Da gennaio nuova tassazione dei capital gain. Ecco come Monti ha modificato l’imposta di bollo sul dossier titoli entrata in vigore a luglio Favoriti titoli di Stato, prodotti postali e conti. Vita più dura per i bond bancari 

di Roberta Castellarin e Paola Valentini

 

Rivoluzione in vista per i risparmiatori italiani. Da inizio 2012 partirà la mini-patrimoniale varata nei giorni scorsi dal governo Monti che ha esteso l’imposta di bollo a tutti gli strumenti finanziari, indipendentemente dal collegamento o meno al deposito titoli.

Al riparo dalla tagliola fiscale sono rimasti solo i fondi pensione e i fondi sanitari. Per avere un’idea dei valori in campo basti sapere che la ricchezza sottoposta a questi nuovi balzelli è di circa 1.900 miliardi di euro, una cifra pari all’attuale debito pubblico. E non bisogna dimenticare che tra poco meno di un mese scatterà anche la nuova aliquota unica su proventi finanziari, che riguarda cedole, dividendi e capital gain. Escludendo titoli di Stato, fondi pensione e piani di risparmio a lungo termine, che resteranno con la vecchia aliquota al 12,5%, i rendimenti di azioni, bond e fondi saranno tassati al 20%. L’unica notizia positiva è che anche il rendimento dei depositi bancari scenderà anche esso al 20% dal precedente 27%.

Entrambe le manovre finiranno per incidere sulle scelte di investimento dei risparmiatori. Che oggi devono rapidamente rifare i conti perché Monti ha introdotto alcuni cambiamenti sostanziali all’imposta di bollo, già rincarata questa estate dal governo Berlusconi. Monti ha introdotto un’aliquota proporzionale al posto di quella a scaglioni entrata in vigore a luglio.

Si pagherà lo 0,1% nel 2012 e lo 0,15% dal 2013, con un tetto minimo di 34,2 euro e uno massimo di 1.200 euro. Il meccanismo precedente, ideato da Giulio Tremonti, invece partiva da un bollo di 34,2 euro per un valore al di sotto dei 50 mila euro, per poi salire di scaglione in scaglione: 70 euro (dai 50 ai 150 mila euro), 240 euro (dai 150 mila ai 500 mila euro) e infine 680 euro per i conti dai 500 mila euro in su. L’unica misura rimasta inalterata è la franchigia: per importi pari o inferiori a 1.000 euro non si paga nulla.

Il controvalore degli strumenti finanziari su cui applicare il bollo si calcola al valore di mercato, in mancanza di questo si utilizza il valore nominale o quello di rimborso. E qui stanno le principali differenze con la manovra di luglio del governo Berlusconi che prendeva a riferimento solo il valore nominale dei titoli. L’altro grande cambiamento riguarda la platea degli strumenti interessati. Con l’esclusione delle categorie già menzionate (fondi pensione e i fondi sanitari) dal 1° gennaio 2012 i nuovi bolli si applicheranno a tutti gli altri strumenti e quindi anche a fondi, sicav, fondi immobiliari, polizze, almeno quelle a contenuto finanziario come le index e unit linked, gestioni patrimoniali e pronti contro termine finora esclusi perché non prevedono l’apertura di un deposito titoli.

Ovviamente la nuova imposta continuerà a colpire anche gli strumenti finanziari che necessitano di un dossier titoli (già messi nel mirino da Tremonti) quali azioni, obbligazioni (titoli di stato inclusi), derivati, Etf e altri prodotti acquistati in borsa. Capitolo a parte meritano gli strumenti di investimento delle Poste come i buoni fruttiferi e i libretti postali che in teoria dovrebbero continuare a essere esenti dal bollo. Non sono interessati dalla manovra Montineanche i conti di deposito e i conti correnti. La tassa si pagherà in base alla periodicità della comunicazione. Per esempio se l’estratto titoli è semestrale, si pagherà due volte, una a metà anno e una alla fine. Nel caso non sia prevista alcuna comunicazione, la si considererà comunque effettuata una volta nel corso dell’anno (presumibilmente si pagherà a dicembre) e per la base imponibile, se le circolari interpretative confermeranno i criteri attuali, sarà considerato il valore di mercato alla fine del periodo di riferimento.

Attenzione: se un risparmiatori ha investimenti su più banche, pagherà il bollo per ognuno di questi investimenti. A questo punto bisogna tenere d’occhio i limiti minimi e massimi. Se per esempio gli investimenti totali del 2012 risultassero inferiori a 34.200 euro converrebbe concentrarli su un unico intermediario. E sarebbe consigliabile lo stesso accorgimento per un investimento complessivo oltre un milione di euro nel 2012 o 800 mila euro nel 2013 per non pagare più del tetto di 1.200 euro. «Sul portafoglio di un cliente del private banking il nuovo bollo non inciderà molto», dice Paolo Vistaldi, direttore generale di Cassa Lombarda, «mentre finirà per pagare di più chi si affida ai promotori finanziari, visto che in questo segmento la componente di risparmio gestito è prevalente e i patrimoni investiti sono inferiori». Peraltro l’estensione del bollo anche ai fondi penalizza ulteriormente il mondo del risparmio gestito che già deve fare i conti con forti disinvestimenti. Ma ecco nel dettaglio la rivoluzione che dal 1° gennaio 2012 attende i risparmiatori italiani sia sul fronte della tassazione delle rendite finanziarie, sia sul fronte del nuovo bollo.

Premiati i parcheggi. Per quanto riguarda la nuova aliquota unica sulle rendite finanziarie, i Bot people ne resteranno fuori, continuando a pagare il 12,5% anche se hanno diversificato su titoli governativi di altri Stati. Per i conti correnti e i conti di deposito ci sarà un risparmio visto che l’imposta cala dal 27% al 20%. Inoltre gli interessi attivi su conti correnti e depositi rientreranno tra i redditi di capitale e sarà applicata agli interessi esigibili a partire dal 2012 (criterio di cassa). Questo vuol dire che i prodotti bancari destinati al cash da gennaio avranno una marcia in più. Anche se dovranno comunque combattere con i Bot tassati al 12,5%. Mentre potrebbero perdere molto interesse per la clientela i pronti contro termine, la cui aliquota salirà dal 12,5 al 20%. Al contrario le banche potrebbero riscoprire i certificati di deposito: per loro non solo la pressione fiscale scenderà dal 27 al 20% ma sono anche coperti dalla garanzia del fondo interbancario. Per fondi di liquidità ed Etf che investono in strumenti monetari l’aliquota sarà del 20%, ma con un meccanismo di compensazione: sarà esclusa dalla base imponibile una quota dei redditi riferibili ai titoli per i quali continuerà a trovare applicazione la minore aliquota del 12,5%. Questo stesso principio riguarderà anche Etf di liquidità, polizze e gestioni patrimoniali. Quindi le gestioni separate delle polizze vita, il cui patrimonio è per la maggior parte investito in titoli di Stato, potranno godere di una compensazione fiscale. Lo stesso varrà per i fondi obbligazionari a medio lungo termine che hanno in portafoglio sia titoli governativi sia corporate. Ma proprio per i fondi è importante ricordare che da poco è cambiata la loro tassazione anche in materia di switch, ossia di passaggio tra comparti della stessa casa o della stessa sicav. Alla luce di una nuova interpretazione da parte dell’Agenzia delle entrate, le operazioni di conversione (switch) tra azioni di diversi comparti della medesima sicav sono assimilate, a fini fiscali, alle operazioni di rimborso. Per cui se fino a oggi tutte le operazioni di conversione tra diversi comparti della stessa sicav sono state assoggettate alla ritenuta del 12.5%, dall’inizio del 2012 scatterà la nuova tassazione del 20%. Dal punto di vista dell’effetto sulle performance sarà interessante vedere che impatto avrà la nuova aliquota su tre diversi tipi di strumenti. Per esempio, nel caso di un’azione come Pirelli & c che in questo anno nero per le borse ha registrato una performance positiva del 12%, con il nuovo meccanismo il total return netto scenderebbe dall’11,2% al 10,2% a causa dell’aumento dell’aliquota. Mentre nel caso del corporate bond Eni a scadenza 2015, la cedola netta scenderebbe da 3,5% a 3,2% e il rendimento netto dal 3,15% al 2,88%. Lo stesso discorso si può fare per i bond bancari. Sarà quindi sempre più difficile per società e banche battere il Btp, che resterà tassato al 12,5%. In questo momento, vista la tempesta che sta colpendo il debito pubblico italiano, la differenza d’aliquota conta poco. Ma è chiaro che tornati alla normalità i titoli di Stato avranno una marcia in più rispetto ai concorrenti.

Chi vince tra Bot e depositi. I conti di deposito vincolati oggi sono la forma di parcheggio su cui puntano di più le banche a caccia di liquidità. Fanno quindi concorrenza ai Bot, grazie a tassi a un anno che hanno superato il 5%. È il caso di Banca Marche che ha lanciato la promozione «Natale ti premia» del conto vincolato Deposito Sicuro. Sui nuovi vincoli di durata 12 mesi, attivati dal 7 dicembre 2011 al 31 gennaio 2012, sarà riconosciuto il tasso del 5,5% lordo. Dalla loro i conti di deposito hanno l’assenza dell’imposta di bollo prevista da Monti, al contrario dei Bot. I conti vincolati hanno solo un’imposta di bollo di 1,81 euro che peraltro, nella maggior parte dei casi, è pagata dalla banca stessa che se ne fa carico. Per ogni comunicazione periodica ricevuta dalla clientela sono previsti 1,81 euro, anche cumulandone diversi non si arriverà mai ai 34,2 euro all’anno previsti dal bollo sui conti correnti. Senza dimenticare che i conti di deposito offrono la garanzia del Fondo interbancario di tutela, che protegge il depositante fino a 100 mila euro.

L’impatto sui Bot. Milano Finanza ha provato a calcolare, in base a diversi importi investiti e tassi dei conti di deposito, quando risulti più generoso il Bot e quando si ottenga invece di più con un conto vincolato ad alto rendimento (e questo sia nel 2012, con il bollo allo 0,1%, sia l’anno successivo, quando l’aliquota salirà allo 0,15%). Le tabelle proposte mettono a confronto i ritorni al netto di tutti i balzelli applicati ai Bot annuali (il cui rendimento è stato assunto pari al 5,04% lordo) per i nove importi di investimento considerati, con i ritorni, anche in questo caso al netto di tutti gli oneri, dei depositi bancari secondo una griglia dei diversi rendimenti proposti dagli istituti. I ritorni di questi ultimi, espressi in euro, sono riportati all’interno delle tabelle e vanno confrontati con quelli offerti dai Bot, collocati in testa a ciascuna colonna: la colorazione in verde indica quando risulta più conveniente l’impiego in Bot, perché i relativi ritorni sono maggiori di quelli offerti dalle banche secondo il rendimento lordo indicato a sinistra, mentre le caselle in bianco indicano l’opposto. Fino alla fine del 2012, secondo l’attuale rendimento lordo offerto dai Bot a 12 mesi (5,04%), per essere conveniente sotto il profilo economico e coprire le commissioni di sottoscrizioni (0,3%) e l’imposta di bollo (0,1%), l’investimento in questi titoli dovrebbe avere un controvalore superiore a 1.000 euro. Al di sotto di questa soglia il conto di deposito risulta sempre più conveniente. Con 5 mila euro si ottiene di più dal Bot (nonostante su questo cominci a gravare l’imposta di bollo) con tassi del conto di deposito inferiori al 4%, per 10 mila euro l’asticella sale al 4,4%, per 20 mila euro al 4,6%, dai 40 mila in su il tasso al di sopra del quale il conto di deposito permette al risparmiatore di avere più del Bot è il 4,7%. Questo anche nel caso i Bot in questione non rappresentassero l’unico impiego tassato al 12,5% presente sul conto titoli, visto che l’imposta è proporzionale. Una eventuale diminuzione del rendimento offerto contribuisce ad aumentare la soglia di convenienza economica dell’impiego e viceversa.

Risparmio postale. Merita un capitolo a parte perché la riforma Monti non ha modificato la norma che prevede per questi strumenti l’esenzione assoluta. Quindi libretti postali di risparmio e i buoni continueranno a non pagare imposte. Tra l’altro le Poste hanno aumentato i tassi di interesse su questo tipo di prodotti, proprio per arginare la concorrenza di conti di deposito e titoli di Stato italiani, che con l’aumento degli spread sono oggi più redditizi. Ad esempio il rendimento dei libretti nominativi ordinari postali, che non prevedono spese di apertura e gestione, salirà dopo il 1° gennaio 2012 dallo 0,9% attuale all’1,4%. Inoltre sulla liquidità addizionale, rispetto al saldo del 30 novembre 2011, a decorrere dal 1° gennaio e fino al 31 dicembre 2012 è riconosciuta una maggiorazione di rendimento dell’1,6% annuo lordo, per un rendimento totale del 3%. Per ottenere la maggiorazione di rendimento sui libretti nominativi ordinari è necessario, però, che il libretto non venga estinto nel corso del 2012. La tassazione passerà inoltre dall’attuale 27% al 20% dal prossimo 1° gennaio. Dal canto loro i buoni fruttiferi delle Poste resteranno tassati al 12,5% e, pur non avendo i rendimenti elevati di una volta, stanno tornando a offrire tassi più allettanti di due o tre anni fa. Ad esempio i nuovi buoni Diciottomesi Plus danno il 4% lordo alla scadenza dei 18 mesi, ma se si esce prima il rendimento è azzerato. La versione dei buoni a 18 mesi rimborsabili prima della scadenza dà il 2,7% lordo dopo sei mesi, il 3,05% a nove mesi, il 3,25 a 12 mesi, il 3,51% a 15 mesi e a 18 mesi il 3,7%. Mentre la versione a lungo termine, quella a 20 anni, oggi offre un rendimento effettivo lordo del 4,7% a 20 anni.

A lunga scadenza. Proprio a proposito degli investimenti a medio-lungo termine risultano di fatto penalizzate soprattutto le obbligazioni societarie (bancarie e non) e le azioni. Per quanto riguarda i corporate bond dovranno offrire rendimenti più allettanti per battere i Btp. E questo vale soprattutto per i bond bancari che hanno l’obbligo di inserire nel prospetto un confronto tra rendimento netto offerto e rendimento di un titolo di Stato di pari scadenza. Per chi oggi ha bond in portafoglio cosa accadrà dal 1° gennaio? Sulle plusvalenze realizzate fino a fine anno l’aliquota applicata sarà quella del 12,5%, dopo passerà al 20%. D’altra parte anche le cedole staccate e i capital gain di borsa da gennaio dell’anno prossimo saranno soggetti a un’aliquota del 20%. E non va dimenticato che al momento della cessione l’aliquota del 20% si applica sull’intera plusvalenza che è determinata come differenza tra il prezzo di cessione e il costo di acquisto. Resta tuttavia valida l’opzione di calcolare il costo fiscalmente riconosciuto dei titoli al valore del 31 dicembre 2011, applicando l’imposta sostitutiva con l’aliquota corrente del 12,5%. Pertanto il contribuente ha due opzioni: può assoggettare la plusvalenza (o minus) al 31 dicembre 2011 a tassazione con aliquota del 12,5%, mentre la successiva (dal 1° gennaio 2012 fino al momento della cessione) sarà tassata con l’aliquota del 20%. Ma può anche non esercitare questa opzione: in tal caso l’intera plus o minusvalenza realizzata sarà assoggettata ad aliquota del 20%. Tale opzione però deve essere esercitata per tutti i titoli detenuti dal contribuente e quindi anche per quelli in perdita al 31 dicembre 2011, se i titoli sono tassati in regime di dichiarazione, oppure per tutti i titoli immessi nel medesimo rapporto per il regime del risparmio amministrato. Per i piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti che godranno della tassazione del 12,5% gli operatori devono attendere il decreto ministeriale che ne chiarirà le caratteristiche.

Il beneficio per le casse dello Stato. La nuova mini-patrimoniale sugli investimenti finanziari, d’altra parte, è uno dei pilastri su cui si regge la manovra Monti da 30 miliardi per un valore di circa 3 miliardi di gettito all’anno. Per capirlo basta guardare al gettito previsto. In base ai dati 2010 risulta che l’ammontare dei patrimoni detenuti all’interno dei conti deposito e degli strumenti finanziari non soggetti a obbligo di deposito è di circa 1.900 miliardi di euro su un totale di 3 mila miliardi di euro ricchezze finanziarie delle famiglie (750 miliardi fanno capo ai conti correnti e 500 miliardi sono invece sui conti di deposito vincolati). Applicando le nuove aliquote si ottiene un incremento di gettito, di competenza, di circa 1,9 miliardi di euro annui per il primo anno e di circa 3 miliardi per gli anni a partire dal 2013. Con un acconto pari al 50% per il primo anno (nel 2012) e del 95% per gli anni successivi, da versare a novembre da parte dell’intermediario su quanto liquidato nell’anno, in termini di cassa lo Stato incamererà 2,6 miliardi nel 2012 e 4,7 miliardi nel 2013 e poi 3 miliardi dal 2014 in avanti. Confrontando tali valori con quelli che avrebbe prodotto il bollo per scaglioni introdotto questa estate dal governo Berlusconi, il maggior gettito per le casse dello Stato sarà di 1 miliardo nel 2012, di 921 milioni nel 2013 e di 493 milioni dal 2014. (riproduzione riservata)