La Bce taglia i tassi di 25 punti base, riportandoli al minimo storico dell’1%. Adottate nuove misure di sostegno alle banche. In programma due operazioni di rifinanziamento a 3 anni per importi illimitati 

di Marcello Bussi

 

Basta illusioni. La Bce non ha nessuna intenzione di impugnare il bazooka per abbattere i falchi della speculazione e risolvere la crisi del debito sovrano europeo. Allineandosi alle posizioni intransigenti della Germania, il presidente Mario Draghi ha escluso che l’Eurotower si impegnerà ad acquistare in misura massiccia i titoli di Stato dei Paesi a rischio, dicendo anche no all’ipotesi di erogare prestiti al Fondo monetario internazionale (Fmi) perché questo, a sua volta, finanzi gli Stati europei in difficoltà.

La delusione dei mercati è stata grande (vedere l’articolo qui sotto). Sono passati così in secondo piano gli altri provvedimenti decisi ieri dal Comitato direttivo della Bce. Anche perché erano stati ampiamente scontati dai mercati. L’Eurotower ha tagliato il tasso ufficiale di 25 punti base, riportandolo al minimo storico dell’1% toccato dopo il collasso di Lehman Brothers. E soprattutto ha annunciato misure per sostenere le banche: la Bce lancerà due operazioni di rifinanziamento a tre anni, di cui la prima sarà realizzata il 21 dicembre prossimo, in cui le banche potranno chiedere quantità illimitate di denaro a un tasso fisso. È stata inoltre abbassata la soglia di rating necessaria per dare alcuni asset in garanzia. Pertanto la Bce accetterà a copertura dei prestiti anche strumenti finanziari recanti un giudizio di singola A.

Infine è stato abbassato dal 2 all’1% dei depositi il coefficiente di riserva obbligatoria, liberando così 100 miliardi di euro di liquidità. Draghi ha quindi concesso nuovi aiuti alle banche, ma non ha perso l’occasione di rimproverarle perché «nonostante la significativa liquidità iniettata dalla Bce» agli istituti bancari, parte di questo denaro è stato «ridepositato presso la stessa Bce». Una scelta, ha aggiunto, che «può essere spiegata da pressioni sui finanziamenti o all’aumento dei livelli di capitale». E per quanto concerne il taglio dei tassi, «ci aspettiamo che questo calo sia trasferito» alla clientela, ha detto Draghi. La Bce ha quindi rivisto «significativamente» al ribasso le stime di crescita di Eurolandia per il 2012, indicate in una forchetta tra -0,4% e +1%, e il 2013 (+0,3%-2,3%). Mentre in entrambi gli anni l’inflazione è stimata in media al 2%. Queste previsioni hanno indotto molti economisti a pensare che siano in cantiere nuovi tagli dei tassi. Julian Callow, capo economista di Barclays Capital, ritiene per esempio che a gennaio e a febbraio ce ne saranno due da 25 punti base, che porterebbero il costo del denaro allo 0,50%. Resta il fatto però che, a precisa domanda, Draghi ha risposto che il taglio di ieri è stato preso a maggioranza e non è stata discussa l’ipotesi di una riduzione di 50 punti base. Nel comitato direttivo, insomma, qualcuno (la Germania?) voleva mantenere i tassi all’1,25%. Non c’è stata unanimità nemmeno sulle nuove misure di sostegno alle banche.
Vale la pena riportare il passaggio della conferenza stampa in cui Draghi ha escluso il lancio di un programma massiccio di acquisiti di titoli di Stato: chi ha creduto che la Bce avrebbe aumentato la portata degli interventi sui mercati dei bond governativi se i leader europei avessero concordato un nuovo patto fiscale «ha male interpretato il mio pensiero». Quanto all’ipotesi dei prestiti all’Fmi, il numero uno dell’Eurotower ha ricordato che «non si deve tentare di eludere lo spirito del Trattato», che incorpora «la migliore tradizione della Bundesbank». Secondo Carsten Brzeski, economista di Ing, «mentre Draghi ha aperto la porta a un maggiore sostegno della Bce la settimana scorsa, ora l’ha chiusa». «Per Draghi è compito dei politici risolvere la crisi del debito» e «la Bce non risponderà a un patto fiscale aumentando gli acquisti di bond». Se questa posizione «fa solo parte della partita a poker che sta giocando la Bce ce lo potranno dire solo i prossimi giorni», ha concluso Brzeski. Per Anna Grimaldi, economista di Intesa Sanpaolo, «l’impressione è che Draghi stia sposando la linea tedesca per motivi politici», e cioè «spingere perché si facciano passi avanti sull’accordo fiscale». Tuttavia, «pensare che questo riesca a ripristinare la fiducia del mercato è una scommessa un po’ forte». Secondo la Grimaldi, però, nel caso in cui l’accordo fiscale non dovesse essere sufficiente, Draghi potrebbe sempre potenziare il piano d’acquisto di bond senza perdere la credibilità, giustificandosi con il peggioramento della situazione. Mentre Brzeski ha sottolineato che «finora la Bce ha fatto di tutto per essere un prestatore di ultima istanza all’economia e al settore finanziario, ma non ai governi». (riproduzione riservata)