sistema bancari sono interconnessi con l’Europa Occidente.

3 Ancora i mercati emergenti. Saranno loro la scommessa vincente del prossimo anno e il traino della crescita che resta?

Milan: Gli emergenti, dati alla mano, hanno i fattori di crescita migliori. Ovviamente, con i dovuti distinguo: stiamo parlando di un’etichetta sotto la quale ci sono cinquanta Paesi. In media, comunque, le stime sono nettamente più positive rispetto a quelle dei Paesi sviluppati. Da inizio anno soprattutto l’area Bric (Brasile, Russia, India, Cina) soffre in maniera massiccia sul fronte azionario. L’entrata in recessione dell’Europa se contagerà – e riteniamo accada – anche gli Usa, potrà portare gli emergenti a ulteriore ribassi. Privilegiamo Paesi di frontiera che hanno livelli di capitalizzazione e liquidità più bassi, che può essere un vantaggio di questi tempi, e presentano le stime di crescita migliori. Dei dieci migliori, nove sono di frontiera e sette-otto dell’Africa sub-Sahariana. Il mercato immobiliare cinese è in bolla e così in altri Paesi asiatici, per cui prevediamo un soft landing nel Continente. E sono d’accordo con il collega che mi ha preceduto: lontano da Est Europa.
Pizzamiglio: Gli emergenti sono stati la grande delusione, dovuta a eccesso di posizionamento per quanto riguarda la Cina. Per l’anno prossimo siamo più positivi, ma lo slogan non ci convince, bisogna fare dei distinguo. Via da Est Europa, ma sulla Cina credo che questo tipo di governo locale, che non ci piace ma che è stato efficace, possa dare spunto a una crescita che nel primo trimestre del 2012 sarà bassa per i loro standard, ma nel resto dell’anno sarà interessante. E l’ex Celeste Impero è la cartina di tornasole anche se ci spostiamo verso il Brasile, la cui congiuntura dipende sostanzialmente dall’export da Pechino.
Principe: Il grande tema di questa crisi partita nel 2007 è il decoupling economico degli emergenti, che non si è accompagnato anche a uno sganciamento nella dinamica dei mercati finanziari. Questo perché i Paesi emergenti sono stati vittime del loro successo: la crescita economica ha portato con sé il surriscaldamento dell’inflazione e l’adozione di politiche monetarie restrittive. C’è poi un secondo elemento ed è il panico. L’indice che lo misura ha toccato il massimo storico da 40 anni, e se c’è panico si vendono i gioielli di famiglia, ossia gli emergenti. Ma da un lato le pressioni inflazionistiche si stanno attenuando e non va dimenticato che a livello di valutazioni le Borse dei Paesi in via di sviluppo sono tra le più interessanti anche rispetto alla propria media storica. Solo nel 3% dei casi negli ultimi 15 anni si sono avuti rapporti prezzo/utili attesi sui livelli attuali: quando ciò si è verificato nel 100% dei casi si sono avuti rendimenti positivi a 6 mesi (in media circa il 40%), a 9 mesi (in media superiori al 60%) e a 12 mesi (in media superiori al 70%). Dunque, una volta rimossa l’incertezza, non ci sono ragioni per cui questi mercati non possano sovraperformare. Ciò detto Paesi emergenti vuol dire tantissimo ed è più utile parlare in termini di aree: l’Asia sì, con Corea e Thailandia in pole position; Sud america no; Est Europa e Medio Oriente con selezione: sì a Russia, sì a Egitto e Qatar.
Bassi: Non abbiamo ancora sovrappesato gli emergenti ma ci aspettiamo di farlo nel 20
12, rispetto alla posizione neutrale su Usa e al sottopeso su Europa. Ma in questo momento restiamo sottopesati su Est Europa, ci piacciono invece l’America Latina e la Russia per via del petrolio. Quanto alla Cina ci aspettiamo un soft landing (atterraggio morbido dell’economia).
Caironi: Quest’anno abbiamo scavalcato il tema emergenti. Siamo partiti dalle commodity e abbiamo analizzato gli sbilanciamenti sia a livello di flussi, ma soprattutto a livello di capacità dei Paesi di riattivare investimenti e consumi. Gli esportatori di materie prime sono avvantaggiati rispetto a tutti gli altri per le opportunità, soprattutto l’area dei Carbs. Gli emergenti stanno crescendo con differenziali importanti. Il gap è sempre più importante e siamo sempre convinti che nel 2012 il decoupling si allarghi. Con Paesi che rallentano ma sono sempre su ritmi di crescita del 6-7%, mentre intere regioni occidentali crescono a zero o sono in recessione.
Trivelli: In Cina la potenza di fuoco è tale che fa presumere non ci sia un rallentamento marcato. Ci aspettiamo che cresca tutta l’area asiatica. Il rischio geopolitico l’abbiamo visto quest’anno in Medio Oriente e Nord Africa. La Russia ha un sistema molto a rischio visto che si basa sul petrolio, che è rimasto a livelli elevati rispetto allo scenario che avevamo previsto e che difficilmente riuscirà a mantenere, perciò consigliamo prudenza nei prossimi mesi. C’è un’interessante linea di fondo che riguarda le aziende che in Occidente hanno fatto la loro ricchezza grazie agli emergenti e che oggi sono avvantaggiate dal fatto che anche in quei Paesi i consumatori vanno alla ricerca del brand e non vogliono copiare i prodotti ma li vogliono comprare dall’Occidente. Abbiano una visione tendenzialmente positiva sugli emergenti.

4 E se provassimo a fare i contrarian? Qual è la vostra idea controcorrente per il 2012?

Baresani Varini: Essere contrarian oggi vuol dire essere positivi su qualcosa. In questo clima, il punto uno è che non esistendo di fatto alcun free risk, non vedo interessante Treasury, Bond giapponesi, Gilt, mi sembra altrettanto trito il tema delle valute sicure da materie prime. La vera scomessa è capire quanto i tedeschi ufficializzeranno anziché nascondere un ruolo diverso della Bce e capire se lo faranno in tempo. Questa apertura dei tedeschi, che ci sarà probabilmente a primavera, potrebbe consistere nel concedere ai Paesi che oggi stanno facendo sacrifici, ad esempio, un costo del denaro più sopportabile. E potrebbero far diventare interessante il debito italiano Cct con scadenza 2017 e 2019, con interessi fino al 9%. Per chi osa l’impossibile, va bene anche il Btp inflation linked a lungo. Se si risolve il problema dello spread, altro tema può essere puntare sulla banca italiana che sta meglio, ossia Intesa Sanpaolo. O sul suo debito subordinato, essendo però consapevoli dei rischi. E partendo dal presupposto che tutte le previsioni del 2011 sono state sbagliate. Un italiano deve decidere se comprare rendimenti offensivi nella fuga verso la qualità con il rischio di passare di bolla in bolla, oro, franco svizzero e così via.
Roghi: Sono d’accordo che contrarian oggi voglia dire essere positivi. Italia ed Europa in generale sono sottovalutate e scontano i loro problemi. Sul fronte dell’azionario Italia e del debito pubblico italiano ci possono essere sorprese positive da aggiungere. Un eterno investimento contro corrente ora che è passato il ventennio di attesa potrebbe essere il Giappone. Se la Cina dovesse evitare un rallentameto molto forte, anche il Sol Levante, che è ancora più a sconto di Europa e America, potrebbe essere finalmente una sopresa contrarian dopo questa gestazione ventennale e con un livello di rischio vicino allo zero. Quanto ai bond, punterei sui titoli di Stato italiani a breve e media scandenza anche inflation linked. O sul decennale tedesco, degli Usa e del Regno Unito se la recessione dovesse verificarsi.
Ramponi: Concordo con il fatto che ci sia un’opportunità Italia, e punterei sul reddito fisso a due o tre anni. Poi, mi piace il debito emergente in valuta locale, perché ritengo che le valute di quest’area possano dare quest’anno quello che non hanno dato l’anno scorso, essendo state una delle promesse non mantenute.
Milan: Italia, e obbligazioni italiane. Io starei su Bot a un anno: la Grecia ci ha messo due anni a fallire quindi ci sono i tempi per ripagare. Ma se abbiamo una visione negativa, allora possiamo stare su un 2041 inflation linked che quota a 1,4%: se le cose vanno male e tagliano il debito del 30-40% si salva il capitale. Poi mi piace il debito dei Paesi emergenti, soprattutto l’azionario Africa e anche Future o Cta che sono decorrelati.
Principe: La guerra delle valute partita l’estate scorsa ha offuscato il tema secolare delle monete emergenti. Lo yuan è sottovalutato del 30% e deve accettare, al livello di sviluppo economico in cui si trova, maggiore flessibilità. E poi sono dell’idea che bisognerebbe tornare a cavalcare il tema del corporate: le aziende fanno utili, sono liquide, hanno fatto molta cassa nel 2009 e nel 2010. Ma soprattutto oggi che non è più un tabù parlare di default di un Paese Ocse come la Grecia, le aziende private, anche nel settore high yield, presentano un tasso di default ai minimi: appena l’1,8% rispetto alla media storica a 20 anni di 4,5%. Gli spread offrono un’ampia compensazione per il rischio connesso e quindi presentano ampi margini per restringersi.
Bassi: Direi che non è il momento per noi investitori istituzionali di essere contrarian. In questo contesto di posizioni caute, contrarian è la nostra view sugli emergenti che sulla parte equity saranno sovrappesati; siamo negativi sulla parte lunga di Bund e Treasury, dove ci sarà la normalizzazione con i tassi introno al 3%, e il rendimento al rischio non è vantaggioso. Più che l’Italia, che è too big to fail, preferiamo la Spagna. Si rischia di avere nella prima parte dell’anno prossimo molta volatilità e mal di pancia sui mercati che non sono tollerabili.
Caironi: Le commodity sono il nostro tema contrarian. Le attese di un rallentamento economico globale giocano a favore di un rientro dei prezzi delle materie prime che vedo comunque come una opportunità di entrata. Delle quattro aree monitorate rimango su una preferenza di soft commodity (agroalimentari), live cattle (bovini) e fonti energetiche. Lo spostamento sui metalli industriali potrebbe scattare alla comparsa di un nuovo scenario dove il ritorno di fiducia aprirebbe le porte ai ciclici. Quanto ai metalli preziosi, ci aspettiamo la stabilizzazione dell’oro, anche se ci potrebbero essere impennate.
Bruera: Guarderei al cambio euro/dollaro in relazione ai risky asset. Durante il 2011 c’è stata una correlazione importante tra cambio e asset bancari o high yield: ogni volta che c’era una forte avversione al rischio il dollaro tendeva ad apprezzarsi. Questa correlazione più avanti nel corso del prossimo anno si potrebbe invertire: con il dollaro che si apprezza in uno scenario senza rischio. Cioè se la Bce fosse costretta dal mercato a monetizzare il debito, fare il suo quantitative easing e dichiarare un acquisto significativo di titoli di Stato europei. Questa è la nostra view contrarian. E se si tramutasse in realtà, l’oro potrebbe soffrire, anche se è già sceso a 1.600 da 2.000 dollari per oncia.
Casuccio: Un tema contrarian per il 2012 potrà essere l’area euro, sul mercato sia azionario sia obbligazionario. Dal lato equity le prospettive sono moderatamente negative e la volatilità sarà sicuramente ancora molto elevata ma le valutazioni estre
mamente basse e la possibilità di un’evoluzione positiva della crisi europea potrebbero rappresentare un’opportunità interessante, anche se soltanto per una percentuale contenuta di un portafoglio diversificato. Il mercato dei titoli di Stato, invece, offre in questo momento, se valutato nel suo complesso, una buona combinazione di strumenti a basso rendimento ma difensivi ed efficaci in situazioni di ulteriore tensioni, cioè i titoli dei Paesi virtuosi, e di strumenti caratterizzati da una volatilità decisamente più elevata ma rendimenti estremamente elevati, quali i nostri Btp oppure i Bonos spagnoli. Alla fine il mercato di Eurolandia offre un mix di stabilità, penso a Francia e Germania, ma anche un possibile high yield, con Spagna e Italia. Una composizione forse perversa ma interessante per l’investitore.
Baresani Varini: Raramente sono stato così indeciso a inizio anno. Ritengo che non bisogna avere un’unica asset allocation che vale per tutto il 2012. Tutto dipende dai tempi in cui avviene la soluzione della crisi europea: se la recessione è in stato avanzato, conviene uscire da tutti i safe haven che nel frattempo saranno diventati mezze bolle. Ci sarà un momento in cui la Bce si emancipa dai temi tedeschi ed è quello il momento cruciale. Direi che è opportuno partire con un asset allocation prudente, ma pronti ad accellerare nelle varie forme di rischio alla avvenuta trasformazione della Bce.