Le due banche puntano a dare a FonSai un nuovo assetto azionario capace di sostenere il piano di ristrutturazione 

di Andrea Di Biase

 

A questo punto, a meno di improbabili colpi di scena, l’avventura di Salvatore Ligresti e dei suoi tre figli quali azionisti di riferimento di Fondiaria-Sai è destinata a concludersi. Mediobanca, che esattamente dieci anni fa aveva traghettato la Fondiariadall’orbita della Montedison sotto il controllo della Sai dei Ligresti, è ora impegnata a salvaguardare il proprio credito da 1,1 miliardi (sottoforma di prestito subordinato) nei confronti della compagnia e, come anticipato nel primo pomeriggio di ieri da milanofinanza.it, ha sollecitato i vertici del gruppo assicurativo a procedere senza indugi a un aumento di capitale da 600 milioni per mettere in sicurezza il margine di solvibilità.

Una richiesta che è pienamente condivisa da Unicredit, l’altro istituto che, oltre ad essere azionista di FonSai con il 6,6% e rappresentato nel cda della compagnia, è fortemente esposto nei confronti delle holding ai piani superiori della catena di controllo (110 milioni verso Premafin e 170 milioni nei confronti di Sinergia e Im.Co).

La strada verso un nuovo aumento di capitale, dopo quello da complessivi 800 milioni concluso con successo la scorsa estate, appare dunque spianata. Anche perché l’Isvap, che mercoledì ha informato l’ad diFonSai, Emanuele Erbetta, di ritenere insufficiente ai fini del rafforzamento patrimoniale la cessione al Credit Suisse del 40% di una newco con le partecipazioni strategiche, sarebbe allineata alle richieste dei principali creditori dei Ligresti. Questi ultimi, alle prese con una difficile rinegoziazione del debito di Sinergia e Im.Co, sono tuttavia ancora determinati a mantenere il controllo del gruppo assicurativo. Proprio per questo avrebbero fortemente spinto sulla soluzione della newco da abbinare ad altre misure di capital management per evitare una nuova ricapitalizzazione. Premafin, che è riuscita a sottoscrivere parte dell’ultimo aumento di FonSai solo grazie alla cessione a Unicredit di parte dei propri diritti d’opzione a un prezzo ampiamente superiore a quello di mercato, difficilmente potrebbe trovare in questa fase le risorse necessarie a seguire una nuova ricapitalizzazione. La via per una consistente diluizione della sua partecipazione, attualmente pari al 35%, appare dunque segnata. Secondo stime preliminari, in caso la holding non aderisse all’aumento, la quota scenderebbe tra il 12 e il 15%, spianando la strada a nuovi assetti proprietari per il secondo gruppo assicurativo italiano.

Proprio una forte discontinuità a livello di azionariato sarebbe uno degli obiettivi cui starebbero lavorando Mediobanca e Unicredit. Come sottolineato dagli analisti di S&P lo scorso 15 novembre, al momento del downgrade a junk del debito della compagnia, «le forti necessità di capitale e di liquidità di Premafin» rappresentano un limite alla flessibilità finanziaria della stessa FonSai. Anche per questo motivo le due banche sarebbero intenzionate a dare alla compagnia un assetto azionario in grado di meglio supportarla nel processo di ristrutturazione e nella successiva fase di crescita. Un nuovo assetto azionario che potrebbe passare dall’ingresso nel capitale di un partner industriale o finanziario che, almeno in una prima fase, potrebbe affiancare i Ligresti (il cui ruolo sarebbe comunque depotenziato), per poi assumere un ruolo sempre più centrale col passare del tempo. Tra i soggetti che sarebbero stati sondati ci sarebbero sia compagnie assicurative sia fondi di private equity con un know how specifico in campo finanziario e nelle attività di tournaround.
Si tratta di un disegno che, al di là della situazione di tensione finanziaria in cui versano le loro holding, i Ligresti vedono comunque come fumo negli occhi. La sensazione è che la famiglia farà dunque di tutto per trovare una soluzione capace di evitare l’aumento di capitale, che Mediobanca si è già detta disponibile ad organizzare in tempi stretti. Formalmente la palla è in mano al cda di FonSai, che lunedì 15 dovrebbe nominare un advisor indipendente per vagliare le diverse opzioni sul tavolo prima di decidere se procedere con l’aumento. I tempi però sembrano essere strettissimi e l’intenzione di Mediobanca e Unicredit è quella di arrivare all’approvazione dell’operazione da parte del consiglio almeno per la riunione in agenda per il 21 dicembre. (riproduzione riservata)