di Marcello Bussi

Le banche commerciali che operano in Eurolandia hanno attinto a piene mani alla liquidità messa a disposizione dalla Bce. L’asta di ieri ha assegnato finanziamenti a 3 anni al tasso fisso agevolato dell’1% per 489,2 miliardi di euro. I finanziamenti erano illimitati: le banche hanno quindi ricevuto tutte le somme richieste. Le attese degli analisti variavano tra i 50 e i 500 miliardi, ma la maggioranza di loro aveva stimato finanziamenti per 300 miliardi. All’asta hanno partecipato 523 banche. Dopo una partenza positiva, le borse europee hanno chiuso in ribasso: Piazza Affari è stata la peggiore con un calo dell’1%, mentre Francoforte ha ceduto lo 0,9% e Parigi lo 0,8%. Gli spread sono addirittura saliti: quello dell’Italia ha toccato un massimo di giornata a 496 punti base dai 465 della vigilia, per poi assestarsi a 485, con il rendimento del Btp decennale al 6,79%. Una delusione data dal fatto che, analizzando i risultati dell’asta, risulta che l’ammontare netto di nuova liquidità effettivamente iniettato nel sistema bancario è di 190 miliardi di euro, poiché ai 489,2 miliardi assegnati bisogna sottrarre quelli legati ai rifinanziamenti sempre agevolati a una settimana, tre mesi e un anno che le banche hanno mancato di rinnovare nei giorni scorsi proprio in vista della mega asta di ieri. Visto che solo nel primo trimestre dell’anno le banche di Eurolandia hanno in scadenza obbligazioni per circa 230 miliardi, la liquidità aggiuntiva ottenuta ieri non basta ad assicurare il riscatto dei loro debiti senza dover cercare rifinanziamenti sui mercati, le cui condizioni appaiono proibitive. In queste condizioni è chiaro che le banche non hanno a disposizione la liquidità necessaria per acquistare titoli di Stato dei Paesi di Eurolandia. Non a caso Martin van Vlie, analista di Ing, ha detto di dubitare che «questi fondi vengano utilizzati prevalentemente per acquistare debito pubblico dei Paesi periferici». Ecco perché gli spread si sono allargati, complice anche il forte calo dei rendimenti del Bund decennale, dall’1,957% all’1,930%, segnale tipico dei momenti di tensione che aumentano lo status di rifugio sicuro dei titoli di Stato tedeschi. La liquidità da indirizzare verso i bond sovrani potrà quindi arrivare solo dalla prossima asta Bce con le stesse caratteristiche di quella di ieri, programmata per il 29 febbraio. Sono state 14 le banche italiane che hanno emesso bond garantiti dallo Stato ammessi alla quotazione sul Mot per 40,2 miliardi di euro. Questi bond potevano essere presentati come collaterali all’asta di ieri della Bce. Non è quindi detto che le banche italiane abbiano ottenuto ricevuto finanziamenti per la stessa somma, anche se è probabile si tratti di una cifra inferiore. Intesa Sanpaolo ha emesso obbligazioni proprie per 12 miliardi di euro, Banca Mps 10 miliardi, Unicredit 7,5 mld, Banco Popolare 3 miliardi, Popolare Vicenza 1,5 miliardi,Carige 1,3 miliardi, Popolare Emilia-Romagna 750 milioni, Creval 500 milioni, Credem800 milioni, Popolare Sondrio 1 miliardo, Banca Etruria per 100 milioni, Iccrea 290 milioni, Iccrea Banca Impresa 650 milioni e Dexia Crediop 1,05 miliardi. Tutte le banche operanti in Italia, secondo varie fonti, hanno ricevuto ieri oltre 110 miliardi dalla Bce. Ma è difficile stabilire quanto sia andato a quelle italiane poiché bisogna sottrarre a questa somma quanto hanno chiesto le banche estere operanti in Italia e non si conosce l’ammontare totale dei collaterali. Si potevano infatti presentare alla Bce altri asset oltre alle obbligazioni proprie garantite dallo Stato. Solo Intesa Sanpaolo ha emesso un comunicato ufficiale sull’asta di ieri, dichiarando che nell’ambito dell’asta Bce ha quotato 12 miliardi di obbligazioni proprie garantite dallo Stato. La nuova operazione, di durata triennale, avrà l’effetto di «ottimizzare il costo del funding» e di sostituire «la raccolta wholesale a medio-lungo termine in scadenza nel 2012», ha spiegato l’istituto. (riproduzione riservata)