La tensione sale in casa Crédit Agricole. Il gruppo bancario, cui in Italia fanno capo Cariparma e Friuladria, taglierà 2.350 posizioni in giro per il mondo. Secondo quanto riferito dal sindacato Force Puvriere ben 850 esuberi riguarderanno la Francia. Il resto sarà all’estero, anche se al momento non esiste il dettaglio dei tagli di organico internazionali. Di certo il management ha deciso di ridimensionare soprattutto l’investment banking (Cacib), che perderà 1.750 dipendenti nel mondo e 550 in Francia. Gli altri 600 posti di lavoro in meno saranno nel credito al consumo, divisi equamente tra Francia ed estero.
La banca guidata da Jean Paul Chifflet paga così lo scotto della crisi in un momento assai delicato per un Paese tenuto sott’occhio dalle agenzie internazionali di rating. Già provata dai sogni di espansione internazionale che hanno portato ad assumere una pesante esposizione alla Grecia attraverso la filiale Emporiki Bank, l’Agricole si trova ora a dover fare i conti con i tagli che saranno difficilmente digeriti dalle casse locali. La struttura mutualistica del gruppo, infatti, composto da 2.544 casse regionali (con 6,2 milioni di associati che esprimono 32.600 amministratori), lascia già presagire grosse polemiche sulla ristrutturazione in atto nella prossima assemblea. E al mercato queste tensioni non sfuggono con il titolo della banque verte che ieri ha lasciato sul terreno il 6,71% (ma Bnp Paribas e Société Générale hanno fatto persino peggio). «Le voci di downgrade dei Paesi europei e dell’insieme delle istituzioni finanziarie del Vecchio Continente rendono gli investitori assai tesi», hanno spiegato dalla Aurel Bgc, ricordando che Standard & Poor’s ha promesso di esprimersi a breve sulla qualità del debito di 15 Paesi europei. Una vera e propria spada di Damocle per i titoli bancari. Finora l’Agricole ha pagato un conto salato: nel terzo trimestre gli utili hanno registrato un calo del 65% a 258 milioni di euro, ben sotto le attese degli analisti che avevano pronosticato la cifra di 605 milioni. Tutta colpa di una perdita da 637 milioni iscritta a bilancio per via della svalutazione degli asset greci in portafoglio. Poco consola il mercato il fatto che i ricavi siano cresciuti del 6,2% a 5,3 miliardi dal momento che il management ha ammesso di attendersi ancora tempi duri per Emporiki che non tornerà in pareggio prima del 2013-2014. Nonostante la complessa situazione, per l’Autorità bancaria europea l’Agricole non pare abbia bisogno di aumenti di capitale contrariamente a quanto invece necessitano Bnp e SocGen. Secondole stime di Bruxelles, la prima avrebbe necessità di capitali per 1,5 miliardi di euro, mentre per la seconda il fabbisogno per soddisfare i nuovi parametri della regolamentazione comunitaria sarebbe di 2,1 miliardi.