Sotto la lente l’atteggiamento di banche e stazioni appaltanti 
 di Julia Giavi Langosco  

Sarà anche vero che di fideiussioni non si muore. Ma fanno venire molto mal di pancia. È questo il mugugno raccolto al convegno organizzato venerdì 16, a Roma, da Olimpia Insurance Broker per attirare l’attenzione d’imprese e istituzioni su gravami e macchinosità delle fideiussioni all’italiana. Tra i tanti bocconi amari, che gli operatori e i fideiussori (in particolare quelli non bancari) lamentano di dover ingoiare per procurarsi qualche occasione d’appalto o di sostanziosa commessa privata, quelli che più spesso provocano gastrite riguardano gli stati d’avanzamento lavori. A norma di codice civile, man mano che i lavori procedono regolarmente, i fideiussori, che si tratti di banche o di assicuratori, dovrebbero potersene sgravarsene progressivamente. Invece no: «le cose non stanno così», è stato il coro degli intervenuti con Raffaele Gambardella, presidente di Finworld, a dare il la. «Ci sono stazioni appaltanti», ha spiegato, «che escutono le fideiussioni senza alcun legame logico tra garanzia e sottostante. A queste condizioni i fideiussori finiranno col rifiutarsi di fornire le coperture richieste». Nomi di committenti rocciosi ne sono circolati parecchi nel fuori onda del convegno ospitato dal Boscolo-Hotel di piazza della Repubblica. Rfi è stato tra i più citati. Ma anche altre sono state lamentele avanzate nel corso dell’incontro tecnico. Massimo Nossan, gruppo Gemmo di Vicenza (in carniere il Tunnel del Montebianco, il Passante di Mestre e la Stazione Tiburtina di Roma) si è focalizzato proprio sulle criticità delle gare del tipo project financing. Con i pochi soldi che girano nelle tradizionali stazioni appaltanti pubbliche, il project financing avanza, ma le pratiche considerate vessatorie si accumulano. «Il continuo aumentare della complessità delle gare», ha spiegato, «unito alle periodiche e costanti modifiche della normativa appalti, impongono alle imprese di dotarsi al proprio interno di figure altamente qualificate, come risk manager e analisti finanziari». Traduzione: professionisti che costano. In controcanto, Enrico Tito, direttore finanziario di Parsitalia, gruppo Parnasi di Roma, si è invece soffermato sul miglioramento del clima immobiliare a Roma, invitando quindi le banche a manifestarsi più generose. Insomma, il senso del suo intervento è stato del tipo: si può dare di più. Sia nei finanziamenti, sia nelle fideiussioni. Le quali ultime, nel caso delle banche, diversamente da quanto è consentito alle altre categorie di fideiussori, possono essere anche accompagnate dalla richiesta di garanzie collaterali ai contraenti. L’onere, in questi casi (invero frequenti), si rivela di fatto assai maggiore dell’1-1,5% che in genere rappresenta il costo della fideiussione sul valore del garantito.