di Marcello Bussi

 

Chi si aspettava annunci importanti dall’audizione di ieri di Mario Draghi all’Europarlamento è rimasto deluso. Non a caso le borse hanno virato in territorio negativo non appena hanno capito che il presidente della Bce sarebbe rimasto fedele alla linea adottata fin dal suo esordio, lo scorso novembre, e Piazza Affari ha chiuso in calo dello 0,2%.

L’Eurotower, ha detto Draghi, «vuole evitare un ulteriore rallentamento della crescita economica e una possibile recessione» ed è quindi pronta a fare «il suo meglio» per evitare un credit crunch, visto che «anche il 2012 sarà un anno difficile per le banche», in particolare il primo trimestre. La ricetta è quella di offrire liquidità illimitata con prestiti a tasso fisso di durata triennale alle banche di Eurolandia che ne faranno richiesta alle due aste programmate dalla Bce. La prima avrà luogo domani e, secondo gli analisti, in questa occasione le banche chiederanno e riceveranno 500 miliardi di euro. La mossa, ha spiegato Draghi, mira a «mitigare gli effetti delle tensioni dei mercati sull’erogazione di credito alle imprese e alle famiglie», chiarendo tuttavia che le banche avranno comunque piena libertà di utilizzare i finanziamenti della Bce. Potranno quindi utilizzare questa liquidità anche per acquistare titoli di Stato.

Si tratta di un’apertura alle posizioni del presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha incoraggiato le banche a muoversi in questa direzione considerandolo un modo per supplire alla prudenza con cui la Bce procede agli acquisti di titoli di Stato. Una concessione a parole che però difficilmente si tradurrà in fatti, visto che le banche europee sembrano restie ad acquistare titoli di Stato in un momento in cui le regole dell’Eba penalizzano il valore di queste operazioni e c’è il rischio che la Francia perda la tripla A, oltre a possibili nuovi downgrade per i Paesi a rischio. D’altra parte Draghi ha ribadito che la Bce «vuole agire nel contesto dei Trattati» Ue e quindi non può diventare prestatore diretto degli Stati perché questo inficerebbe la sua credibilità. Restando ai fatti, ieri la Bce ha fatto sapere di aver aumentato l’acquisto di bond dei Paesi dell’Eurozona, arrivando la scorsa settimana a quota 3,36 miliardi di euro rispetto ai soli 635 milioni di euro di quella precedente, il livello più basso dallo scorso agosto quando, con l’impennata dello spread dell’Italia, l’istituto di Francoforte aveva riavviato le operazioni di acquisto. Riguardo agli spread Draghi ha detto che oggi i differenziali di rendimento tra titoli di Stato dei Paesi dell’area euro sono forse esagerati, ma negli anni scorsi erano invece troppo ridotti e non riflettevano le ampie distanze che si registravano sui diversi fondamentali dei Paesi membri. Draghi ha quindi sottolineato che gli spread rappresentano un «forte segnale» affinché i governi agiscano nel correggere gli squilibri dei conti pubblici. Sulla questione degli eurobond, il presidente della Bce ha affermato che «potrebbero avere senso» se ci fosse un’Unione a livello di bilancio tra i Paesi di Eurolandia, ma che non avrebbero se i Paesi continuassero ad avere emissioni di bond nazionali, mantenendo poteri di spesa autonomi. Draghi ha quindi ribadito di non avere dubbi «sull’irreversibilità dell’euro». E riferendosi alla sua intervista di lunedì al Financial Times, intitolata «Draghi mette in guardia sui pericoli di una rottura dell’euro», il presidente Bce ha osservato che «il titolo non l’ho scelto io, ma il giornale». Fatto sta che per la prima volta un presidente della Bce ha parlato delle conseguenze dell’uscita di un Paese dall’euro. (riproduzione riservata)