Spunta anche una clausola di salvaguardia per le anzianità dei lavoratori nati nel ’51 e nel ’52. Per l’Imu si studia una detrazione più ampia. Resta il nodo coperture, tra le ipotesi anche un’altra stretta sui dossier titoli 

di Andrea Bassi

 

Torna l’indicizzazione, almeno parziale, per le pensioni più basse. Dopo una giornata complicatissima, con migliaia di lavoratori scesi in piazza per partecipare allo sciopero organizzato da Cgil, Cisl e Uil sulla manovra, il governo ieri ha aperto a modifiche sui temi più spinosi del provvedimento.

Stamattina i relatori del decreto salva-Italia, Pier Paolo Baretta del Pd e Maurizio Leo del Pdl, presenteranno gli emendamenti più attesi, quelli sull’Imu (la tassa sulle case) e sulle pensioni. I due parlamentari hanno lavorato tutta la giornata di ieri a stretto contatto con il ministro del Welfare, Elsa Fornero, e con quello dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, oltre che con i tecnici del ministero dell’Economia. Il problema sono le coperture per l’ammorbidimento delle norme sulle pensioni e sull’Imu. Una quadratura difficile da trovare, che ha obbligato persino il governo ad allungare i tempi di approdo in aula della manovra, facendoli slittare di 24 ore. Entro questa mattina, comunque, i nodi dovrebbero essere sciolti. A partire da quello più spinoso: le pensioni. Sul tavolo ci sono in sostanza due ipotesi. La prima è una indicizzazione parziale di quelle comprese tra i mille e i 1.400 euro. La rivalutazione per gli assegni pari al triplo di quello minimo, potrebbe oscillare tra il 50% e il 70%. La seconda ipotesi sul tappeto è di garantire una perequazione al 100% ma limitando il valore della pensione a 2,5 volte il minimo. In sostanza questo significa che l’adeguamento si fermerebbe agli assegni pari a circa 1.200 euro. Sempre sul fronte previdenziale, dovrebbe essere introdotta una sorta di clausola di salvaguardia per i lavoratori delle classi 1951-52, i più penalizzati dall’eliminazione delle pensioni di anzianità, e che rischiano uno scalone di cinque-sei anni. Per loro dovrebbe arrivare una norma per spalmare l’effetto della riforma.

 L’altro tema delicato sul tavolo del governo riguarda il ritorno dell’imposta sulle prime case. L’ipotesi allo studio è quella di aumentare la detrazione di 200 euro prevista dalla norma, facendola salire fino a 350-400 euro, ma legandola anche al reddito del nucleo familiare calcolato attraverso lo strumento dell’Isee. Come detto il problema principale da risolvere è quello delle risorse. Il costo che il governo dovrebbe coprire se volesse accettare interamente le richieste dei partiti, sarebbe di circa 5 miliardi di euro. Le coperture raggranellate dalla Ragioneria generale dello Stato, invece, non supererebbero i 2,5-3 miliardi di euro. E comunque potrebbero risultare alquanto indigeste. Tra le ipotesi al vaglio, infatti, c’è un’ulteriore stretta sulla tassazione dei dossier titoli e degli altri prodotti finanziari. L’aliquota dello 0,15% potrebbe essere anticipata al 2012 e potrebbe essere anche alzato il tetto dei 1.200 euro di imposta massima. L’altro grande capitolo riguarda lo scudo fiscale. Il Pd insiste per aumentare al 5% la tassazione sui capitali rientrati. Tuttavia, man mano che passano le ore, i dubbi sull’effettiva possibilità di fare gettito attraverso questa misura aumentano. Tanto che negli ultimi giorni è anche circolata la voce di un possibile cambio nel meccanismo di partecipazione dei capitali scudati alla manovra di Mario Monti. L’idea allo studio sarebbe quella di un prestito forzoso (soluzione tra l’altro suggerita proprio da questo giornale nella proposta taglia-debito), obbligando chi ha scudato capitali dall’estero a sottoscrivere una speciale categoria di titoli di Stato ad un rendimento più basso di quello di mercato. Nelle modifiche che i relatori presenteranno oggi, infine, dovrebbero trovare spazio anche alcune norme sugli emolumenti dei parlamentari e sulle Province (dovrebbero salvarsi quelle a statuto speciale che stanno per andare a elezioni). Per tagliare gli stipendi a deputati e senatori verrebbe confermato il termine ultimativo di fine anno per la commissione guidata dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che ha l’obiettivo di confrontare gli stipendi dei parlamentari italiani con quelli dei colleghi europei, poi però dovrebbe essere restituita al Parlamento (e non come prevede la manovra al governo) la facoltà di recepire gli esiti del lavoro della commissione.

Di certo, per ora, ci sono gli emendamenti e subemendamenti approvati ieri (si veda anche articolo a pagina 6). Tra le altre misure è stato alzato da 500 euro a 1.000 euro la soglia del divieto di pagamento in contanti di stipendi e pensioni da parte della Pubblica amministrazione. Oggi, nel primo pomeriggio, Mario Monti si recherà nelle Commissioni riunite Bilancio e Finanze per spiegare le modifiche fatte al decreto. Poi il testo sarà trasmesso all’aula per essere approvato entro sabato a Montecitorio.

Ieri sulla manovra è intervenuto anche il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «La situazione dell’Italia non è buona, anzi sta peggiorando perché i mercati hanno reagito male alle decisioni prese in sede europea», ha detto il numero uno di Viale dell’Astronomia. Marcegaglia ha ribadito la necessità di fare presto con il decreto lasciando invariati i saldi. Secondo la Marcegaglia il punto «è che stiamo entrando in una fase di recessione. Dobbiamo cercare di evitare che non ci siano più investimenti e che le imprese non riescano più a mantenere occupazione». Insomma, «bisogna cercare di sostenere l’economia che sta entrando in una fase di recessione». Di qui la necessità di mettere «sotto controllo la spesa pubblica nei prossimi anni in maniera strutturale» e dunque «no ad entrate una tantum», ha risposto il presidente di Confindustria a chi gli chiedeva come vedesse l’ipotesi di un’ulteriore tassazione sui capitali scudati. (riproduzione riservata)