Nel giorno del cda, a distanza di nemmeno una settimana dall’annuncio di un possibile aumento di capitale fino a 750 milioni di euro, le agenzie di rating mettono all’angolo Fondiaria-Sai. Ieri, infatti, Standard & Poor’s, per la seconda volta in poco più di un mese, ha abbassato il rating di Fondiaria-Sai e della controllata Milano Assicurazioni. Dopo che già il 16 novembre aveva ritoccato il giudizio da «BBB-» a «BB+», ieri l’agenzia di rating internazionale lo ha portato da «BB+» a «B», con un creditwatch «developing», che implica che le cose potrebbero nuovamente cambiare, in bene o in male, nei prossimi mesi, soprattutto a secondo di come andrà la ricapitalizzazione, che dovrebbe prendere il via intorno a marzo. Non solo: il creditwatich, come spiega una nota di S&P, tiene conto «della capacità del gruppo di poter migliorare il proprio profilo finanziario in un contesto estremamente volatile». In sostanza, la nuova bocciatura fa seguito all’indebolimento della posizione finanziaria della compagnia, alla luce di perdite stimate dal gruppo per il 2011 nell’ordine dei 925 milioni, e del conseguente abbassamento del margine di solvibilità, sceso intorno al 90%, ben al di sotto del livello di guardia del 120 per cento.
Sempre ieri, poco dopo l’annuncio di S&P, è giunto quello di Fitch Ratings, che tuttavia si è limitata a collocare il giudizio «BB-» su Fonsai e Milano Assicurazioni, che è stato confermato, in osservazione con implicazioni al ribasso. Anche in questo caso, la decisione, come spiega una nota, segue l’annuncio della ricapitalizzazione fino a 750 milioni. In particolare, Fitch rileva come si tratti del secondo aumento di capitale nel giro di appena qualche mese, se si considera che quello da 450 milioni è stato chiuso appena a luglio. Ma l’operazione è stata ormai polverizzata dalla Borsa: la capitalizzazione di Fonsai, complice il nuovo calo di ieri del 2,85% con le azioni ai minimi storici di 0,5975 euro, è pari ad appena 262 milioni. «A giudizio di Fitch – recita il comunicato – il capitale rimane volatile e altamente esposto alla volatilità di un mercato degli investimenti difficile, con particolare riguardo al mercato italiano. La qualità del capitale – prosegue l’agenzia di rating – è impattata negativamente anche dalla larga incidenza di guadagni non realizzati su investimenti immobiliari, dalle svalutazioni effettuate e dalla forma di doppia leva tra Fondiaria e Milano Assicurazioni». Insomma, conclude Fitch, «se l’aumento di capitale dovesse essere portato a termine, il rating dovrebbe essere confermato con outlook negativo. Se invece l’aumento di capitale non dovesse avere successo, i giudizi potrebbero essere tagliati di uno o due livelli».
Tutto dipenderà, dunque, dalla nuova ricapitalizzazione cui il management sta lavorando a 360 gradi e che, comprensibilmente, è stata al centro del cda di ieri. Il board, tra l’altro, ha esaminato la risposta definitiva da fornire all’Isvap, che in una lettera del 24 novembre aveva puntato il dito contro un margine di solvibilità troppo basso e gli incarichi multipli ricoperti dai Ligresti all’interno del gruppo. «All’Isvap – ha dichiarato ieri il dg Piergiorgio Peluso al termine del cda – abbiamo risposto inviando le delibere assunte dal consiglio del 23 dicembre». Il cda, secondo rumor, dovrebbe tornare a riunirsi il 27 gennaio per stabilire l’importo definitivo dell’aumento (tra i 600 e i 750 milioni l’intervallo possibile). Secondo quanto comunicato la settimana scorsa, a gennaio Fonsai dovrebbe anche deliberare sul nuovo piano industriale, mentre l’assemblea straordinaria per il via libera alla ricapitalizzazione dovrebbe essere convocata a fine febbraio. Sempre a margine del cda di ieri, Paolo Ligresti, membro del board e del comitato esecutivo di Fonsai, ha dichiarato: «La compagnia piace. Gli advisor sono al lavoro, c’è interesse da diverse parti». Dal momento, infatti, che i Ligresti, a corto di liquidità, saranno costretti a diluirsi in Fonsai (attualmente Premafin è al 36%, quota in pegno alle banche), sono aperte le scommesse sui nuovi soci che entreranno con l’aumento. Tra i papabili, i private equity Clessidra, Sator e Apax ma anche gruppi industriali come i Malacalza.