La notizia bomba per i mercati finanziari è arrivata ieri a metà seduta, scatenando una ventata di ottimismo: le Banche centrali dei Paesi avanzati hanno deciso di tagliare di 50 punti base il costo delle operazioni di swap in dollari per per evitare una crisi di liquidità del sistema finanziario. In sostanza il nuovo costo di funding diventerà il tasso Us Dollar overnight index swap (Ois) più 50 punti base rispetto al più 100 punti base finora imposto. Ai mercati è piaciuta soprattutto l’idea di un’azione concertata, visto che le iniziative dei singoli Paesi o delle specifiche autorità internazionali sono state fin qui valutate come insufficienti. La reazione dei listini? Le Borse sono volate (Eurostoxx50 a +4,31%), Piazza Affari a +4,38%), a cominciare dalle banche, gli spread obbligazionari si sono ridotti e l’euro si è rafforzato.
L’annuncio iniziale è stato proclamato dalla banca centrale più forte al mondo, la Federal Reserve guidata da Ben Bernanke, spiegando che si tratta di un’azione coordinata con la Bce, la Boe, la Boj, la Banca del Canada e quella svizzera. La misura entrerà in vigore dal 5 dicembre mentre l’autorizzazione di questo accordo di swap sarà esteso all’1 febbraio 2013. Una piccola zona d’ombra è comunque rimasta: il voto dei governatori della Fed sull’azione coordinata con le altre maggiori banche centrali per garantire liquidità al sistema finanziario non è stato unanime. Mentre nove governatori hanno votato a favore, quello della Fed di Richmond Jeffrey Lacker si è espresso contro la mossa congiunta. Apprezzamenti alla decisione sono arrivati da più parti. A cominciare dal segretario al Tesoro americano Timothy Geithner. Gli Stati Uniti «accolgono con favore e sostengono le azioni decise dalle banche centrali a livello mondiale. Tali azioni contribuiranno ad allentare la pressione sul sistema finanziario europeo e a rafforzare la ripresa economica globale», ha commentato il segretario. A sua volta il ministro delle Finanze canadese ha implicitamente smentito voci e interpretazioni non confermate circolate ieri sui mercati legati a un grosso istituto finanziario in forte difficioltà. Jim Flaherty ha infatti chiarito che l’azione coordinata delle Banche centrali a sostegno del mercato finanziario non è diretta a uno specifico istituto. «So che le discussioni non vertevano attorno a uno specifico istituto finanziario ma a una necessità complessiva degli istituti finanziari europei di avere maggiore liquidità».
Gli analisti di Barclays, Laurent Fransolet e Thomas Harjes, hanno promosso l’azione sottolineando l’importanza del fatto che si tratti di un’operazione concertata e proprio per questo destinata ad allentare le paure del mercato. Barclays si attende anche una sforbiciata al costo del denaro nella prossima riunione della Banca centrale europea di giovedì 8 dicembre e addizionali misure espansive non convenzionali.
Gregorio De Felice, capo-economista di Intesa Sanpaolo, ha un’impostazione più prudente nel commentare la mossa. Certo, è un segnale «un segnale molto positivo» ma resta un’iniziativa «non risolutiva». D’altronde azioni coordinate erano già in essere. «La principale novità è la riduzione del tasso dello spread rispetto ai 100 punti base di prima. Testimonia la volontà di fornire liquidità al mercato, in particolare alle banche europee, in difficoltà per la crisi del debito sovrano», ha spiegato De Felice a Radiocor. Sarebbe però importante che «la Bce decida, e potrebbe venire fuori nel prossimo meeting, di effettuare prestiti alle banche europee con la scadenza a tre anni», come indicano voci di mercato. Questo potrebbe aiutare molto la situazione: ad esempio «per le banche italiane avere credito dalla Bce all’1,25%, anziché come oggi sopportare un costo del mercato tra il 6% e il 7%, se non di più, sarebbe senz’altro un vantaggio e le banche poi lo trasmettono all’economia».